16 Set 2024

Il monte Cervati è in pericolo, ma c’è chi ancora si batte per la tutela della biodiversità

La costruzione di una strada asfaltata fino alla cima del Monte Cervati ha sollevato preoccupazioni e scatenato una mobilitazione significativa tra coloro che amano e comprendono l'importanza della biodiversità di questo luogo preziosissimo. Abbiamo raccolto testimonianze da diverse realtà che si sono attivate contro il progetto, esplorando le loro motivazioni e ripercorso i passi della resistenza di chi si impegna a preservare la bellezza e l'ecologia del Monte Cervati.

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Salerno, Campania - Nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni si sta combattendo una battaglia cruciale per la tutela del Monte Cervati. La sua integrità naturale è minacciata dalla costruzione di una strada asfaltata di 14 chilometri, che raggiunge la vetta del monte dove si trova una chiesa, meta di pellegrinaggi religiosi due volte l’anno.

Le amministrazioni locali hanno promosso il progetto come un’opportunità per incentivare il turismo religioso, ma la strada attraverserebbe un’area protetta di altissimo valore naturalistico, il che solleva profonde preoccupazioni per gli inevitabili e conseguenti danni ambientali. In risposta, lo scorso dicembre è nato il Comitato Salviamo il Cervati, un’alleanza di diverse associazioni che stanno tentando di fermare la costruzione della strada. Per approfondire la questione, abbiamo parlato con Giovanni Marino, portavoce dell’associazione W il Lupo e dello stesso Comitato.

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LE ORIGINI DELLA PROTESTA: DIFENDERE UN PATRIMONIO NATURALE UNICO

Il Monte Cervati, con i suoi 1.898 metri di altezza, è uno degli ultimi luoghi della Campania in cui la natura è ancora incontaminata. Oltre a essere un luogo di grande bellezza paesaggistica, l’area ospita una biodiversità straordinaria tra specie animali e varietà di piante spontanee. La strada prevista però rischia di compromettere questo delicato ecosistema, disturbando la fauna con il rumore e con la presenza umana, aumentando il rischio di incendi, l’abbandono di rifiuti e il numero di morti di animali selvatici per incidenti. Inoltre, l’accesso facilitato alla montagna stimolerebbe la raccolta indiscriminata di funghi e piante rare, erodendo l’equilibrio dell’habitat naturale.

UN’OPERA CONTROVERSA E L’OPPOSIZIONE DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE

L’opera, proposta dal Comune di Sanza, ha ottenuto il via libera dall’Ente Parco. «Secondo noi, queste autorizzazioni sono illegittime rispetto alla normativa vigente, rispetto al piano paesistico della Sovrintendenza e alla stessa normativa del parco», ha commentato Giovanni Marino.

Stiamo cercando di far capire alla popolazione locale che esistono altre forme di sviluppo, più sostenibili, legate al turismo naturalistico ed ecologico

Per questa ragione, il Comitato, tramite l’associazione Italia Nostra, sezione Cilento Lucano, ha presentato un ricorso al TAR di Salerno. Il 3 giugno però il tribunale ha rigettato il ricorso per tardività, sostenendo che l’opposizione è stata presentata troppo tardi rispetto all’inizio dei lavori. «Il TAR non è entrato nel merito delle nostre contestazioni», ha spiegato Giovanni Marino. «Quando abbiamo presentato il ricorso non era stato realizzato nemmeno un terzo dell’opera, quindi il danno maggiore non era ancora stato arrecato; nonostante ciò, il ricorso è stato giudicato tardivo. È una decisione opinabile».

Purtroppo non è stato possibile appellarsi al Consiglio di Stato contro la sentenza, poiché nel frattempo la segreteria nazionale di Italia Nostra era in fase di transizione e il nuovo consiglio direttivo non era ancora operativo. Questo ha bloccato ulteriori azioni legali, lasciando i lavori liberi di riprendere anche velocemente. Nonostante ciò, il Comitato ha presentato due esposti, uno alla Procura della Repubblica di Lagonegro e uno alla Corte dei conti della Campania, di cui si attendono ancora gli esiti. «Abbiamo fatto un esposto alla Corte dei conti perché per finanziare il progetto sono stati utilizzati fondi europei destinati a opere di grande viabilità e non a una strada di montagna», ha spiegato ancora Giovanni.

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IL PARADOSSO DI UN’OPERA INUTILE E DANNOSA

Secondo Giovanni Marino, la strada non rappresenta un reale vantaggio per il territorio, anzi, rischia di danneggiarne il futuro. «Non credo che i turisti verranno dalla Svizzera per fare escursioni in quad sul Cervati», ha commentato ironicamente, riferendosi all’aumento di agenzie che già oggi organizzano tour motorizzati sull’area, ignorando le regole dell’Ente Parco, che nessuno si preoccupa di far rispettare.

La speranza del Comune di Sanza, infatti, è quella di attrarre più visitatori, ma il Comitato sostiene che una strada asfaltata non porterà turismo di qualità, piuttosto degrado e disinteresse per le peculiarità ambientali della montagna. «Stiamo cercando di far capire alla popolazione locale che esistono altre forme di sviluppo, più sostenibili, legate al turismo naturalistico ed ecologico». L’opinione della popolazione locale è tendenzialmente favorevole alla costruzione della strada, vista come un’opportunità per sviluppare l’economia turistica. «Il problema è che non c’è consapevolezza dei rischi ambientali e delle opportunità alternative».

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IL PUNTO DI VISTA DI APE, ASSOCIAZIONE PROLETARIA ESCURSIONISTI

Parallelamente, anche la sezione salernitana dell’Associazione Proletaria Escursionisti ha preso posizione sulla questione del Monte Cervati, con una camminata di protesta che si è tenuta il 14 ottobre 2023 nell’ambito della più ampia mobilitazione nazionale “Ribelliamoci Alpeggio”. «Abbiamo voluto accendere i riflettori su queste zone mentre a Milano si teneva il World Congress for Climate Justice, davanti a migliaia di partecipanti», ha commentato Daniele Bagnoli.

«Sul tavolo c’erano tante questioni legate alle Alpi, ma poco e niente sull’Appennino Meridionale, dove sembra che queste ferite debbano passare inosservate: è sintomatico del potere economico dell’opera, ma anche di una narrazione sbagliata che vorrebbe affidare ad una infrastrutturazione così impattante della montagna il rilancio del territorio, invece di puntare su altri tipi di servizi di base, come la manutenzione ordinaria, la sentieristica e sul rispetto delle leggi di un habitat così delicato».

«La costruzione della strada – ha concluso Bagnoli – è stata presentata nel paese come una panacea, come la soluzione a tutti i mali e, come spesso accade in realtà molto piccole in cui è molto forte il senso di appartenenza, un solo sì ne trascina con sé molti altri. Ormai la strada è stata praticamente completata, nonostante sia pienamente inserita in un Parco Nazionale, una zona patrimonio dell’UNESCO, SIC (Sito di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zona di Protezione Speciale). È necessario riflettere su cosa stia accadendo nella mente dei politici e delle comunità locali riguardo a questo fraintendimento tra turismo accessibile, sviluppo senza adeguata valutazione dei costi, e conservazione di ambienti speciali come il Cervati».

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LA BATTAGLIA CONTINUA

Nonostante la sentenza del TAR, la battaglia per il Cervati non è finita. Il Comitato è deciso a fare in modo che, strada o non strada, l’area protetta del monte Cervati sia salvaguardata. «Se la strada verrà completata, vigileremo affinché venga approvato dall’Ente Parco e applicato rigorosamente un regolamento coerente con il piano di gestione della SIC/ZPS che disciplini l’accesso dei veicoli a motore nell’area protetta». D’altro canto, il Comitato si impegna a promuovere attività di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza, con il supporto di esperti, per far conoscere i valori naturalistici e biologici presenti nell’area.

Parallelamente, il Comitato sta raccogliendo fondi per coprire le spese legali e finanziare le attività di sensibilizzazione. Chi desidera sostenere la causa può effettuare un bonifico all’IBAN: IT78H0706676650000000429389, intestato all’associazione “W il Lupo”, con la causale: “Contributo per il Cervati”.

La battaglia per il futuro del Monte Cervati è un esempio di come la difesa del patrimonio naturale non sia solo una questione di leggi e autorizzazioni, ma anche di consapevolezza collettiva e responsabilità. E se la storia recente ha dimostrato quanto sia difficile fermare l’avanzata del cemento, resta ancora la speranza che la voce della natura e di chi la difende possa prevalere.

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