26 Set 2024

CiòCheMangio: il cibo sano e locale diventa un ponte fra campagna e città

Scritto da: Francesco Bevilacqua

Torniamo a visitare CiòCheMangio, il progetto piemontese di CSA, acronimo che sta per Community Supported Agricolture. Lanciato dall'associazione CiòCheVale, si inserisce in una visione e una serie di iniziative volte a creare un modello agricolo, alimentare, socio-economico, turistico e di fruizione e valorizzazione del territorio capace di combinare benessere fisico, impatto sociale positivo e sostenibilità ambientale.

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Torino - Era l’autunno del 2022 quando abbiamo seguito con grande emozione i primi passi di CiòCheMangio, la CSA nata a Chieri nell’ambito del più ampio progetto CiòCheVale da un’idea di Alberto Guggino, amico di lunga data di Italia Che Cambia, e Pietro Liotta. La chiacchierata verteva su un concetto chiave: il cibo come bene comune, elemento equilibratore fra benessere fisico, equità sociale e impatto ecologico. Oggi, a due anni di distanza, ho risentito Pietro per scoprire dove hanno portato quei primi passi e ho scoperto che CiòCheMangio ha percorso molta strada. Direzione? Città!

LA CSA

Partiamo riprendendo il discorso un pelo prima di dove lo avevamo lasciato. Come successo per molte nascite di progetti analoghi in Italia, la levatrice di CiòCheMangio è stata Arvaia, progetto bolognese precursore che ha portato nel nostro paese il modello delle Comunità che Supportano l’Agricoltura e che ha seguito la genesi e il puerperio di tante altre CSA nostrane.

«Siamo rimasti affascinati dal loro progetto, che si sposava perfettamente con la nostra visione», ci aveva detto Pietro parlando di Arvaia. Ed è così che anche Chieri – che domina dalle colline le propaggini sudorientali dell’area metropolitana di Torino – ha avuto la sua CSA. «Lavoriamo molto sul territorio – mi spiega Pietro –, abbiamo fatto molti incontri con le altre realtà della Val Varaita e consolidato la sinergia con Arvaia».

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IL PERCORSO DI CIÒCHEMANGIO

Con lui rivivo i due anni che separano il nostro primo incontro con l’oggi. «Nel 2022, a gennaio, abbiamo iniziato un fase di test per poi cominciare la stagione a settembre con una sessantina di fruitori. Oggi siamo a 70 famiglie circa. La struttura è rimasta sostanzialmente invariata dal 2022, ma indubbiamente c’è stata una crescita di consapevolezza sul progetto che ha portato ad affermare sempre di più l’importanza del cibo legato alla salute e alla tutela dell’ambiente».

Il fil rouge dell’attività di CiòCheMangio è il legame con la comunità locale: «Abbiamo organizzato numerosi eventi sul territorio, soprattutto presso le cascine dei produttori perché è importante per noi far capire ai soci da chi e come vengono coltivati i prodotti». E in quest’ottica è fondamentale il dialogo con chi mette fisicamente le mani nella terra: insieme a quella dei soci infatti è cresciuta anche la consapevolezza dei produttori, che hanno creduto sempre di più nel progetto.

Si sono consolidate collaborazioni e sinergie, per quanto riguarda sia gli incontri con i soci che la formazione. «Per noi è basilare far capire cosa sta dietro al lavoro dell’agricoltore, le tecniche, i rischi d’impresa», sottolinea Pietro. La gran parte dei produttori è molto giovane – «il più giovane di tutti ha solo 25 anni» – e non tutti provengono da famiglie di agricoltori, molti hanno investito per passione e per dare un seguito agli studi compiuti. «Questi ragazzi credono nella loro attività e ci investono molto e quindi avere dietro una comunità di fruitori che garantisca presenza e rispetto del lavoro per loro è importante».

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Quasi tutte le aziende agricole che riforniscono CiòCheMangio hanno anche altri canali come vendita diretta in cascina o nei mercati – «siamo in una zona agricola collinare con tanti piccoli borghi e il commercio di prossimità è ben radicato», mi spiega Pietro. Ci sono anche un paio di fornitori più strutturati: una cooperativa sociale inserita in circuiti commerciali più ampi ma sempre legati al mondo del sociale e uno che lavora molto con i Gruppi d’Acquisto solidale. Complessivamente c’è pochissima vendita all’ingrosso.

LA CAMPAGNA INCONTRA LA CITTÀ

La chiacchierata con Pietro si dirige verso il suo clou, il grande obiettivo perseguito da CiòCheMangio in questi ultimi 24 mesi. «Siamo nella collina di Torino – la città dista una ventina di minuti – e il nostro obiettivo è quello di valorizzare l’economia del territorio. Lo facciamo anche attraverso gli altri progetti dell’associazione CiòCheVale, ad esempio la “blue way piemontese” Pistaaa, e per dare corpo al nostro scopo abbiamo contattato una serie di realtà cittadine – associazioni, case di quartiere, gruppi informali – per capire se c’erano sensibilità e interesse verso questo tipo di modello e quanto la collina fosse conosciuta».

La CSA ha lavorato a tappeto per quattro mesi contattando un’infinità di realtà – «soprattutto le case di quartiere che sono degli aggregatori che fanno un lavoro attivo sul territorio e raccolgono sotto lo stesso tetto associazioni e attività eterogenee», precisa Pietro – e ha iniziato a organizzare una serie di eventi presentando il proprio progetto.

Per noi è basilare far capire cosa sta dietro al lavoro dell’agricoltore, le tecniche, i rischi d’impresa

Ed ecco il feedback che mi restituisce il coordinatore di CiòCheMangio in merito all’iniziativa: «Ci hanno sorpreso due cose: la prima è l’interesse per questo modello che era sconosciuto e che superava quello presente a Torino, quello dei GAS». Gli chiedo di spiegarmi meglio il concetto. «Quello della CSA non è migliore ma è diverso: non è commerciale, si basa molto su partecipazione, solidarietà e condivisione. L’adesione a una CSA è un atto di consapevolezza, di interesse per ambiente, salute e benessere delle persone».

L’altro aspetto sorprendente è stata la risposta all’approccio di CiòCheVale, che ha proposto di creare delle piccole cellule su vari quartieri di Torino per dare vita a una comunità estesa a livello cittadino con i prodotti del circuito della CSA. «L’interesse c’è stato e abbiamo aperto già due punti di distribuzione gestiti dai soci e ne abbiamo in cantiere altri. Questo è molto importante per noi perché cominciamo a seminare un modello di cambiamento nella città metropolitana e questo permette di crescere».

L’organizzazione è semplice: «Ogni martedì i produttori portano i loro prodotti in uno spazio a Chieri messo a disposizione da un nostro socio; lì altri soci volontari preparano le cassette e nel pomeriggio i soci vengono a ritirarle. Su Torino ci siamo organizzati attraverso un nostro produttore che, remunerato, con un furgone porta le cassette nei punti di distribuzione, anch’essi gestiti da soci volontari. Il modello è uguale a Chieri e a Torino».

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FORMAZIONE, DIVULGAZIONE, SENSIBILIZZAZIONE

Soprattutto in città questa iniziativa è stata molto apprezzata perché le persone – in primis i soci, che fruiscono direttamente del servizio – stanno cominciando a essere sempre più consapevoli della necessità di avere cibo sano, prodotto nel rispetto dell’ambiente». Per questo da un po’ di tempo CiòCheMangio, insieme agli agricoltori della sua rete, ha iniziato a fare formazione, in particolare con un momento dedicato ogni settimana alla spiegazione dei prodotti stessi: come vengono coltivati, quali sono le loro qualità e così via. Per farlo viene girato un video, che poi viene condiviso.

«La consegna delle cassette è corredata da video – precisa Pietro –, da alcune ricette e da foto dei produttori sul campo. Diffondiamo anche altri video con un taglio più divulgativo in cui i produttori raccontano opportunità e criticità della loro attività». Un esempio? Fra aprile e giugno a Torino ha piovuto tantissimo e questo ha causato grandi problemi a livello agricolo. I produttori hanno tenuto aggiornati i fruitori e questo è stato molto considerato, molti hanno detto che non immaginavano che si potessero creare queste criticità e hanno apprezzato l’impegno.

Questa iniziativa si inserisce in un flusso di comunicazione soci/produttori molto intenso: ogni anno viene organizzato un evento a cui partecipano tutti i soci. In quell’occasione si lavora in gruppi per capire quali potrebbero essere gli sviluppi e le evoluzioni, le debolezze e gli aspetti da migliorare della comunità.

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NON SOLO AGRICOLTURA

Pietro passa a illustrarmi alcune iniziative che escono dal campo dell’approvvigionamento alimentare per sconfinare in altri ambiti, dando così a CiòCheMangio un carattere sistemico e facendone un progetto in grado di rappresentare davvero un modello di vita a 360 gradi. «Nella nostra quota per ogni cassetta c’è una parte destinata a un fondo di solidarietà che poi devolviamo a sostegno di situazioni di accertato disagio. Ma non solo: accompagnati dai servizi socioassistenziali, abbiamo introdotto nella preparazione delle cassette tre persone con disabilità cognitiva certificata». Gli operatori riferiscono che c’è stato un notevole miglioramento da parte di queste persone, che avevano forti necessità di relazione e di sentirsi partecipi nella costruzione di qualcosa.

«Non ci fermiamo qui», promette Pietro. «Il nostro obiettivo a breve termine è fare molta formazione con una serie di eventi come incontri, laboratori con soci o potenziali soci e coinvolgimento di altre categorie svantaggiate. Stiamo preparando un piano di formazione con video e film, la cosa più importante è creare consapevolezza – che oggi in tante realtà manca –e per farlo coinvolgiamo persone con competenze di alto livello su alcuni aspetti chiave. Speriamo che la comunità ci segua!».

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La partita si giocherà su due campi, quello della collina e quello urbano torinese. Destinatarie della comunicazione sono in particolare alcune categorie di persone svantaggiate, soprattutto dal punto di vista economico: «Vogliamo mettere in campo azioni di supporto per cercare di far sì che queste persone abbiano maggiore consapevolezza, poiché spesso chi ha pochi soldi si rivolge alle fasce più basse della GDO acquistando prodotti con un impatto negativo forte su ambiente e salute. Inoltre vogliamo parlare alle famiglie exrtacomunitarie che spesso abbandonano la loro tradizione alimentare per occidentalizzarsi, abbracciando un’alimentazione malsana. Il nostro scopo è aiutarle a rispettare le tradizioni e mostrare loro la parte più sana del cibo del territorio».

CiòCheVale APS, l’associazione che ha dato vita a CiòCheMangio, ha messo in campo diverse iniziative. «Oggi fra le attività principali su cui lavoriamo sono la CSA e Pistaaa, la blue way che vuole incentivare il cicloturismo in Piemonte a cui hanno già aderito più di 35 Comuni e che, grazie all’attivazione di diversi percorsi, alla cartellonistica e alla mappatura ha già acquisito una certa notorietà». Il megafono di queste iniziative è Il Picchio Verde, la rivista di CiòCheVale, che non fa altro che enfatizzare e presentare tutto ciò che realizzato con Pistaaa e la CSA.

«I progetti sono tutti legati», sottolinea in conclusione Pietro allargando l’obiettivo per consentirmi di cogliere la natura sistemica di ciò che sta avvenendo in quest’angolo d’Italia. «L’obiettivo di Pistaaa è valorizzare il territorio e i borghi attraverso la mobilità dolce e nei percorsi che proponiamo indichiamo sempre le realtà agricole e artigianali presenti nell’area. Questo si sposa perfettamente con la CSA e offre al cicloturista l’opportunità di conoscere le realtà della rete». Un cerchio che gira, che si apre e si chiude ritmicamente. Come le ruote di una bicicletta. Come le stagioni che regolano la vita nei campi e sulla Terra.

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