Il centro FuoriLuogo: una casa della cultura per sperimentare e incontrarsi
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Asti - Può da un festival nascere un luogo di cultura per la comunità? La storia di FuoriLuogo Asti, in Piemonte, ci insegna che sì, può. L’idea nasce da un gruppo che da anni organizzava un evento multidisciplinare di musica, letteratura, incontri, talk e cibo e che nel 2015 decide di rendere più stabile quell’esperienza. E che capisce che per fare il salto serviva un luogo fisico: «Volevamo realizzare un centro culturale. Avere una sede sposta il modo di lavorare perché i contenuti diventano il mezzo su cui si regge il luogo stesso. Si devono abbracciare logiche non solo culturali, ma anche di business».
A spiegare il processo e le riflessioni alla base è Riccardo Crisci, tra i quattro soci fondatori di FuoriLuogo, associazione che ora conta 31 soci: «Avevamo notato che ad Asti mancava una struttura come quella che avevamo in mente e con i servizi che volevamo proporre. Ci siamo messi alla ricerca di una sede, ma per noi era importante restare indipendenti quindi dovevamo creare qualcosa di sostenibile economicamente nel quotidiano. Per questa ragione lo spazio doveva essere interculturale e comprendere una caffetteria, un co-working, un luogo per spettacoli e per altre attività culturali. Volevamo che fosse in una posizione centrale, vicino alle persone che ci aspettavamo avrebbero fruito dei nostri spazi».
Il gruppo incarica quindi l’architetto Marco Pesce, con cui condivide valori e visioni, per scrivere un progetto e lo presenta all’amministrazione della città che individua una struttura nelle sue dotazioni: un edificio abbandonato, in disuso e vuoto dagli anni 70. Dopo alcuni interventi di recupero strutturale – tetto e infissi – con fondi europei realizzati dall’amministrazione, il gruppo, costituito in associazione, vince un bando indetto dal Comune per l’assegnazione della struttura, firma una convenzione tra pubblico e privato e si fa carico degli investimenti e dei lavori successivi. In cambio non paga l’affitto all’amministrazione e ottiene la struttura in comodato di gestione privata fino al 2030.
«Per realizzare gli interventi mancanti abbiamo aperto due mutui, coperti in parte da garanzie di noi quattro soci fondatori iniziali», prosegue Crisci. «C’è un rischio di impresa vero. Un’altra parte di lavori l’abbiamo sostenuta grazie ai bandi sulla rigenerazione urbana di fondazioni private, tra cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti che ha sostenuto fortemente l’opera di riqualificazione. Questa scelta è stata un modo per dare peso e credito alla nostra volontà di indipendenza e sostenibilità. Ci prendiamo i nostri rischi ed è una cosa che nel panorama culturale è poco diffusa in Italia».
Per realizzare le proprie attività l’associazione partecipa a bandi per progetti specifici e poi FuoriLuogo fornisce dei servizi che sostengono così le spese. I vari spazi che lo compongono sono gestiti in modo professionale da persone competenti nel proprio campo ed è anche questa organizzazione a supportare la sostenibilità del progetto, permettendo così di compiere scelte consapevoli e di mantenere la programmazione culturale per lo più gratuita: «Finché non saremo obbligati non metteremo biglietti d’ingresso», precisa Crisci.
«Il giorno in cui far pagare le attività culturali sarà fondamentale per la sostenibilità dello spazio lo valuteremo. Ma nella missione originale c’era creare un posto che fosse un presidio, sempre aperto, capace di creare legami tra la struttura e chi la frequenta. Produciamo cultura, ma la cultura non è un oggetto di mercato consumistico. Si deve fare in modo che sia sostenuta da altre scelte. Altrimenti il rischio è di fare solo proposte che piacciono molto ad un certo pubblico, abbiano un loro giro, ma che non rispondono all’interesse di pubblici più ampi, diversificati».
Al centro del progetto ci sono infatti le persone e la comunità di riferimento. La programmazione di FuoriLuogo parla a tutte e tutti e lascia anche molto spazio per le proposte che arrivano dalla collettività: «La programmazione delle attività è al 60% in capo a noi e al 40% in mano a idee esterne. Lo spazio è gratuito, non si paga l’affitto, non lo diamo in concessione esterna per eventi privati, perché toglierebbero spazio alle proposte di valore che possono arrivare dalla cittadinanza». Nel centro culturale si possono trovare presentazioni letterarie, concerti, rassegne, festival, corsi. Proposti da altri enti, cittadini, amministrazione pubblica.
L’obiettivo però è sempre migliorare e per farlo il gruppo guarda ad altri luoghi più grandi e strutturati, ai centri culturali, a chi ha competenze specifiche nel settore. Le istituzioni invece – spiegano – sono fondamentali per far percepire alla comunità lo spazio come un luogo al servizio di tutte e tutti. E aiutano a far conoscere sempre di più la realtà e le opzioni a disposizione di cittadine e cittadine: «Capita ancora oggi che alcuni si chiedano cosa siamo, visto che c’è un palco, la caffetteria, il bookshop, il coworking, non ci sono pareti. È un luogo che puoi prendere e vivere quotidianamente ma devi capirlo».
In un anno nel centro culturale passano tra le 20 e le 25mila persone dai 16 ai 70 anni. Ci si incontra, si scambiano idee, a volte da questi scambi nascono nuove proposte e progetti che FuoriLuogo invita a realizzare nella sua sede. «Siamo un generatore di contenuti verso l’esterno e al tempo stesso un accentratore, un facilitatore di processi», commenta Crisci.
«Ci piace che qui tutto si possa proporre e provare, anche sbagliando e se qualcosa non funziona e non ha successo pazienza. Non è grave e si può accettare l’errore. Il nostro obiettivo è essere diffusi ed entrare capillarmente nelle abitudini della città. Siamo riusciti a far capire di essere uno spazio di tutti e tutte e che chiunque può sentirsi a casa. Lo studente può fare proposte ed essere ascoltato tanto quanto il professore. Più o meno tutte le persone che si occupano di cultura in città hanno organizzato qualcosa da noi, utilizzato questo luogo o sono stati partner di qualche progetto. Volevamo creare vicinanza, comunità e condivisione. Pensiamo di esserci riusciti fino a qui e ne siamo felici».
Questo articolo fa parte di una serie di approfondimenti frutto della collaborazione fra Hangar Piemonte e Italia Che Cambia che ha lo scopo di raccontare la trasformazione culturale che stanno mettendo in atto persone, organizzazioni e intere comunità intorno a noi.
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