Nuova alluvione in Emilia-Romagna: rimuovere il problema non ci salverà dagli eventi climatici estremi
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Bologna, Emilia-Romagna - Dagli inizi di settembre al 18 ottobre, sulla collina bolognese le precipitazioni cumulate registrate sono state superiori ai 300 millimemetri. Settimane particolarmente piovose cui si è aggiunta la persistenza delle precipitazioni nella notte tra il 19 e il 20 ottobre. Questa, come fa sapere l’Agenzia Prevenzione Ambientale Energia Emilia-Romagna (Arpae), ha messo in crisi i piccoli torrenti della collina bolognese, con rapidissimi innalzamenti dei livelli, anche di alcuni metri in poche ore, accompagnati da diffusi ruscellamenti lungo i versanti, smottamenti e frane che hanno interessato la viabilità.
In altre circostanze si direbbe che piove sul bagnato. E invece in Emilia-Romagna le precipitazioni di straordinaria violenza delle ultime ore si sono abbattute sul fango di altri due disastri che quest’anno hanno già colpito la regione. Senza contare l’alluvione del maggio 2023, considerata la terza più grave catastrofe naturale a livello globale dello scorso anno. Questa volta invece, con oltre tremila sfollati, a essere maggiormente colpite sono state la città di Bologna e le zone limitrofe.
OLTRE OGNI LIMITE
L’acqua non ha dato scampo e ha fatto persino una vittima, un ragazzo di vent’anni. Simone Farinelli ha perso la vita mentre era in auto con suo fratello, in un Comune a pochi chilometri da Bologna, quando un’ondata li ha travolti. Il fratello si è gettato d’istinto fuori dall’abitacolo e si è salvato, sfuggendo alle acque impietose del torrente Rio Caurinzano.
Un evento estremo, ma purtroppo prevedibile, che ha fatto registrare dei picchi storici nei livelli delle acque dei torrenti abitualmente monitorati come il Ravone – tombato sotto la città di Bologna –, il Samoggia, il Ghironda, il Lavino, il Savena e l’Idice. Livelli che non solo hanno superato quelli registrati nell’alluvione del maggio 2023, ma hanno addirittura oltrepassato i livelli massimi misurabili dagli strumenti stessi.
Sempre l’Arpae fa notare che le precipitazioni registrate – con cumulate da 160 a 180 mm e intensità orarie anche superiori ai 30 mm/ora e ai 100 mm in 4 ore consecutive – sulla città di Bologna e sui bacini di Samoggia, Savena e Idice, sono normalmente associate a temporali estivi di breve durata, mentre tra il 19 e 20 ottobre scorsi si sono mantenute per diverse ore consecutive. In particolare a Bologna S. Luca si sono registrati 148,5 mm/24 ore. Un dato paragonabile a un altro record storico degli ultimi cento anni, ovvero i 150 mm/24 ore registrati il 27 settembre 1928.
SOPRAVVIVERE AL CLIMA CHE CAMBIA
Solo un mese prima, ancora in Emilia-Romagna, nella notte tra mercoledì 18 e giovedì 19 settembre il ciclone Boris aveva portato piogge intense, che hanno causato l’esondazione di diversi fiumi. Le situazioni più critiche si sono registrate, oltre che a Faenza, nelle provincie di Ravenna e a Forlì, territori già profondamente feriti dalle alluvioni dello scorso anno.
Si tratta di eventi estremi correlati al cambiamento climatico. Il ciclone Boris all’origine dell’alluvione dello scorso mese era nato sul Mediterraneo, si era spostato verso i Paesi dell’Est Europa, per poi ritornare sul Mediterraneo stesso, riprendendo forza probabilmente a causa delle temperature del mare sopra la media, che hanno favorito le piogge violente di cui ancora non si sono stimati i danni complessivi.
Nel rimpallo di responsabilità di cui si sono resi protagonisti il governo e la Regione la rabbia delle comunità reclama giustizia, aiuti concreti, strategie di adattamento per non essere mai più colti di sorpresa. La rapidità con cui questi eventi climatici estremi si stanno susseguendo non lascia tregua e soprattutto non consente di ignorare l’urgenza a trovare soluzioni plausibili ed efficaci alla crisi climatica.
RIMOZIONE E CULTURA DELL’ADATTAMENTO ALL’ALLUVIONE (E NON SOLO)
Come fa notare Cristiano Bottone, esperto di transizione ecologica, «bisognerebbe avere una cultura diffusa dell’adattamento climatico. Corsi per i cittadini per capire come sono fatti questi fenomeni, come si prevengono e come comportarsi. Sarebbe fondamentale insegnare alle comunità come consultare il radar meteo, come tenersi aggiornati e come ci si prepara a un evento climatico estremo». Un gravissimo rimosso nel sistema scolastico ed educativo, che invece dovrebbe trovarvi spazio, sin da subito.
Nelle narrazioni – politiche soprattutto – e nell’immaginario di molte delle persone colpite da questi eventi, c’è una diffusa aria di rimozione del problema. «Quando si afferma che “è sempre piovuto”, che “l’estate è sempre stata calda” – prosegue Bottone – non si fa altro che rallentare un processo culturale della popolazione. Per cui non ci sono neppure quelle iniziative pubbliche e culturali atte a far sviluppare la consapevolezza collettiva sui cambiamenti climatici». Rimozione, sottolinea, non negazione.
«Oggi si fa una gran fatica a dire che questi eventi non sono accaduti, visti anche i tempi ravvicinati in cui si susseguono – chiarisce – e quindi si cerca il il modo di far finta che questi eventi climatici estremi non siano già successi, oppure se ne trasferiscono le cause in un altrove più rassicurante». Come si trattasse di un trauma le cui cicatrici sono visibili quanto il fango. A volte non basta neppure il tempo a curarle. È trascorso più di un anno, eppure Nicolas Bandini, presidente della Croce Rossa Italiana di Faenza dal 2014, ripensa come fosse ieri alla notte tra il 16 e il 17 maggio 2023.
Riannoda con la voce rotta dall’emozione il filo dei ricordi dell’alluvione dello scorso anno. Il senso di impotenza, il coraggio dei volontari, le raccomandazioni a operare in sicurezza, perché un soccorritore che si mette in pericolo è un soccorritore da salvare. «Nel pomeriggio avevamo lanciato l’allarme di evacuazione, ma una coppia di anziani non aveva lasciato la propria abitazione – ricorda Bandini –, durante la notte ci hanno chiamato per essere soccorsi, l’acqua a casa loro nel centro di Faenza era alta fino al secondo e ultimo piano. A un certo punto il collegamento telefonico si è interrotto. Abbiamo scoperto solo molte ore dopo che per fortuna erano stati tratti in salvo in elicottero».
Questa, così come quella di due cani rimasti intrappolati in un garage e poi salvati dai volontari della Croce Rossa, sono storie dell’alluvione che però si concludono a lieto fine, in cui si annida il ricordo di ore angoscianti, un ricordo che si risveglia negli abitanti tutte le volte che piogge violente tornano ad abbattersi sul fango. Quando non si è ancora avuto abbastanza tempo per ricostruire quanto è stato portato via dall’acqua e dall’inazione politica.
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