“Per il ddl sicurezza è reato difendere l’Isola da speculazione e servitù”
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“Sono misure che criminalizzano il dissenso”. Anche in Sardegna infiamma il dibattito sul nuovo ddl sicurezza, complice il fatto che tra le categorie che a quanto emerge saranno maggiormente implicate nelle disposizioni volute dal governo, ci sono gli attivisti che utilizzano il proprio corpo come metodo di contestazione e blocco contro infrastrutture strategiche e “grandi opere” di cui parla lo stesso ddl. E in tempi di contestazioni contro speculazione energetica e grandi opere come il Tyrrhenian Link, presidi permanenti nei terreni minacciati dagli espropri, mobilitazioni contro il genocidio palestinese e – prima ancora – contro le servitù militari, nell’Isola il primo via libera incassato alla Camera del ddl sicurezza sa da un lato preoccupa, dall’altra spinge all’azione.
“Il 5 ottobre saremo tutte e tutti in piazza a Cagliari per dire no al DDL Sicurezza, un disegno legge liberticida, da stato di polizia”. A organizzare la mobilitazione la Rete de sos istudentes de Sardigna, rete di studenti e studentesse, Aforas, Unica per la Palestina, Assemblea Palestina Sassari e UNIGCOM. Per loro, il decreto è “agevolato da un’opposizione parlamentare silente, che negli anni precedenti ha dato il via libera a queste nuove norme, che seguono la scia dei Decreti Minniti e Salvini e superano il fascismo del Decreto Rocco“.
LE PRINCIPALI DISPOSIZIONI DEL DDL SICUREZZA E IL PARERE DELLA RETE
“Come antifasciste e antifascisti riteniamo che il decreto colpisca la genesi della lotta andando a ledere il diritto di protesta, in particolare le manifestazioni contro la guerra e quelle contro la costruzione di nuove basi militari, i picchetti operai, le proteste contro le grandi opere, le manifestazioni e i presidi contro la speculazione energetica e per il diritto all’abitare; prendendo di mira le modalità e le forme di lotta di cui queste realtà si dotano per aumentare la propria efficacia”. Per la Rete de sos istudentes de Sardigna, le misure previste “tagliano le gambe a chi difende il proprio territorio o lotta per la giustizia climatica fino a chi si batte per i diritti delle persone migranti”.
Il ddl 1660, recante “disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”, introduce nuovi reati e aumenti delle pene, un rafforzamento delle tutele per forze dell’ordine, stretta alla droga e stop alla cannabis light, stretta anche su manifestazioni e rivolte. Fra i 38 totali, l’articolo 12 inasprisce le pene (reclusione da 1 anno e mezzo a 5 anni e multa fino a 15mila euro) per danneggiamento durante manifestazioni. Daspo urbano (art. 13) per chi viene denunciato o condannato (anche con sentenza non definitiva) nei cinque anni precedenti, per reati contro la persona o il patrimonio in aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, di trasporto pubblico locale.
L’articolo 14, la cosiddetta “norma anti-Ultima Generazione”, prevede che sia punito come illecito penale – non più amministrativo ma con reclusione fino a un mese o la multa fino a 300 euro – il blocco stradale o ferroviario attuato attraverso un’ostruzione fatta col proprio corpo, con la pena che aumenta fino a due anni se il fatto è commesso da più persone riunite. Il 19 introduce un’aggravante per reati di resistenza, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, se il fatto è commesso per impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica.
Fra gli articoli a venire introdotta (art. 26 e 27) è anche la reclusione fino a 8 anni per chi, dentro un carcere o un CPR, “promuove, organizza o dirige una rivolta”, compresa la “resistenza, anche passiva, all’esecuzione degli ordini impartiti“. “Non abbasseremo la testa davanti a una distopica trasformazione da stato di diritto a stato di polizia caratterizzato da evidenti derive anticostituzionali – dichiarano con una nota dalla Rete – manterremo il pugno alto per difendere la libertà di espressione, di manifestazione e di protesta dentro o fuori dalle mura al fianco delle compagne, che oggi nel carcere e nei CPR vivono in condizioni disumane, private di qualsiasi diritto e di possibilità di protesta all’ interno e all’esterno”.
Per la neonata Rete quindi protestare contro il ddl sicurezza vuol dire “appoggiare tutte le realtà sarde e non solo che lottano contro uno stato di polizia, artefice di politiche guerrafondaie e direttamente complici del genocidio in corso. Scendere in piazza contro il nuovo disegno legge vuol dire lottare con tenacia al fianco della resistenza e per i diritti di tutti e tutte, del popolo palestinese e di tutti i popoli oppressi. Come sarde e sardi diciamo no alle politiche imperialiste di cui lo stato italiano è fautore, tramite la selvaggia violazione delle nostre terre, tramite l’istituzione di basi militari funzionali all’invio di armi made in Italy responsabili del massacro del popolo palestinese”.
“IL DDL SICUREZZA IN SARDEGNA SI PONE IN UN’OTTICA COLONIALE”
«È un ritorno al fascismo – spiega dalla Rete Eleonora Tiana – sono leggi repressive da stato di guerra, mirate a tagliare le gambe alle lotte in un momento in cui lo Stato italiano vuole che nessuno protesti perché ha piani più grandi, come contribuire al massacro in Palestina. Un paese in guerra non può avere dissenso al suo interno e si ritorna così al periodo fascista in cui si fa blocco unito con le potenze occidentali: lotte in difesa dei diritti umani come quelle per la Palestina o contro i lager-CPR, cozzano con gli interessi del governo italiano che vuole perpetrare una logica atlantista a favore della guerra, per cui le lotte che sarebbero represse dal ddl vanno in controtendenza».
La manifestazione organizzata il 5 a Cagliari dalle 17, a cui parteciperanno anche Ultima Generazione e Friday For Future Sardegna, nasce non come riverbero delle proteste chiamate in merito a Roma, ma con la volontà di contestualizzare le lotte contro il ddl sicurezza alla realtà sarda. «Appoggiamo e siamo d’accordo con le motivazioni della grande chiamata di Roma, ma qua ci sono delle specificità come le lotte contro la speculazione energetica di cui in continente c’è una consapevolezza equiparabile a zero. Non è una cosa da poco: il ddl sicurezza in merito ci tocca nello specifico, dietro le “grandi opere” di cui parla c’è la volontà di rendere reato cercare in qualsiasi modo di difendere la terra».
Secondo la Rete de sos istudentes de Sardigna inoltre, tra i motivi della contestualizzazione separata sarda c’è il fatto che «il ddl sicurezza qua ha una declinazione diversa, si pone in un’ottica coloniale. Le “grandi opere” come quelle legate alla speculazione energetica nell’Isola, per noi sono dimostrazione del potere coloniale dello stato italiano, del fatto che la Sardegna sia vista come colonia estrattiva. Cosa vuol dire “grandi opere”? Che interessano allo stato o alle multinazionali che speculano sulla nostra pelle?».
CRIMINALIZZAZIONE DEL DISSENSO
«Il problema dei provvedimenti previsti dal ddl sicurezza ma prima ancora, anche quelli disposti in Sardegna contro i blocchi al porto di Oristano è che non hanno nessuna struttura legale che può reggersi in aula di tribunale, ma sono fatte per far perdere tempo e estenuarci, per applicare all’infinito una strategia precisa, quella della criminalizzazione del dissenso», prosegue Eleonora Tiana. «Quello di sfiancare chi dissente è una strategia che in Sardegna conosciamo, che viene usata anche col processo Lince: ci sono persone accusate di terrorismo per aver danneggiato le reti di una base militare, accuse che non hanno senso ma che impegnano 10 anni di vita in tribunale. Di nuovo: lo scopo qui è sfiancare la lotta e isolarci».
In quest’ottica, manifestare il 5 ottobre a Cagliari diventa quindi fondamentale. «Il ddl sicurezza ci tocca tutte, anche se pensi che non ti riguardi, la realtà è differente», conclude Tiana. «Nel momento in cui è il tuo terreno a essere espropriato o la tua parola a essere impedita, dire qualcosa per la tua difesa personale contro azioni previste dallo Stato diventa un reato. Sei contraria alla speculazione energetica? Ora non puoi più. Stanno ostacolando lo stato di diritto in maniera estremamente grave, ma il nostro movimento e le nostre mobilitazioni non si fermeranno fino a quando non otterremo la piena liberazione di tutti i popoli oppressi».
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