Il sindaco Maurizio Onnis: “Le comunità energetiche dovrebbero spandersi a macchia d’olio”
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Per Maurizio Onnis, i comitati ambientalisti sono una garanzia per il futuro della Sardegna. «Ci sono dentro da dieci anni, e hanno una funzione importante: indicare la via da seguire se si vuole sottrarre la Sardegna dalla speculazione energetica. Servono a conservare il più possibile un’Isola sana, pulita e giusta, perché una politica ambientale fatta con un po’ di senno coincide anche col garantire maggiore giustizia e equità sociale, e i comitati lo faranno sempre. Tutti hanno lo stesso obbiettivo: rendere la Sardegna migliore».
In Sardegna, quando si pensa alle lotte ambientali, agli interventi collettivi a favore della transizione ecologica e alle buone prassi – anche istituzionali – per la tutela dell’ambiente, spesso si guarda a Villanovaforru come modello. In questo piccolo paese della Marmilla una crescente consapevolezza maturata negli anni ha portato a considerare la riduzione degli impatti ambientali una responsabilità comune: una scelta condivisa che si traduce in una rete di azioni comunitarie, prima per affrontare insieme la transizione ecologica, poi per fornire una risposta plurale e condivisa alla speculazione energetica. «In paese tutti sanno che chi vende un pezzo di terra sta vendendo il paesaggio di tutta la comunità».
La situazione in Sardegna dal punto di vista dell’energia è bollente: di speculazione energetica si parla da tempo eppure c’è chi guarda alle mobilitazioni popolari come lotte contrarie alla transizione energetica, o ancora peggio alle pale eoliche in quanto tali. Iniziamo allora dal principio: perché si parla di speculazione energetica e di colonialismo energetico nella nostra Isola?
Perché questi impianti una volta realizzati produrranno dei profitti enormi mentre le comunità locali, i territori e gli enti locali non avranno assolutamente nulla o pochi spiccioli. Il tutto è perfettamente legale e legittimo, ma se guadagno 100 da una cosa che ho comprato a 3, questa la chiamo speculazione. La colonizzazione poi è ancora più evidente: nessuno sa esattamente di quanta energia ha bisogno la Sardegna anche perché il Pears – Piano energetico ambientale della Regione Sardegna risale a gennaio 2016. Ciò che consumiamo, comprese le quote esportate, è enormemente inferiore [in gigawatt, ndr] al numero di gw per il quale sono state chieste connessioni a Terna in Sardegna.
Ipotizzando che moltissime di queste richieste non andranno in porto, se quelle approvate fossero anche solo un quinto delle attuali, produrrebbero comunque molta più energia di quella di cui la Sardegna ha bisogno. Se a questo dato si somma il guadagno, si capisce perché si parla di colonizzazione e speculazione. Anche perché a qualcuno viene in mente un altro motivo per cui tutte le grandi aziende italiane e straniere dell’energia si siano messe a correre con richieste di realizzazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile? Davvero pensiamo lo facciano per beneficienza?
Maurizio Onnis lei è sindaco di Villanovaforru, comune pioniere in Sardegna sia per quanto riguarda le comunità energetiche che rispetto alla coesione e alla consapevolezza collettiva come risposta a quella che anche lei ha spesso definito “l’arroganza” delle multinazionali. Come è andato il dialogo con la comunità?
A Villanovaforru da marzo 2014 esiste un comitato contrario alla speculazione, nato perché tra il 2013 e 2014 realizzarono un impianto mini-eolico di circa 13 aerogeneratori tra Sardara, Villanovaforru e Sanluri. Sono pale molto più piccole di quelle che vogliono installare adesso, oggi è anche cambiata la dimensione dell’investimento e dei profitti, ma la storia è sempre la stessa: anche quelle pale erano e sono ancora lì, sganciate da qualsiasi attività produttiva del territorio. Il mini-eolico dovrebbe infatti nascere per dare supporto alle aziende agricole collegate, eppure lì non c’è nessuna azienda quindi sono pale che producono energia elettrica e profitti per vent’anni, che vanno altrove.
In paese è da dieci anni che si parla di queste cose: quando l’anno scorso è cominciata a montare la marea contraria alla speculazione energetica, qua il terreno era pronto per opporsi. Quello che in questi anni è stato utile fare è discutere con i proprietari a cui sono arrivate proposte di utilizzo dei terreni, ma anche l’essersi trovati calati dentro un clima sociale non proprio favorevole alla vendita: in paese sanno tutti che chi vende quel pezzo di terra non sta vendendo “solo” quello, ma il paesaggio di tutta la comunità.
Le comunità energetiche possono essere un’alternativa alla speculazione energetica?
Possono essere uno strumento per la transizione energetica, su questo non c’è nessun dubbio: se uno autoproduce e autoconsuma energia sta sottraendo produzioni e consumo alle fonti fossili. Al momento però se si parla di speculazione energetica, si tratta di fenomeni che hanno scale completamente diverse. La comunità energetica di Villanovaforru, che fornisce energia a un centinaio di persone, dentro una sola delle pale che vogliono stanziare in questo territorio, cioè una da 6mw, ci sta 150 volte.
Perché diventino un qualcosa di ancora più determinante le comunità energetiche dovrebbero spandersi a macchia d’olio, tante e in ogni centro abitato, coprire tutti i tetti di tutti gli immobili, le aree dismesse e così via. Allora forse potrebbero diventare un’alternativa concreta dal punto di vista energetico e anche dell’equità, perché l’investimento fatto per la comunità energetica è fatto e produce profitti per i cittadini, niente a che vedere con una multinazionale che viene e dice “adesso vi mettiamo le pale” e poi si prende soldi e energia.
Nell’ultimo periodo la Giunta Todde è al lavoro per mettere a punto la legge sulle aree idonee. Lei ha sottolineato che “ai sindaci interessa sapere che le aree siano il meno possibile”, ricordando inoltre la questione relativa le aree ordinarie, dove “si giocherà la vera partita”. Nel frattempo c’è chi tra i Comitati dice che “in Sardegna non ci sono aree idonee”, chi invita al dialogo, ma di base spesso i termini idonee e ordinarie si sovrappongono creando confusione. Le chiedo: perché nelle aree ordinarie si giocherà la vera partita?
Secondo il decreto Pichetto Fratin, e ancora prima quello Draghi, le pale eoliche e il fotovoltaico si mettono sulle aree idonee e sulle aree ordinarie. Quindi se vengono definite le aree idonee, una volta definite anche le aree non idonee – in merito i criteri sono già regolati dalla legge – il resto è tutto area ordinaria, e lì si possono costruire i parchi; seguono solo un iter autorizzativo differente rispetto a quello delle aree idonee: si distinguono per la velocità del procedimento.
E per quanto riguarda le aree idonee? Possono “non esserci”?
Bisogna distinguere la realtà dalla retorica. L’affermazione “non ci sono aree idonee” è un’affermazione retorica che ha il suo valore limitatamente a questi campi. Anche io potrei dire non ci sono aree idonee perché sono convinto che in Sardegna non debbano essere costruiti impianti di quel genere, però le norme sulle aree idonee esistono, non è che non ci sono. Quindi o si trova un personale politico che è capace di prendere decisioni dirompenti ed è capace di dire “noi qui i parchi non li vogliamo quindi non esistono aree idonee” oppure niente; in questo secondo caso la frase ha solo valore propagandistico.
Tutti possono dire “non ci sono aree idonee” se pensano che debbano essere prese decisioni politiche che impediscano l’installazione di questi impianti. In quel caso certo, non ci sono aree idonee, ma le norme per queste ultime esistono quindi dipende tutto da chi siede in politica in Regione e dai confronti con lo Stato.
Altro tema che in questa estate ha spesso affiancato i discorsi sulla speculazione energetica riguarda l’iniziativa popolare della Pratobello ’24. Le firme, oltre all’appoggio alla causa, rappresentano anche un’occasione di coesione popolare, un messaggio chiaro dato alla Regione Sardegna e alla sua moratoria per la quale la Pratobello costituirebbe un’alternativa. Qual è secondo lei la funzione di questa proposta di legge?
Al momento si tratta di un disegno di legge che deve andare in Consiglio regionale dove, a seconda del cammino che gli fanno fare, può diventare una legge meravigliosa oppure essere dimenticata in un cassetto. La sua funzione in questo momento non è esattamente quella di essere una norma urbanistica che ci salverà, come dicono in tanti: la sua funzione è politica e cioè fare pressione sulla Giunta affinché la prendano in considerazione, ma quello che succederà dopo non lo sa nessuno.
Teoricamente il centrosinistra, arrivasse anche con 100mila firme, potrebbe calendarizzarla, metterla nei lavori delle commissioni, portarla in aula e quando sarà pronta per discussioni varie sarà ormai già pronta anche la legge sulle aree idonee che la Regione deve obbligatoriamente fare entro Capodanno. Dipende tutto da che gioco vogliono praticare.
Lei la firmerà?
Sì, certo che la firmo. Ritengo sia uno strumento importante per fare pressione ovvero per arrivare sostanzialmente a un accordo o a uno scontro con lo Stato, se è lì che dobbiamo andare, che non sia un compromesso al ribasso nel quale i sardi ci rimettono tutto.
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