Sulla necessità di conoscerci: la mostra Nuragica e la volontà di riscoprire la storia sarda
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La Sardegna è custode di una storia ricca e affascinante, quella della civiltà nuragica. Nell’isola sono presenti circa 7000 nuraghi disseminati su tutto il territorio, antiche strutture megalitiche che rappresentano una delle espressioni più significative del patrimonio archeologico mondiale e identitario isolano. Risalenti all’età del bronzo, tra il 1800 a.C. e il 300 a.C., i nuraghi non sono solo torri di pietra, ma testimonianze di una cultura complessa e prospera, caratterizzata da un’economia agricola e commerciale fiorente, da sofisticati lavori artigianali e da rituali ricchi di significato.
Eppure, nonostante il loro valore inestimabile, la conoscenza della civiltà nuragica resta per molti ancora in parte oscura. I visitatori internazionali e gli stessi sardi spesso ammirano la bellezza paesaggistica dell’isola, trascurando il vasto patrimonio storico che sarebbe fondamentale esplorare. Questo scarto può essere attribuito a una serie di fattori, dalle lacune nei programmi scolastici alla tendenza del marketing turistico generalista a focalizzarsi prevalentemente su aspetti naturalistici e lontani dalla profondità culturale dell’isola.
Anche in risposta a questa situazione, c’è da dire che la Sardegna presenta varie iniziative e realtà atte alla valorizzazione e diffusione della straordinaria civiltà nuragica; tra queste emerge Nuragica, una mostra itinerante che attraverso l’unione fra educazione e intrattenimento si propone non solo di informare, ma anche di coinvolgere il pubblico in un viaggio interattivo alla scoperta di un patrimonio culturale unico. L’esperienza offerta da Nuragica si spinge oltre la mera esposizione, incoraggiando i visitatori a interagire con la storia in modo diretto e coinvolgente, in un tentativo di colmare il divario tra il presente e un passato ricco di significato.
IL BISOGNO DI PARLARE DI STORIA NURAGICA
È Paolo Alberto Pinna, project manager di Nuragica, a spiegare la necessità di parlare di civiltà nuragica. «Siamo un popolo figlio di una civiltà importante – dice – che non viene affrontata adeguatamente nei libri di storia; i più non sanno che mentre nel Mediterraneo si viveva in capanne, in Sardegna avevamo delle strutture architettoniche complesse, con un soffitto realizzato attraverso una sorta di cupola. Inoltre, i reperti archeologici mostrano una civiltà sviluppata, che però non sembra trovare spazio nei libri di storia».
Il bisogno di parlare della civiltà nuragica è fondamentale non solo per una corretta rappresentazione storica, ma anche per il rafforzamento dell’identità culturale di un popolo. La Sardegna infatti vanta una storia millenaria che spesso viene trascurata o minimizzata nei curricula scolastici e nei testi storici generali. È essenziale riconoscere che i nuraghi, queste straordinarie costruzioni in pietra a forma di torre, rappresentano una testimonianza architettonica e ingegneristica di grande rilevanza, testimoniando un’organizzazione sociale avanzata e una profonda comprensione delle tecniche di costruzione.
Inoltre, i reperti archeologici rinvenuti in Sardegna – come strumenti, offerte votive e testimonianze di pratiche rituali – dimostrano che questa civiltà non era solo avanzata dal punto di vista architettonico, ma era anche culturalmente ricca. I nuragici avevano un sistema di credenze, usi e costumi che meritano di essere esplorati e compresi nel contesto più ampio della storia delle civiltà mediterranee. Ignorare questa civiltà significa privare non solo i sardi, ma l’intera comunità mondiale, di una parte fondamentale della nostra storia condivisa. Riscoprire e valorizzare la civiltà nuragica non è quindi solo un atto di giustizia storica, ma anche un mezzo per rafforzare l’identità locale e il senso di appartenenza di un popolo alle proprie radici.
La conoscenza della propria storia è essenziale infatti per costruire un futuro consapevole e anche orgoglioso, che sappia integrare le tradizioni passate con le sfide del presente. Mediante la sua valorizzazione si può stimolare inoltre un turismo culturale sostenibile, in grado di portare benefici non solo economici alla Sardegna e aiutando al contempo a preservare e proteggere il patrimonio architettonico e culturale dell’Isola. In questo modo la civiltà nuragica non sarà solo una pagina di storia dimenticata, ma diventerà un ponte verso una comprensione più profonda della diversità culturale e della ricchezza storica che caratterizzano il Mediterraneo.
UN NUOVO APPROCCIO AL MUSEO E ALLA STORIA
Paolo Alberto Pinna racconta che «durante la mia esperienza di tour operator ho riscontrato che il più delle volte i visitatori venivano inondati da una serie di informazioni, date e tecnicismi, e una volta fuori dalla mostra, non era rimasto nulla». Così ha saputo cogliere l’essenza di un problema comune nelle visite museali tradizionali: la difficoltà di coinvolgere un pubblico vasto e variegato, al di là degli appassionati della storia. «Questo approccio classico, spesso caratterizzato da una narrazione rigida e standardizzata, tende a escludere chi non ha già una preparazione o un interesse specifico nell’argomento trattato». Da qui, l’intuizione di trasformare l’esperienza museale in qualcosa di dinamico e partecipativo.
La chiave dell’innovativo format è l’immersione totale del visitatore in un contesto temporale e culturale specifico, quello dell’età nuragica. Attraverso un viaggio indietro nel tempo, il pubblico non si limita a osservare passivamente opere e reperti, ma diventa parte attiva della narrazione. Le ricostruzioni delle abitazioni nuragiche e i vari tipi di nuraghe offrono un’esperienza tangibile e sensoriale che favorisce una connessione più profonda con la civiltà nuragica. Questo approccio teatrale implica una reinterpretazione della figura della guida museale. Non più un semplice narratore, ma un vero e proprio performer che interagisce con il pubblico, coinvolgendolo in un racconto che va al di là della mera esposizione.
Questo cambia radicalmente il modo in cui le informazioni sono trasmesse: i visitatori non sono più semplici ascoltatori di un monologo, ma diventano protagonisti di una storia che li tocca e li coinvolge emotivamente. La teatralità della narrazione permette di fissare nella memoria non solo i fatti salienti, ma anche le emozioni e le sensazioni vissute durante l’esperienza. Paolo Alberto Pinna sottolinea l’importanza di selezionare e semplificare il contenuto presentato: «Anziché sommergere i visitatori con un diluvio di dati e tecnicismi, il team ha scelto di concentrarsi su elementi chiave e rilevanti. Questa selezione consapevole rende i concetti più appetibili e comprensibili, favorendo una migliore assimilazione da parte del pubblico».
L’idea è simile a un metodo di apprendimento considerato più efficace, dove le informazioni vengono distillate e rielaborate in modo da farle proprie e trasferirle ad altri. In questo modo l’esperienza museale si trasforma in un’opportunità di apprendimento attivo e coinvolgente, capace di attrarre non solo gli appassionati di storia, ma anche chi si avvicina per la prima volta a queste tematiche. Così la storia nuragica, spesso percepita come distante e poco conosciuta, viene rielaborata e presentata come un’avventura collettiva, in grado di suscitare curiosità e meraviglia.
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