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Cagliari - Per Zeep restare è ciò che contribuisce a dare forma alla sua arte. L’emigrazione giovanile in Sardegna è un tema purtroppo sempre più sentito. I dati ricordano continuamente che il numero dei residenti sull’Isola è in diminuzione e una parte di questo calo è attribuibile all’emigrazione giovanile verso le altre regioni italiane o all’estero. Le motivazioni possono essere le più disparate, ma sono soprattutto legate alle opportunità lavorative.
Specialmente nel campo artistico a rendere la realtà più complessa si aggiunge l’isolamento geografico e il conseguente costo per raggiungere le mete oltremare. Tuttavia, ci sono artisti che scelgono di rimanere in Sardegna in quanto vedono in essa delle reali possibilità di crescita. Marco Cannas, in arte Zeep, cantautore ogliastrino ma cagliaritano d’adozione, racconta come vivere nel capoluogo sardo sia una scelta che, sebbene non facile, restituisca tanto in termini di creatività e di emozioni.
Chi è Zeep e quando inizia la sua attività musicale?
Sono nato e cresciuto in Ogliastra. Per motivi legati allo studio mi sono trasferito a Cagliari dove ho preso la laurea triennale in architettura, per poi spostarmi a Torino per la magistrale. Nel capoluogo piemontese ho iniziato la mia attività musicale, ma non in maniera assidua. Inizialmente mi sono avvicinato al mondo del rap, ma mi sono reso conto che non era un genere dal quale mi sentivo rappresentato. Nella musica indie ho trovato la mia strada, anche perché reputo che essa consenta di esprimersi senza filtri, senza voler dare un’immagine di sé preimpostata.
Scrivo canzoni soprattutto perché ho difficoltà a esprimere le emozioni a parole. Se canticchi un “ti amo” esce meglio, è più facile. Da dove vengo io poi non dici “ti voglio bene” agli amici, bastano un insulto e una pacca sulla spalla. Non da poco c’è una componente fortissima di ego, ma credo che valga per tutti quelli che fanno arte in qualche modo. Il fatto di cantare i fatti miei e di vedere che il pubblico li ascolta, si emoziona e ci si rivede, rende tutto più vero.
Come mai la scelta di tornare in Sardegna e vivere a Cagliari?
Terminato il percorso magistrale sono rientrato a Cagliari. Ho ricevuto una proposta di lavoro, quindi è stata una motivazione di carattere pragmatico. Quando sono andato via dalla Sardegna non mi sono mai precluso l’ipotesi di farvi ritorno. Crescendo la mia relazione con questa terra è stata piuttosto neutra; non ho mai vissuto la Sardegna con un attaccamento estremo, come se fosse un luogo sacro da cui fosse impossibile separarsi. D’altra parte non ho neppure mai provato repulsione nei suoi confronti, come se fosse un luogo da cui scappare. Mi sono sempre sentito, in un certo senso, in equilibrio.
Cosa significa essere Zeep, un cantante emergente in Sardegna? Il famoso “vivere di musica” qua è possibile?
Vivere di musica è difficile, ma non solo in Sardegna, ovunque se non sei un pezzo grosso. Concorrono poi anche molti altri fattori, ad esempio il tipo di musica che si vuole fare e il tipo di pubblico al quale si vuole arrivare. Per i più, come nel mio caso, è necessario avere una seconda fonte di reddito. L’aspetto negativo è che nel momento in cui ti confronti con il mercato italiano non basta prendere un treno o salire in macchina per incontrare altri artisti e fare musica in uno studio; qui i costi aumentano e diventa più difficile essere costante e sempre presente sulle piattaforme di streaming. Per fortuna internet e i social aiutano.
Sicuramente un punto a favore è però l’ispirazione che ti dà l’Isola. Il retroterra culturale, la mentalità, i posti in cui cresci, sono un bagaglio enorme che per forza di cose va a finire nelle canzoni. L’a Sardegna mi restituisce davvero tanto in termini di emozioni e soddisfazioni, è una parte fondamentale della mia musica. Le canzoni che più hanno segnato il mio percorso sono indissolubilmente legate a Cagliari, la mia città scelta. Fantacalcio con Pavoletti è una di queste. E poi c’è Cagliari cose belle, che ha avuto una menzione nel romanzo di Flavio Soriga.
“Cagliari cose belle” è stata infatti citata nel romanzo di Soriga, perché ha attirato l’attenzione dello scrittore. Di cosa parla?
Ancora oggi non so come gli sia arrivata la canzone, ma ricordo benissimo il momento in cui mi ha scritto un messaggio per dirmi che gli era piaciuta. È una delle mie canzoni preferite e la vedo quasi come una buonanotte da cantare sottovoce, con le luci di Cagliari fuori dalla finestra. Leggere le parole del brano in quel libro, raccontate in quel modo, mi ha emozionato e mi ha fatto ricordare quanto può essere potente la musica.
Quando la canto ai concerti dico sempre che sono stato abituato ai cantautori che parlavano di città bellissime come Roma, Bologna, Milano; ma nessuno parlava mai di una città sarda. Da qui la necessità di scriverne una. Ho visto che anche Flavio Soriga ha messo in evidenza questo aspetto nel romanzo e forse è uno dei motivi che l’ha spinto a citarla.
Facendo un passo indietro rispetto ai pro e contro del fare musica nell’Isola, Cagliari è capoluogo quindi comunque luogo che possiamo definire favorito rispetto ad altri, per quanto riguarda i collegamenti ma anche le opportunità culturali e sociali. E la provincia? L’Ogliastra ad esempio, luogo di nascita, territorio che spesso viene definito come l’isola nell’Isola: per un musicista è possibile restare?
Penso che principalmente manchino le strutture. In generale se vuoi fare musica devi per forza avere a disposizione almeno un microfono decente e un PC, ma purtroppo non tutti possono permetterselo, e in una città le possibilità di scambio aumentano. Io, come tanti altri, ho iniziato in cameretta prima di passare agli studi professionali. Quello che però penso manchi davvero in Ogliastra, sia a volte la consapevolezza di non essere da meno rispetto a chi vive in realtà più grandi. Anche la provincia, se raccontata bene, può essere interessante e capace di suscitare emozioni.
Però la scelta di restare, rimane.
Se penso a Torino, città più grande e spesso ricca di eventi ai quali partecipare, a volte bastava dirigermi verso una delle piazze più frequentate per essere sicuro di trovare un concerto, un evento o un’iniziativa che animava l’atmosfera. Qui a Cagliari la situazione è diversa. Certo, non mancano eventi a cui partecipare, ma specie nelle stagioni invernali mi ritrovo a dover inventare la mia serata, a cercare modi creativi per passare il tempo con gli amici.
Però devo dire che questo è proprio il bello: mi piace l’idea di costruire la serata dalle fondamenta. Tra l’altro, è proprio dalle giornate a Cagliari passate a cercare un modo per svoltare la serata che nascono le mie canzoni. Ragion per cui penso che lasciando la Sardegna perderei la mia normalità, e dunque la mia ispirazione e la mia musica ne risentirebbero. Posso dire che le difficoltà ci sono, ma anche le possibilità: vivere qui mi restituisce tanto da compensare il resto.
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