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I nostri politici, le amministrazioni comunali e i mass media ce lo stanno dicendo da mesi ormai: abbiamo un nemico, un problema, un grande pericolo. Attenzione quando andate a buttare la spazzatura, attenzione quando passeggiate per boschi o andate a sciare, attenzione anche a quando accompagnate i vostri figli a scuola: il mostro è dietro l’albero, pronto a prendervi alle spalle e uccidervi. Il mostro è l’orso o a volte il lupo, ora va di moda anche il cinghiale. Insomma, gli orsi sono pericolosi e gli animali selvatici sono diventati il capro espiatorio che canalizza la paura in questo terrorismo mediatico e politico che si nutre di nemici e odio. Eppure…
Eppure pochi giorni fa un uomo di 68 anni è stato ucciso nel bosco mentre raccoglieva castagne non da un orso, non da un lupo o da un cinghiale, ma da un cacciatore. Il proiettile gli è arrivato dritto nelle arterie e l’uomo ha perso la vita in pochi minuti. Marco Gentili è solo la quarta vittima da inizio settembre a oggi a causa delle caccia. Secondo i dati raccolti, solo l’anno scorso la stagione venatoria ha fatto 68 vittime, di cui 56 feriti e 12 morti. Negli ultimi dieci anni sono state più di 220 le persone che hanno perso la vita a causa della caccia, solo in Italia, senza considerare i feriti e i cani uccisi per errore.
220 morti. 220 famiglie distrutte. 220 persone che non ci sono più. Sapete quante vittime hanno fatto gli orsi in Italia in più di un secolo? Uno. Andrea Papi, l’anno scorso in Trentino. Un morto in 150 anni. La caccia 220 morti in 10 anni. Chi è il vero pericolo nei boschi dunque? Forse i lupi, dirà qualche politico disinformato. Ebbene, per quanto riguarda i lupi, Life Wolf Alps ha dichiarato che in Italia, almeno a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, non sono stati più registrati attacchi all’uomo.
Gli orsi sono pericolosi dunque secondo media e politica, ma anche i lupi non scherzano. C’è stato il recente caso del lupo di Otranto, che pur non facendo vittime è stato catturato il 15 luglio 2020 e messo in cattività, sotto indicazione di ISPRA. Questo lupo è un caso particolare in quanto aveva segni evidenti che presumono l’accrescimento in cattività, il che spiega il comportamento problematico e confidente.
Quindi no, nei boschi e in montagna il vero problema non sono gli animali selvatici, ma gli esseri umani che si svegliano al mattino e decidono che vogliono divertirsi a uccidere altri esseri viventi. Questa è la caccia. Un hobby. La differenza è che orsi e lupi non hanno altri posti in cui andare a vivere, se non i pochi boschi che abbiamo lasciato, mentre i cacciatori vivono i boschi come un gioco. Il gioco di uccidere.
C’è un po’ di differenza. Senza considerare che se un animale selvatico ci attacca – che sia un orso, un lupo, un elefante o un macaco – evidentemente siamo noi che abbiamo provocato l’attacco con il nostro comportamento. Quasi mai gli animali attaccano senza motivo. Se arrivano ad attaccare è perché non hanno avuto altra via d’uscita, altra scelta: ci hanno considerato una minaccia e si sono sentiti in pericolo.
E mentre i giornali ci terrorizzano con titoli alla Cappuccetto Rosso, poche informazioni arrivano su quelli che sono i veri pericoli che minano la nostra quotidianità, e non solo nei boschi. L’OMS in occasione della seconda conferenza globale sulla salute e sul clima di Parigi, ha affermato che entro il 2030 il cambiamento climatico provocherà ogni anno 250mila morti in più a causa di malaria e diarrea, stress da caldo e malnutrizione, soprattutto tra i bambini, le donne e tra la popolazione povera più vulnerabile.
Quasi 7 milioni di persone muoiono ogni anno a causa dell’inquinamento dell’aria, provocato soprattutto dall’insostenibilità del sistema dei trasporti e dalle fonti di energia domestica che contribuiscono, direttamente o indirettamente, al cambiamento climatico. Pensate che ogni anno le morti di 1,7 milioni di bambini sotto i 5 anni e di 4,9 milioni di adulti di età compresa tra 50 e 75 anni potrebbero essere evitate attraverso una migliore gestione ambientale. Per favore, fermatevi a leggere queste cifre. Milioni. Non sono solo numeri. Sono vite.
L’Italia è il primo paese in Europa per morti attribuibili all’inquinamento atmosferico con circa 80mila decessi prematuri all’anno. Fattori di rischio ambientali, come l’aria, l’acqua e l’inquinamento del suolo, le esposizioni chimiche, i cambiamenti climatici e le radiazioni ultraviolette contribuiscono all’insorgere di più di cento malattie e lesioni e causano 1 decesso su 4 sul totale delle morti. Ictus e cardiopatie le cause di morti più frequenti per colpa dell’inquinamento. I dati dal nuovo rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente ci dicono inoltre che oltre 250mila persone hanno perso la vita in Europa nel 2021 a causa dell’esposizione a livelli eccessivi di particolato fine (PM2.5), di cui 46.800 nel nostro Paese.
A questi tragici numeri aggiungiamoci i morti a causa della plastica. Le microplastiche sono già state individuate in vari organi e tessuti umani, dalla placenta al latte materno, dal fegato ai polmoni, compresi i tessuti cardiaci. Un recente studio italiano rivela però per la prima volta la loro presenza perfino nelle placche aterosclerotiche con effetti gravissimi: la percentuale di rischio di infarto e ictus è risultata più che raddoppiata.
I dati raccolti mostrano infatti che le placche aterosclerotiche “da inquinamento” sono più infiammate, quindi più friabili ed esposte a rischio di rottura con un aumento di oltre 2 volte del rischio di infarti, ictus e mortalità. E mentre ci preoccupiamo dei “grandi carnivori” che abitano i nostri boschi, fermiamoci a riflettere che in media un adulto inala o ingerisce dalle 39.000 alle 52.000 particelle plastiche l’anno, pari a 5 grammi di plastica alla settimana, l’equivalente di una carta di credito.
E per non farci mancare niente, stando a quanto stimato recentemente dal Global Burden Disease Project, ogni anno nel mondo circa 34mila morti per cancro sono attribuibili a una dieta ricca di carni rosse lavorate e circa 50mila sarebbero i decessi dovuti a un eccessivo consumo di carne rossa. Secondo le stime per ora disponibili il rischio di cancro del colon retto aumenta del 18% per ogni porzione di 50 grammi di carne lavorata consumati al giorno e del 17% ogni 100 grammi di carne rossa.
E quindi, mentre mangiamo un bel panino al prosciutto in mezzo allo smog di Milano, inneggiando a “montagne libere dagli orsi”, pensiamo a cosa sia davvero pericoloso per la nostra vita e per quella dei nostri figli. Se solo comprendessimo che i grandi carnivori, all’apice della catena alimentare, rendono equilibrato l’ecosistema in cui noi stessi siamo inseriti e da cui dipende la nostra salute, forse ci renderemmo conto che urlare “al lupo al lupo” è quanto di più controproducente ci possa essere per la nostra stessa vita, presente e futura.
Ascolta la puntata di Soluscions dedicata alla convivenza con gli animali selvatici.
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