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Il fuoco è uno degli elementi basilari per l’esistenza della vita stessa. Ha una simbologia universalmente riconosciuta e una connotazione ambigua, duale. Feroce e rassicurante, il fuoco pretende rispetto e necessita di libertà, anche nei momenti terribili in cui si palesa in forma di devastante rogo.
LA PRIMA TECNOLOGIA
Nell’ambiguità il fuoco si esprime in modo totalizzante e universale, la dualità di questo elemento si manifesta esattamente come la coscienza umana. Da un lato la dimensione esterna, uranica quindi solare che possiamo percepire tramite i sensi superficiali attraverso la luce e l’analisi razionale, la cognizione. Dall’altro lato invece abbiamo la dimensione interiore, ctonia quindi magmatica che possiamo percepire tramite l’intuito attraverso il calore delle emozioni, del pensiero astratto e dell’irrazionalità.
Il fuoco quindi rappresenta la conoscenza acquisita, la consapevolezza della sapienza innata. Rappresenta anche il dominio sulla natura e sugli dèi, come evidente dal mito di Prometeo e come evidente da tutti gli studi scientifici e umanistici che legano lo sviluppo delle capacità cognitive umane all’utilizzo del fuoco a scopo di difesa, conservazione degli approvigionamenti e struttura sociale.
GIANO BIFRONTE
Come già affrontato in articoli precedenti, il fuoco esteriore viene ritualmente celebrato nei solstizi e rappresentato dal bifrontismo del dio Giano, la dualità per eccellenza. In Sardegna il solstizio invernale è sigillato nei fuochi di Sant’Antonio e quello estivo in quelli di San Giovanni, attraverso questi riti ci si assicura protezione e gestione efficace delle risorse.
D’altronde il fuoco estivo è uno degli spauracchi più terribili per la nostra cultura, molto più de Sa mamma de su sole – “la mamma del Sole” – che protegge i deboli dall’aggressività della canicola estiva. I roghi estivi sono spauracchi molto ben radicati, che sottolineano l’esplosione dell’irrazionalità più estrema, che lasciano attoniti e impotenti e che spesso vengono inquadrati come strumento occulto di gestione territoriale.
IL FUOCO NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO SARDO
L’estate in Sardegna è molto impegnativa per gli autoctoni: un po’ per l’assalto turistico di massa, un po’ per il fermento delle comunità soprattutto interne che si preparano a riaccogliere gli emigrati, un po’ per l’aumento generale delle temperature, il cambiamento progressivo del clima, la siccità e parecchio per la paura degli incendi boschivi, che negli ultimi anni son sempre più vicini ai centri abitati.
L’opinione pubblica locale è sempre molto compatta nel condannare questi atti dolosi, ma è molto divisa sulle motivazioni che potrebbero spingere a questi atti. Nell’immaginario collettivo il primo riferimento è immediato alla Carta de Logu, una raccolta di leggi in lingua sarda del 1392 promulgata nel Giudicato di Arborea a firma della Giudichessa Eleonora.
L’oggetto delle norme contenute nella terza sezione è Ordinamentos de fogu, dal cap. XLV al XLIX ci si sofferma sulle norme antincendio, sulle punizioni per il fuoco doloso nelle abitazioni e nelle colture, a dimostrazione che questo elemento era già ben innestato negli equilibri socioculturali sin dal medioevo. Un altro riferimento è il romanzo di Grazia Deledda L’incendio nell’oliveto, opera in cui è chiara la correlazione tra incendi dolosi e vendetta a scopo di riequilibrio in pieno stile Codice Barbaricino.
AMBIGUITÀ DEL FUOCO
Scalda, ma può bruciare. Cuoce, ma può incenerire. Questa è la sua ambiguità e tutto questo tiene tutti in tensione, tra paura e tracotanza. In questa moderna era di progresso inteso come dominio della natura e di transizione energetica, il superamento della combustione come processo propulsivo preme con sempre maggior vigore. Ne è una dimostrazione la prima olimpiade moderna senza fuoco olimpico a combustione grazie a una innovazione tecnologica che crea un connubio fra luce elettrica e vapore acqueo.
Il fuoco assume sempre più un valore negativo, di distruzione e di devastazione irreversibile. Nell’isola attualmente i ruoli dei fuochi dolosi ruotano tra la follia del singolo piromane fino alla singolare correlazione con la speculazione energetica. Che si tratti di tentativi di tutela o di incenerimento con lo scopo di vendita non è dato saperlo. L’unica verità è che bisognerebbe mutare la nostra visione del fuoco, sia esteriore che interiore. Non dominio ma padronanza, come l’utilizzo della luce del sole per l’agricoltura. Non gestione ma comprensione, come il miracolo dell’accettazione dei propri sentimenti ed emozioni.
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