10 Set 2024

A Santa Venerina con il legno dei barconi si fa accoglienza e si costruiscono strumenti musicali

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Può un materiale di scarto come il legno dei barconi utilizzati dai migranti per attraversare il Mediterraneo trasformarsi in un oggetto di speranza e unione? La risposta è sì! In un paese ai piedi dell’Etna, ragazzi con disabilità, profughi e detenuti costruiscono chitarre e viole e la musica unisce lo scarto umano e materiale creando armonia, speranza e unione.

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Catania - A Santa Venerina, ai piedi dell’Etna, un paesino di 7.500 anime, abita da 32 anni Marco Lovato, originario del Veneto. La sua è una famiglia particolare: vive all’interno di una casa famiglia della comunità Papa Giovanni XXIII, da sempre a supporto delle tante forme di disagio sociale come la devianza adolescenziale, l’handicap, la prostituzione e la povertà

La scelta di Marco non è isolata – solo in Sicilia sono dieci le case famiglia, due nel territorio di Santa Venerina – e si basa su sogno: fare famiglia insieme ai propri figli naturali e a persone in difficoltà, bambini, ragazzi, persone con disabilità, profughi, detenuti nelle carceri minorili. Il desiderio di dare una famiglia e una seconda possibilità a coloro che ne hanno bisogno, anche attraverso un percorso lavorativo, ha portato alla nascita della cooperativa sociale Rò La Formichina, di cui Marco è responsabile, che favorisce il reinserimento sociale e lavorativo di persone escluse dalla società a causa della loro condizione fisica o del loro passato, attraverso l’acquisizione di competenze professionali nei settori della falegnameria e dell’apicoltura.  

UNA COMUNITÀ CHE CREA ACCOGLIENZA CON CIO’ CHE VIENE CONSIDERATO SCARTO, DALLE PERSONE AL LEGNO DEI BARCONI

«C’è chi investe nel guadagno e chi nelle relazioni. Molti di noi nell’altro hanno trovato una risposta profonda ai propri bisogni. Solo insieme si può andare lontano. In comunità e in cooperativa la nostra esperienza si basa proprio su questo approccio. Tante volte pensiamo di voler essere di aiuto per gli altri, ma in realtà sono “questi altri” che ci hanno aiutato in molte delle nostre difficoltà», racconta Marco. 

barconi 2
Strumenti musicali costruiti con il legno dei barconi da Salvo Zappalà e i ragazzi del laboratorio di falegnameria

Sono tante le storie di vita e di disagio incontrate in tutti questi anni, diversità che insieme si fondono per diventare l’esperienza e la forza di tutti. Marco racconta di Zeyd, scappato dalla guerra in Siria insieme alla moglie e ai bambini. A Santa Venerina hanno trovato lavoro ma soprattutto una seconda famiglia. E di Simone, un ragazzo con disabilità mentali gravi che tutte le mattine indossa le scarpe antinfortunistica per andare a lavorare in falegnameria, uno spazio protetto e sano dove poter dare libero sfogo alla sua creatività.

«È uno degli operatori più in gamba perché sa tirare fuori il meglio dei suoi colleghi e compagni. Lavorare con lui significa essere aperti e disponibili a fare una parte del lavoro in cui Simone non riesce del tutto. Non esistono differenze, non importa che tu sia un profugo o un ragazzo proveniente dal carcere, si lavora insieme valorizzando le proprie capacità e costruendo il proprio futuro», continua Marco.

Il legno dei barconi è abituato a sentire urla brutali, gemiti, violenze. Dopo aver attraversato il mare, quando sembrava morto, è diventato musica

I BARCONI SI TRASFORMANO IN MUSICA

Con legni grezzi scartati da tutti si realizzano mobili, riparazioni, oggettistica e da qualche tempo anche strumenti musicali. Grazie all’incontro con Salvo Zappalà, liutaio del luogo, e a un finanziamento di Fondazione Con il Sud, è attivo un laboratorio all’interno della falegnameria con cui, a partire dal legno di scarto dei barconi, si costruiscono chitarre e viole. Anche a quel legno che ha portato tanta sofferenza tra le onde del Mediterraneo viene data una seconda vita e una nuova speranza e attraverso la musica si cancellano le divisioni.

«Come recita l’articolo 27 della nostra Costituzione, “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Abbiamo costruito una viola da gamba e circa dieci chitarre. I primi a usare il legno dei barconi sono stati degli operatori del carcere di Opera a Milano, che con un falegname di Lampedusa hanno cominciato a realizzare presepi e crocifissi; poi il liutaio Enrico Allorto ha avuto l’idea di costruire il primo violino del mare. L’esperienza si è poi diffusa in altre realtà carcerarie, da Monza a Secondigliano, per arrivare fino a noi», racconta Salvo Zappalà. 

viola
Un particolare della viola da gamba costruita con il legno dei barconi

È nata addirittura una vera e proprio orchestra del mare che fa capo alla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti e che ha suonato anche alla Scala di Milano. Da legni di morte a legni animati di suoni, armonie, bellezze e speranze. «Quando sono venuto a conoscenza del violino del mare, mi sono detto che dovevo fare anch’io qualcosa. Questo è un legno speciale, ispira qualcosa, non è normale. Sono barconi da pesca di 6-8 metri, non adatti ad attraversare il mare. Un legno abituato a sentire urla brutali, gemiti, violenze che speriamo alla fine possa sentire l’applauso del teatri. Dopo aver attraversato il mare, quando sembrava morto, è diventato musica», continua Salvo.

La viola del mare ha suonato già più volte nell’ambito del Festival Internazionale di Musica Antica a Erice, l’obiettivo è che continui a girare, insieme alle chitarre, per un viaggio senza confini. In un periodo storico in cui le diversità sembrano essere un problema, la musica unisce lo scarto umano e materiale creando armonia, sogni e speranze capaci di unire, metaforicamente e non, le rive solo apparentemente distanti del Mediterraneo. Il Mare Nostrum a cui tutti apparteniamo.

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