30 Set 2024

Il Centro Emmaus e la sua storia di inclusione, solidarietà ed emigrazione “al contrario”

Scritto da: Redazione
Intervista di: DANIEL TAROZZI E SELENA MELI

Arrivano dalla Svizzera e da Torino le anime del Centro Emmaus, una realtà strutturata e ben ramificata che nella Locride si occupa di accoglienza, inclusione e socialità, lavorando soprattutto con le fasce più giovani. Una storia di solidarietà e di emigrazione "al contrario", i cui protagonisti hanno lasciato casa e lavoro al nord dopo essere stati vittime di un "colpo di fulmine" per la Calabria.

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Reggio Calabria - Gabriele Gallo Cassarino e Ionada Zenuni sono una coppia, felicemente sposata da più di dieci anni. Due anni fa hanno lasciato Torino, la loro città, la loro casa e il loro lavoro per raggiungere la Calabria, proprio come all’inizio degli anni ’60 fecero Ernesto e Rose-Marie Bretscher, partiti dalla Svizzera insieme ai loro cinque figli per fondare il Centro Emmaus a Roccella Jonica, in provincia di Reggio Calabria. 

LA STRUTTURA DEL CENTRO EMMAUS

Il Centro Emmaus è un centro evangelico che sin dalla sua nascita, nel 1968, si è occupato di accogliere e prendersi cura di bambini, adolescenti e giovani. Il Centro appartiene alla Chiesa evangelica della Riconciliazione, movimento presente su tutto il territorio nazionale a cui appartengono circa 40 chiese locali. Emmaus è anche socio del Consorzio sociale Goel, che raggruppa imprese sociali del territorio e ha come mission il cambiamento della Locride e della Calabria.

Centro Emmaus

Nell’ aprile del 2009 nasce, accanto ad Emmaus, la cooperativa sociale Arca della Salvezza, che gestisce varie attività del Centro e, come cooperativa sociale di tipo A e B, si impegna anche all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, anche attraverso progetti in favore della nostra zona. Da sempre porte aperte ai servizi di volontariato, è una risorsa preziosa per il Centro.

IL “COLPO DI FULMINE” PER LA CALABRIA

Nella stanza sopraggiunge Geri Bantel, che insieme ad Annalisa dirige il Centro, «ma non sono io il fondatore!», tiene a precisare, per poi parlarci dei fondatori, Ernesto e Rose-Marie, venuti da lontano per seguire la chiamata del Signore Gesù in Calabria. «Ernesto – racconta – venne in Calabria nel 1959 per la prima volta, tornò nel 1960 dopo aver venduto la sua casa in Svizzera».

Fu Rose-Marie a insistere per trasferirsi qui, perché dopo esserci stata ne era rimasta fulminata. «Così lui decise di andare da solo in Calabria per capirne le ragioni e arrivato qui anche lui rimase ammaliato», prosegue Geri divertito. Poi però si fa serio quando spiega le ragioni di quel “colpo di fulmine”: «Ernesto vide la povertà non solo materiale ma anche sociale, lo sfruttamento dell’ignoranza delle persone e altre cose assurde, come la Chiesa che in quella fase diceva la messa in latino senza che nessuno capisse niente. Decise anche lui di venire qui». 

Centro Emmaus

Così Ernesto ottenne la licenza come venditore ambulante di libri e si mise a vendere libri di contenuto spirituale alle feste religiose, facendo gli annunci ad alta voce tra la gente, distribuendo il Nuovo Testamento ed entrando così in conflitto con i preti del posto. Poi comprò una tenda, da dove ogni sera annunciava il Vangelo. «Per le prime due settimane rimase da solo nella tenda – sorride Geri – ma sapeva che la gente sui balconi lo ascoltava. Fu dura: diedero fuoco alla tenda, misero la sabbia nel serbatoio della sua macchina. Ma non si arrese». 

L’emigrazione era molto frequente tra le famiglie calabresi. I padri al nord o all’estero e i figli spesso negli istituti religiosi. Quando diversi bambini sono stati respinti dagli istituti cattolici perché le madri avevano iniziato a frequentare la chiesa evangelica, Ernesto e Rose-Marie Bretscher hanno deciso di accoglierli accanto ai cinque propri figli nella propria famiglia. È il 1968 quando, con l’aggiunta dei tanti bambini, decidono di affittare un appartamento a Siderno e poi di acquistare un albergo in disuso a Roccella Ionica: la prima “Casa dei bambini”. 

Fu dura: diedero fuoco alla tenda, misero la sabbia nel serbatoio della sua macchina. Ma non si arrese

IL CENTRO EMMAUS OGGI

Torinese lui, albanese lei. Oggi Gabriele e Ionada vivono proprio in quella casa. Li abbiamo incontrati per cercare di capire cosa abbia spinto questa giovane coppia a trasferirsi quaggiù. «Due anni fa abbiamo fatto una scelta vocazionale: lasciare i lavori, la famiglia e venire qua. Nel corso della nostra storia di coppia frequentavamo una chiesa evangelica a Torino e lì abbiamo iniziato a partecipare ad alcune attività legate all’ambito comunitario di chiesa», racconta Gabriele.

Attività rivolte alla famiglia in generale, attività con i bambini, per esempio campeggi, e soprattutto corsi di formazione e incoraggiamento per l’edificazione della coppia. «Al principio lavoravamo con Agape Italia, con un progetto dedicato alle coppie – home builders, costruzione della casa appunto –, un percorso dove la coppia impara a confrontarsi e dialogare. Abbiamo scoperto anche nella nostra relazione di coppia che questo lavoro ci piaceva e ci riusciva bene e ci completava». 

Centro Emmaus
Il nostro direttore Daniel Tarozzi insieme a Ernesto Bretscher, Gabriele Gallo Cassarino e Ionada Zenuni

«Non era il nostro lavoro principale, ma nemmeno un hobby; abbiamo visto che lavorare insieme ci faceva bene», aggiunge Ionada. «Alla fine di questo percorso abbiamo maturato un progetto preciso: avere una casa nostra dove le persone potessero venire per trovare momenti di ristoro dell’anima, dello spirito, prima di tutto. E poi un posto che potesse ristorare anche il corpo». 

E infatti, insieme agli altri abitanti della comunità, Gabriele e Ionada si prendono cura della “Casa per ferie”, che è solo una parte del Centro Emmaus. D’estate si occupano dell’accoglienza dei gruppi in visita, gruppi di bambini,  giovani o famiglie che in genere trascorrono qui un periodo di una settimana di ritiro spirituale misto a vacanza, oppure di vacanza. Durante l’anno – ci raccontano – vivono all’interno della struttura. «Per noi il Centro è vivo anche quando non ci sono le 100-150 persone che sono qui d’estate. È vivo perché ci sono la casa famiglia, la fattoria didattica e molte altre attività», chiosa Gabriele.

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