7 Ott 2024

Isterectomia è autodeterminazione: la storia di Riccardo Pusceddu e le lotte per i diritti delle persone trans

Scritto da: Lisa Ferreli

Riccardo Pusceddu racconta di essere la prima persona trans in Sardegna ad aver ottenuto l'accesso a un'isterectomia nel percorso pubblico, operazione normalmente accessibile oltremare. La sua storia è un racconto di autodeterminazione e lotta per i diritti, spesso ostacolata da sfide burocratiche, pregiudizi e un sistema sanitario ancora inadeguato.

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Sud Sardegna - Il nostro corpo è un pentagramma libero, in cui le note vengono dall’ascolto; di sé prima di tutto, di ciò che si vuole e di ciò che si sente. Sentire e ascoltare sono però due azioni completamente differenti, un po’ come guardare e osservare: la prima implica l’educazione alla molteplicità e alle sfumature, la seconda porta invece a custodire, rendersi conto al fine di conoscere meglio. Nella storia di Riccardo Pusceddu, prima persona trans sarda ad avere accesso a un’isterectomia all’ospedale di San Gavino Monreale, osservazione e ascolto sono due pilastri portanti. Per comprendere, ma prima ancora per comprendersi.

«Gli ignoranti li lascio parlare, non mi toccano», racconta. Perché non esistono corpi, ancora meno persone “sbagliate”. Esistono però parole e punti di vista da decostruire, affinché i termini che fanno il mondo lo rendano orizzontale e aperto a una pluralità che fra le tante cose, vada oltre il binarismo uomo/donna, in favore di uno sguardo attento alle armonie dell’universo. «Ognuno sente la sua armonia, io quando mi guardo allo specchio mi piaccio, vedo il mio corpo come armonioso». E quando la ricerca della propria melodia passa anche per lo spianare la strada a chiunque voglia intraprendere lo stesso cammino, le scelte a favore dell’autodeterminazione di sé diventano piccole rivoluzioni comunitarie. Quella di Riccardo Pusceddu, è una di queste.

isterectomia trans diritti transfobia
Riccardo Pusceddu, scatto post operatorio
“TRANS RIGHTS ARE HUMAN RIGHTS”

È stato operato con l’asportazione dell’utero nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Nostra Signora di Bonaria, ma l’accesso all’isterectomia per persone trans in Sardegna non è prassi immediata. Complice la situazione sanitaria sarda, da tempo un campo minato da tagli, accorpamenti e liste d’attesa infinite, ma centrale è anche quel pregiudizio – che si chiama transfobia – che porta a guardare le esigenze delle persone trans come secondarie, non garanzie di diritto ma richieste di una compagine ritenuta pretenziosa rispetto alle “reali” esigenze della società. Eppure, le comunità sono anche trans e come rivendicano le piazze, i diritti delle persone trans sono diritti umani.

«Ad oggi sono il primo in Sardegna ad aver avuto accesso a questo genere di intervento. Ѐ successo perché ho avuto un problema ormonale dovuto al fatto di avere le ovaie. In termini semplici, mi “rubavano” il testosterone convertendolo in estrogeni. Sono arrivato alla situazione in cui una puntura – legata al trattamento ormonale per l’affermazione di genere – che doveva durarmi tre mesi, aveva in realtà un effetto di un mese, con conseguenze ovviamente negative non solo sul mio corpo ma anche economiche: ogni puntura costa circa 180 euro, il mio endocrinologo è privato perché in Sardegna non ci sono abbastanza medici nel pubblico che si occupano di persone trans e i pochi attivi sono difficili da trovare o oberati».

Il nostro sistema sanitario spesso non considera le esigenze delle persone trans come primarie

«Mi faceva molto arrabbiare che un intervento di routine come una isterectomia, fatto ogni giorno su decine di donne, a me venisse negato. Mi sono chiesto mille volte perché, ho chiamato vari ospedali, ma la questione principale è che le disfunzioni ormonali che vivevo non erano “abbastanza”. Il massimo che può succedere è il venir meno del processo di “mascolinizzazione” legato alla terapia: puoi vivere lo stesso anche senza fare l’intervento, ma quello che spesso non si capisce è che non è cosa da poco». Per una persona che sceglie di affrontare il trattamento ormonale, terapia che viene solitamente personalizzata tenendo in considerazione le necessità individuali, un effetto collaterale del genere ha un peso abbastanza importante.

«Oltre al mancato effetto della terapia, anche a livello psicologico le conseguenze sono impattanti, ma non solo: immaginiamo cosa significa avere estrogeni e testosterone alle stelle, umore altalenante, metabolismo lentissimo. Il nostro sistema sanitario spesso non considera le esigenze delle persone trans come primarie, per cui queste non sono conseguenze “abbastanza” impattanti, ma la realtà è differente. Se non avessi avuto anche la firma del tribunale che attesta il mio diritto d’accesso alla terapia, sarei rimasto così com’ero con rispettive conseguenze che in futuro mi avrebbero portato ad avere altri problemi. Nonostante tutto però, sono stato fortunato: ho trovato chi ha accolto la richieste e nel farlo, ha fatto sentire finalmente accolto anche me».

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L’ISTERECTOMIA POSSIBILE A SAN GAVINO

Al momento in Italia le persone trans che vogliono iniziare una terapia ormonale devono passare per un percorso medico e psicologico alla fine del quale si ottiene un’autorizzazione formale, e per sottoporsi alle cosiddette “operazioni chirurgiche di riassegnazione del sesso” serve un’autorizzazione del tribunale: un percorso che spesso allunga i tempi di accesso alle terapie e che – aspetto quest’ultimo più volte messo in discussione degli attivisti – delega a terzi la conferma di accesso a un diritto ritenuto fondamentale. «Io ho la documentazione del tribunale e anche questo nel tempo ha contribuito a farmi arrabbiare, avevo tutte le carte che lo stato italiano richiede per avere accesso all’operazione, ma solo a San Gavino ho trovato risposta».

«Tutto è partito dal dialogo con la mia ginecologa, la prima a lottare al mio fianco. Ho mandato una mail al primario dell’Ospedale di San Gavino descrivendo la mia situazione, mi è stata richiesta la documentazione necessaria dopo di che la direzione sanitaria ha accettato di fare l’isterectomia e nel giro di un mese sono stato operato. Mi sono sentito benissimo, pienamente accolto, finalmente ascoltato e guardato senza la lente del pregiudizio. Consiglio a chiunque stia vivendo la mia stessa situazione di non arrendersi, di scrivere, contattare, parlare, documentarsi quando possibile: certo, se avessimo tutti e tutte accesso fin da piccoli all’educazione sessuale ognuno conoscerebbe meglio i propri diritti, ma al momento non è così quindi informiamoci».

IGNORANZA E TRANSFOBIA

La mancata informazione è però un fenomeno troppo spesso eterogeneo per quanto riguarda i diritti delle persone trans. «Non si è trattato del mio caso, ma a volte è lo stesso personale medico a dare informazioni sbagliate, per mancata conoscenza o per quell’ignoranza che spinge a non informarsi. Per non parlare dei commenti che spesso arrivano dalle persone intorno a noi». Soprattutto sui social, dove spesso vengono meno i filtri del buon senso comunitario, la transfobia trova ampio raggio di azione e tolleranza. «Dopo che ho scelto di rendere pubblica la mia storia mi è stato detto di tutto, ma quelle che mi hanno spaventato di più sono le persone che pensano che io non avessi diritto all’isterectomia».

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«Mi dicevano: ci sono donne che muoiono di cancro e tu stai togliendo il posto a loro. Frasi che mi hanno fatto così male da portarmi a ricontattare i medici e chiedere se la mia di isterectomia avesse davvero tolto priorità a qualcuno. Mi è stato ovviamente risposto di no. Tutto questo nasce dall’ignoranza, dal non sapere: io non sono per loro una persona che ha diritto a un’operazione, ma uno che sta dietro a un vizio di poca importanza. Quello che vorrei dire anche queste persone è di ascoltare, dialogare, informarsi. Anche io sono stato una persona transfobica perché nasciamo in società che non educano al contrario: mi è servito ascoltare, aprirmi al mondo e osservarne la varietà».

UNA LOTTA PER L’ARMONIA

La decostruzione del pregiudizio è quindi un processo che non ha esclusioni: riguarda chi opprime perché riconosca di soffocare libere espressioni altrui e riguarda la persona oppressa, perché sia in grado di trovare la sua libertà. «Nel descrivere la mia storia, spesso si dice che sono “nato in un corpo sbagliato”, ma la verità è un’altra. Parlare di corpo sbagliato è scorretto, perché non esistono corpi giusti. Altra affermazione tipica, quella di chi mi dice – avendo scelto l’isterectomia, quindi la semplice rimozione dell’utero – che “adesso manca l’ultimo passo per diventare uomo”, come se ancora non lo fossi, come se ci fosse uno stadio finale della transizione e non fosse una scelta individuale».

«Ho scelto di adattare il mio corpo a ciò che ho sempre voluto vedere allo specchio. Per farlo serve un lavoro su se stessi, riconoscersi oltre le etichette». E in una società ancora stretta tra i binari del rosa per le femmine e blu per i maschi, delle cose da uomo e di quelle da donna, orientare lo sguardo sulla persona può diventare un atto di liberazione collettiva. «Mi guardo allo specchio e non vedo sbagli, il mio corpo è armonioso. Cos’è l’armonia? Non si può spiegare, non sai bene sia ma la conosci e sai di poterla raggiungere; una melodia interna che puoi sentire soltanto tu e solo a te può piacere». Resta solo una cosa da fare: ascoltarlo.

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