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Usati erroneamente come sinonimi, bioarchitettura e bioedilizia sono in realtà due concetti correlati che si riferiscono a pratiche sostenibili nell’ambito della costruzione e dell’architettura, ma con focus differenti. Mentre la bioarchitettura si concentra sul progetto globale dell’edificio, sulla sua integrazione con il contesto in cui si inserisce e sul benessere dei futuri abitanti, la bioedilizia si occupa più delle tecniche costruttive e dei materiali utilizzati – per lo più naturali – per realizzare edifici ecologici e sostenibili.
Sono due facce della stessa medaglia, perché i concetti sono complementari: in termini di visione complessiva e di principi guida, la bussola è la bioarchitettura, mentre la “cassetta degli attrezzi” con gli strumenti e le tecniche per concretizzarla invece sono la bioedilizia. Per orientarmi meglio in questa oscura selva di termini e concetti già sentiti tante volte, ma a cui può essere complesso dare definizioni certe, ho fatto una chiacchierata con Francesca Gagliardi, architetta, permacultrice e progettista de La Tabacca.
BIOARCHITETTURA
La bioarchitettura è per sua natura più progettuale e mira a creare edifici e spazi armoniosamente integrati con il contesto naturale, seguendo un “approccio olistico”, come lo definisce l’architetta.
Le colonne portanti sono:
- una progettazione sostenibile: l’impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita, dalla costruzione alla demolizione, è minimo;
- il benessere di coloro che andranno ad abitare gli spazi: un occhio di riguardo alla salute degli occupanti, garantendo un ambiente interno salubre proprio grazie all’impiego di materiali non tossici, alla qualità dell’aria indoor e all’illuminazione naturale;
- l’integrazione con l’ambiente: gli edifici progettati seguendo i principi della bioarchitettura rispettano il contesto naturale, culturale e climatico in cui sono inseriti.
Un esempio me lo fornisce proprio Gagliardi: «Quando si progetta l’impianto idraulico in una casa che vuole essere più sostenibile, bisogna ragionare in modo diverso rispetto a “una casa tradizionale”». Pensiamo agli elettrodomestici che ci capita di usare più o meno tutti i giorni, come lavatrice e lavastoviglie.
«Una cosa che faccio sempre è inserire un duplice ingresso per il tubo dell’acqua calda. Mi spiego meglio: in una casa dove sono stati installati i pannelli solari che scaldano l’acqua grazie al sole, devo fare in modo di non mandare l’acqua fredda alla lavastoviglie, la quale poi attiva una resistenza elettrica per portarla alla temperatura scelta per il lavaggio, ma studiare un sistema per impiegare quella invece già calda che ho a disposizione».
Ci sono diversi modelli di lavatrici “bitermiche”, ossia a doppio attacco e senza resistenza in commercio. «Si realizza così un risparmio energetico ulteriore e non da poco con un sistema piuttosto semplice», sottolinea. Ecco quindi fare capolino quella parte di pensiero progettuale relativo all’impiantistica che offre, in effetti, una panoramica a più ampio respiro.
Un’altra tecnica? Per favorire la circolazione di aria raffrescata in modo naturale si può sfruttare la temperatura costante del terreno che riesce a raffreddare l’aria che viene poi immessa negli edifici. Facendo passare delle tubature sotto terra, a una profondità dove la temperatura del suolo è relativamente stabile tutto l’anno, l’aria cede calore al terreno e, una volta immessa negli ambienti interni, contribuisce a mantenere una temperatura piacevole. «Un condizionatore naturale, quindi». Questo è un altro aspetto progettuale di un occhio che sa guardare all’edificio e alla sua vivibilità a 360°.
Infine Bioarchitettura è anche un marchio energetico ambientale registrato – INBAR – Istituto Nazionale BioARchitettura – che consente l’attribuzione di una certificazione di qualità per determinare il grado di sostenibilità di un intervento edilizio, in coerenza con le principali esperienze nazionali tra cui il Protocollo ITACA per la certificazione energetica e ambientale di un edificio.
BIOEDILIZIA
La bioedilizia invece si focalizza sugli aspetti più tecnici della costruzione sostenibile. Ecco alcuni dei suoi principi cardine:
- la scelta di materiali ecocompatibili: naturali, riciclati o a basso impatto ambientale, come legno certificato FSC, calce, paglia, canapa e terra cruda. In generale, l’integrazione armonica con il contesto geografico porta verso l’architettura organica e il regionalismo attraverso l’uso di materiali locali, spesso anche più ecosostenibili;
- tecniche costruttive: la riduzione dei consumi energetici e idrici durante la fase di costruzione e la gestione sostenibile dei rifiuti edili limita anche l’impatto ambientale;
- efficienza energetica: l’isolamento termico – si ottiene inserendo nelle pareti e nei solai uno strato di materiale isolante, meglio se all’esterno per mantenere i muri caldi ed evitare ponti termici –, l’installazione di pannelli solari e lo studio di sistemi di riscaldamento e raffreddamento passivi implementano l’efficienza energetica dell’edificio.
In Italia ci sono diversi esempi di materiali naturali rinnovabili, quanto insoliti: uno tra tutti la lana di pecora per l’isolamento termoacustico, idea di una start-up sarda, Brebey. In Liguria invece c’è una struttura ricettiva sostenibile al 100%, Cà del Buio, ristrutturata con tecniche ecosostenibili, tra cui il recupero e il riutilizzo di materiali esistenti oppure l’uso di materiali naturali e di prossimità.
Per saperne di più, leggi gli articoli di Io rifaccio casa così e sull’abitare sostenibile.
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