Il Parco archeologico di Locri, custode della patria delle arti e della giustizia
Seguici su:
Tra le fiumare di Gerace e Portigliola, in provincia di Reggio Calabria, ancora giace la colonia greca esposta allo Zefiro, il vento che soffia da ponente. Quella di Locri Epizephiri è una storia millenaria, di circa 15 secoli, che comincia tra l’VIII e il VII secolo a.C., con l’arrivo sulle coste della Calabria meridionale di un nucleo di coloni provenienti dalla Locride, una regione povera dell’antica Grecia.
Quando i greci sbarcano a capo Zefirio – oggi capo Bruzzano – è lì che provano a stabilirsi, ma tra la malaria e le continue incursioni arabe decidono di abbandonare la zona costiera e trasferirsi 25 chilometri più a nord, dove i problemi di coabitazione con gli indigeni sono più gestibili. Qui danno vita a una polis e la chiamano Locri Epizephiri, un nome unico nell’occidente greco, che combina la regione di provenienza dei coloni e quella del primo sbarco.
Itala nam tellus Graecia maior erat. “Ciò che chiamiamo Italia era Magna Grecia”, ha sentenziato Ovidio nei Fasti. Quando a partire dall’VIII secolo avanti Cristo i Greci decidono di espandersi verso Occidente raggiungono le coste del Mediterraneo e approdano nell’Italia meridionale: Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. In origine le colonie della Magna Grecia sono le principali mete degli emigranti e degli esuli greci. In fuga dalla carestia, alla ricerca di territori più fertili, i coloni greci approdano nelle coste del Meridione dove cercano di dare vita a un’oasi di progresso civile e artistico.
Così prende vita la Magna Grecia, tessendo rapporti di convivenza con le popolazioni locali e promuovendo una nuova civiltà attraverso la loro cultura, le tradizioni, l’arte e la filosofia, il diritto, i miti. Prima di proseguire, è bene sottolineare la differenza tra il concetto di colonia del mondo greco e quello del mondo contemporaneo. Le relazioni tra colonie e città-madri non furono mai di sudditanza, le poleis magnogreche furono sin dal principio città-stato indipendenti.
Quelle che noi chiamiamo colonie infatti, i Greci le chiamavano apoikíai, termine composto da apó, “lontano”, e óikos, “casa”: quindi comunità indipendenti che potevano a loro volta fondare altre colonie. E lo fecero spesso cacciando le popolazioni indigene o riducendole a forza-lavoro dipendente. Locri è una polis molto viva culturalmente, qui sorgono santuari e templi con i culti di Persefone, dea della fecondità e dei raccolti, e di Afrodite, dea dell’amore. La patria delle arti e del canto, prima civiltà d’Occidente con un codice di leggi scritte, la cosiddetta legislazione di Zaleuco, e centro culturale e artistico in cui le donne hanno avuto un grande ruolo.
È in questa tradizione che fiorisce la produzione di Nosside: la matrilinearità, il culto di Afrodite e quello di Hera, la prostituzione sacra. Nata e vissuta a Locri Epizefiri tra il IV ed il III secolo a.C., Nosside è stata l’unica poetessa d’Occidente così come Saffo lo era stata d’Oriente. O almeno così amava definirsi lei stessa. Ma qui, a Locri, è nato pure Zaleuco, padre del primo codice occidentale di leggi scritte che per la prima volta vengono sottratte all’arbitrio dei magistrati. Leggi moderne e democratiche che in alcuni casi precorrono i tempi di molti secoli come, per esempio, nel divieto espresso di possedere schiavi, vigente nella città di Locri Epizefiri.
Oggi quel che resta di Locri sono i suoi Santuari, il Teatro, le Mura, il quartiere degli artigiani Centocamere e la maggior parte della città sotterranea che attende di essere riportata alla luce. Un insieme che testimonia ciò che è stato il Meridione d’Italia per lunghi secoli: la Magna Grecia. Sparse in tutto il Mediterraneo, i greci fondano circa 150 nuove poleis, di queste un terzo in Italia meridionale e in Sicilia.
I tesori di questa antica polis sono racchiusi nel Parco archeologico nazionale di Locri Epizephiri che, con un’estensione di oltre venti ettari, è una delle aree archeologiche più estese della Calabria: oltre agli scavi archeologici, il visitatore ha la possibilità di scoprire ben tre musei. Il Museo del Territorio di Palazzo Nieddu che documenta la vita delle popolazioni indigene della Locride. Il Museo archeologico nazionale che racconta la fase greca della città e custodisce al suo interno i celebri pinaches, tavolette votive legate al culto di Persefone. Infine, il complesso museale del Casino Macrì, che testimonia il periodo romano e tardo antico della zona.
Con tre sedi espositive il sito documenta un periodo storico che va dalla preistoria fino all’età tardo antica. I santuari come il Persefoneion dedicato a Persefone e ubicato sul Colle Mannella, che già in età antica era considerato uno dei santuari più famosi dell’intera Magna Grecia. Oppure il Thesmophorion dedicato a Demetra e infine il tempio di Contrada Marasà dal quale proviene il celebre gruppo scultoreo di Dioscuri oggi conservati all’interno del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria. Accanto alle aree sacre spiccano poi gli spazi dedicati alla vita quotidiana dei locresi, come il quartiere Centocamere, con le abitazioni e le botteghe artigiane o il teatro greco romano ancora oggi in uso per spettacoli e concerti.
«In termini di valorizzazione, lo sforzo maggiore che stiamo compiendo è avvicinare le comunità al proprio patrimonio», spiega Elena Trunfio, direttrice del Museo e Parco archeologico nazionale di Locri. «Negli ultimi anni un’intensa offerta culturale ha permesso di consolidare rapporti e generare circuiti virtuosi. Seminari, mostre, spettacoli, laboratori per bambini e ragazzi hanno permesso di aumentare le interazioni e diversificare il target di utenti». Una modalità che, assicura la direttrice, sta favorendo non solo il senso di appartenenza della comunità al Parco ma anche la promozione di progetti e percorsi comuni.
Estendendosi dalla costa fino alle pendici dell’Aspromonte, il Parco archeologico di Locri fa del paesaggio un altro punto di forza e unicità. Siamo in un’area periferica rispetto al centro abitato di Locri dove la mancanza di mezzi di trasporto pubblici limita l’accessibilità e la fruizione del sito. Perciò, uno dei principali obiettivi del Parco è migliorare l’accessibilità, sia fisica che cognitiva. «Abbiamo avviato un percorso di rinnovamento ambizioso e complesso», continua la direttrice. «È in corso un progetto di adeguamento dell’intero Parco con la rielaborazione dei percorsi, l’abbattimento delle barriere architettoniche e la proposizione di un nuovo progetto didattico che possa migliorare la comprensione di un sito archeologico così vasto e complesso».
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento