Ciclofficina TR22o : è possibile fare mobilità sostenibile a Crotone?
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Crotone - Personalizzazione, restyling, riparazioni e riciclo. La Ciclofficina TR22o è un’associazione e un’impresa sociale, ci ha raccontato Francesco Turrà, amministratore dell’impresa sociale e segretario di TR22o. L’idea di fare un’associazione è venuta nel 2010 a Giuseppe Aiello e Giuseppe Macirella, due giovani studenti calabresi dell’Unical che allora facevano la spola tra Cosenza e Crotone. Ed è stata formalizzata nel 2015. Anche la ciclofficina, come molte storie che abbiamo raccontato su Calabria che cambia, è figlia di una scelta di “ritornanza”, come la chiama qualcuno.
Negli anni tra il 2016 e il 2017, ci ha assicurato Francesco, a Crotone sono cominciati a tornare in molti. Anche lui in quegli anni è tornato da Perugia, dove ha studiato Scienze politiche e Scienze dell’amministrazione e del governo. Oggi la passione per le biciclette ha permesso a questi ragazzi di fondare anche una impresa sociale, che affianca l’associazione.
Nel 2020 avete fondato un’impresa sociale, come mai questa scelta? Forse l’associazione era diventata un contenitore insufficiente?
Esatto. Era un contenitore insufficiente nel senso che l’associazione aveva fatto esperienze di gestione di diverse attività, soprattutto nella produzione di bici a partire da componenti recuperate, personalizzazione, organizzazione di tour. L’ultimo tassello a cavallo fra il 2018 e il 2019 è stata la gestione del Park & Ride, una struttura di proprietà comunale, fatta e mai avviata, ripresa da noi e poi terminata perché è scaduta la convenzione, erano cambiate le amministrazioni e non si era data continuità.
Forti di quelle esperienze, con la conoscenza che avevamo maturato per quanto riguarda la parte amministrativa, abbiamo preso coraggio e abbiamo deciso di avviare un progetto di impresa sociale con l’ampliamento degli spazi e la costituzione di una società, dove sostanzialmente, a fianco ai soci fisici, abbiamo inserito l’associazione.
Oggi TR22o continua a portare avanti le attività di promozione e di associazionismo, mentre l’impresa nasce per emanciparci dal pubblico, sostanzialmente noi facciamo impresa per auto-mantenere, con quello che produciamo, le attività associative e ricreative. E questo per non dover stare ogni volta a chiedere soldi e contributi al pubblico per sviluppare le attività di promozione.
Il quinto anno è alle porte, state riuscendo a emanciparvi dal pubblico?
Abbastanza, sì. Non ancora a emanciparci totalmente, ma emanciparci dal pubblico sicuramente sì, ormai non partecipiamo neanche ai bandi per l’organizzazione degli eventi. In un’ottica di impresa collaboriamo con alcune fondazioni che sostengono le attività dell’impresa sociale e in questo modo riusciamo a mettere a regime la parte d’impresa. Siamo in una fase difficile perché abbiamo molte, moltissime uscite, ci sono circa sette persone che a vario titolo lavorano per l’impresa.
Gestiamo tre spazi all’interno della città: un negozio di bici storico che abbiamo acquisito l’anno scorso, un altro spazio dove sviluppiamo soprattutto riparazioni di mezzi elettrici, produzione di nuove bici, personalizzazioni, cioè i lavori più complessi, più pesanti, che richiedono più tempo. Infine il park and ride, dove cerchiamo di sviluppare uno spazio di circolo culturale ricreativo, facendo laboratori, corsi di prima pedalata, eventi di animazione territoriale. Cerchiamo di tenere insieme tutte e tre queste dimensioni.
E ci riuscite?
Direi di sì. Finalmente dopo i primi due esercizi in negativo, l’anno scorso abbiamo chiuso il primo bilancio in attivo, quest’anno anche, quindi tutto sommato diciamo da quel punto di vista stiamo trovando piano piano un’ottica di sostenibilità.
In una città come Crotone, urbanisticamente e naturalisticamente, quanto incide la mobilità sostenibile?
Crotone è una città che si presta benissimo dal punto di vista urbanistico: tutto è in piano, non è una grande città, in praticamente mezz’ora arriveresti da una parte all’altra muovendoti in bicicletta. La gran parte dell’anno il clima è favorevole. Ma c’è una questione da cui Crotone non è immune, cioè che tutti i temi che riguardano la sostenibilità ambientale, la mobilità sostenibile, sono più una propaganda che non un’effettiva volontà di agire in quel modo.
Sono state fatte azioni spot che però non hanno portato molti risultati. Da questo punto di vista non c’è una vera intenzione di cambiare il territorio, cioè di trasformare la città in base a una visione di mobilità sostenibile. Quando arriva qualche fondo si fanno delle azioni, tutto qui.
Le cittadine e i cittadini come rispondono?
Sicuramente dopo il Covid molta gente ha riscoperto il gusto, il piacere di muoversi in bicicletta, che è nato durante la pandemia proprio con il bisogno di evadere dalle case e poi un minimo è rimasto. Si aggiunge poi la questione dei costi di mantenimento di un’auto oggi che ormai cominciano a diventare proibitivi. Una cosa che ci capita spesso è che persone che magari hanno problemi con l’auto, la devono riparare oppure devono rimanere un lungo periodo senza, piuttosto che noleggiarne una noleggiano una bicicletta. È un bisogno del territorio che però non trova aderenza sul territorio, quello che manca è una volontà politica di andare verso una trasformazione.
Come si pratica questa trasformazione?
Cambiare una città per renderla adeguata alla mobilità dolce in generale – e non parlo nemmeno di mobilità sostenibile – vorrebbe dire tante cose, non solo fare banalmente piste ciclabili ma potenziare il trasporto pubblico locale, attivare le ZTL, attivare le zone di intermodalità dove magari tu arrivi con la macchina e puoi proseguire in altri modi. Tutto questo politicamente non ha un suo ritorno, anzi se è possibile è anche controproducente perché la gente è abituata ad arrivare con la macchina ovunque.
E la politica in genere tende ad assecondare le abitudini consolidate…
Non è un discorso che elettoralmente parlando crea consenso, nemmeno a Crotone. Bisognerebbe guardare a quella serie di Comuni in Italia che, capeggiati da Bologna, vogliono rilanciare il Manifesto delle città 30. La questione è proprio questa: non basta fare le piste ciclabili, mettere infrastrutture e biciclette, perché il problema delle nostre città è che sono fatte su misura per le auto e non per i pedoni o comunque per le persone. E questo banalmente richiede interventi come ridurre la carreggiata e aumentare i marciapiedi, insomma impegnarsi a re-immaginare la città.
E qui si chiude il cerchio: mantenere un’associazione vi permette di fare pressione e sensibilizzazione su questi temi, mentre l’impresa prosegue a lavorare.
Assolutamente sì, per questo abbiamo mantenuto sempre la barra dritta sulla necessità di mantenere attiva un’associazione, perché il bisogno c’è. Abbiamo fondato l’impresa con il chiaro intento di fare attività economica, ma attività economica a sostegno del territorio e non a sostegno del fatto che dobbiamo portare uno stipendio a casa.
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