25 Ott 2024

Antonio Presti: “L’artista deve lasciare qualcosa che si farà, non che è stato fatto”

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Antonio Presti, il mecenate ideatore della Fondazione Fiumara d’Arte, continua instancabilmente a portare armonia e bellezza trasformando la sua arte, diventata collettiva, secondo le leggi del tempo. Perché l’artista “deve lasciare qualcosa che si farà, non che è stato fatto”.

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Catania - Un anno senza sosta per Antonio Presti. Dalla chiusura nell’estate 2023 dell’Atelier Sul Mare a Tus – l’albergo-museo d’arte contemporanea – dovuta anche allo scontro con la burocrazia locale, che sembrava cancellare anni di visioni, impegni e sforzi, ad una nuova riapertura dello stesso Atelier, qualche chilometro più in là lungo la costa, e di una nuova oasi di bellezza e arte. E se in un primo momento lo stesso Presti, ideatore della Fiumara d’Arte, sembrava scoraggiato, a distanza di pochi mesi è tornato più attivo che mai in quelli che sono i luoghi in cui da sempre contribuisce a creare bellezza

A partire da Librino, dove grazie al progetto “Non c’è futuro senza sogno del futuro” sono stati accolti alcuni poeti di fama nazionale per un incontro con i cittadini e le cittadine e gli studenti e le studentesse delle scuole. E poi ancora, sempre a Librino, l’inaugurazione del museo a cielo aperto d’arte contemporanea, “Magma” – con la donazione di due nuove opere d’arte di Fabrizio Corneli, Amare e Sognatrici, dedicate alle mamme e alla comunità del quartiere installate nelle facciate dei condomini della periferia catanese e visibili solo di notte – e sull’Etna, “Il belvedere dell’anima – La visione dell’invisibile”. 

sognatrice
“Sognatrici” è una delle ultime opere del museo a cielo aperto voluto da Antonio Presti a Librino

E a proposito di invisibile, il suo nome da qualche settimana fa parte anche della fascia principale degli Asteroidi – l’asteroide 20049 gli è stato di recente dedicato  –, una carezza dell’universo all’anima, metafora perfetta per il mecenate per contribuire a restituire la visione dell’invisibile in una società contemporanea dove la cecità ottunde la visione della bellezza. Un esempio di trasformazione e continuo rinnovamento in territori non sempre facili e spesso abbandonati, che diventano invece luoghi perfetti per accogliere arte e armonia.

«L’arte è un processo spirituale e per questo è giusto che si evolva secondo le leggi del tempo. L’artista deve lasciare qualcosa che si farà, non che è stato fatto. Questa è la mia visione di futuro, altrimenti sarebbe una presunzione dell’ego. Lo spirito del tempo è divenire e non vuole ciò che è fatto, ma un continuo seminare. E se tutto quello che è stato fatto serve come strumento a innestare una visione di quello che si farà, come educare ad esempio, allora abbiamo vinto», sottolinea Antonio Presti. 

Ho imparato anche umanamente a ringraziare l’ingratitudine. Spesso capita di “restare” male per qualcosa o qualcuno, è l’ego che ci spinge a farlo

Da questa idea di futuro nasce il desiderio di istituire una triennale d’arte che coinvolga i licei artistici, le accademie e tutto ciò che è espressione artistica di educazione alla bellezza, intesa da Antonio come l’eredità più bella e vera. E in un continuo processo trasformativo, Presti ha scelto di rimuovere a Catania le 700 foto del “Cantico di Librino”, che ritraggono la gente del luogo, poste nel cavalcavia che dal 2009 ospita la Porta della Bellezza.

Verranno sostituite con alcuni scatti della fotografa americana Lynn Johnson attraverso un progetto che vuole eternizzare la quotidianità delle famiglie di Librino entrando nei loro ambienti, come i soggiorni, le cucine e le camere da letto. Un vero e proprio atto politico per un territorio ai margini che, come spesso accade in altre periferie, sembra quasi venga lasciato alla propria sorte nonostante siano in migliaia a viverci e il disagio sociale diventa esca per altre vie non sempre legali. Lì dove si registra il tasso più alto di dispersione scolastica in Italia, tutti e tutte diventano protagonisti del cambiamento.

cantico
Una parte del “Cantico di Librino” che Antonio Presi ha deciso di rimuovere sostituendolo con altre opere

Antonio Presti sta realizzando una vera e propria rivoluzione abolendo la dicotomia che vede il centro contrapposto alle periferie e proponendo una narrazione in cui le parole assumono un nuovo significato spogliandosi dei connotati “genetici” soliti, in questo caso del “genius loci” delle periferie. Azioni dematerializzate che puntano a far emergere il pensiero e la parola, ordinarietà che si trasforma in straordinarietà dello spazio nel segno e nel sogno dell’arte. 

«Proprio a Librino ho imparato che quando il bene si afferma non è mai contro qualcosa, è sempre per. Noi come società civile siamo cresciuti con l’anti e con il contro, dobbiamo sempre trovare nel doppio il senso della contrapposizione. Ho imparato anche umanamente a ringraziare l’ingratitudine. Spesso capita di “restare” male per qualcosa o qualcuno, è l’ego che ci spinge a farlo, che ci fa rimanere male, ammalandoci nella nostra parte spirituale, e i sentimenti che albergano nella propria anima quando “ci restiamo male” sono rabbia, livore, rancore e tradimento», continua Antonio Presti.

piramide
Piramide 38° parallelo di Mauro Staccioli all’interno della Fiumara d’Arte ideata da Antonio Presti

«Capita di bloccarci anche nelle azioni, di chiederci “chi me lo fa fare?”, “non vale la pena fare del bene”. È questo vale anche e soprattutto per chi si occupa di arte, conduttore o conduttrice di bellezza per l’anima, capace di educare alla visione del sogno e alla conoscenza». Antonio Presti è la dimostrazione di cosa si possa fare con visione e cuore e del vero ruolo e della vera missione dell’arte. Di quell’arte che diventa un’opera corale, che forse per qualcuno potrebbe non apparire bellissima secondo i canoni estetici tradizionali a cui siamo abituati, ma che colpisce e incanta lo sguardo e le emozioni e ci si approccia con rispetto.

Un’idea di arte che ha a che fare con qualcosa di concreto e non si esaurisce nell’opera in sé, ma coinvolge la collettività in cui si riconoscono i sogni dei bambini e delle persone che hanno partecipato alla costruzione, capaci di rovesciare la realtà, e che viaggiano in uno spazio che non è più solo fisico e mentale. Un’arte che mescola scelte artistiche diverse e che induce a un processo identitario di acquisizione di coscienza e riappropriazione dei luoghi nonostante il disagio sociale, l’emarginazione e la carenza dei servizi.

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