2 Ago 2024

Emergenza siccità, quali sono le soluzioni messe in atto dalla politica?

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Per arginare l’emergenza siccità la Regione Sicilia, supportata dal Governo nazionale, ha messo in campo un piano con tutta una serie di opere previste per una “scommessa da vincere”, secondo le parole del governatore Schifani. Forse non ancora a tutti, ma appare evidente la necessità di un piano di azione capace di guardare al futuro e che tenga bene a mente gli effetti del cambiamento climatico.

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Razionamento della risorsa idrica, abbassamento della pressione in rete con l’obiettivo di ridurre le perdite idriche all’interno delle reti di distribuzione e consentire un risparmio, ricerca di nuovi pozzi, autobotti, navi cisterna, pulizia della rete da fanghi e rifiuti, riavvio dei dissalatori. Sono alcune delle soluzioni che la Regione Sicilia sta cercando di attuare per risolvere l’emergenza siccità in atto. Nei giorni scorsi, durante una riunione tecnica con l’Assessorato, dopo le ultime difficoltà degli agricoltori, si è pensato addirittura di traslocare i pesci da un invaso all’altro per poter usare l’acqua per irrigare i campi, senza tener conto all’impatto che un scelta del genere avrebbe sulla vita degli animali e sull’ecosistema di ogni singolo invaso.  

Come abbiamo avuto già modo di raccontarvi è soprattutto la rete irrigua ad avere maggiori difficoltà, ma questo non vuol dire che il problema non sussista anche per la rete idropotabile come appare evidente nel caso di Agrigento. Una pianificazione di medio e lungo termine per rendere il sistema resiliente alla siccità oggi esacerbata dal cambiamento climatico, i cui effetti non si arresteranno di certo da qui ai prossimi anni e neanche a emergenza finita, sarebbe la soluzione più auspicabile. Non è solo una questione di quantità di pioggia, purtroppo ben oltre sotto la media, ma anche del tipo di precipitazione.

Negli ultimi anni la pioggia si è distribuita in pochi eventi di forte intensità e concentrati in un lasso di tempo breve. Fenomeni impropriamente definiti come “bombe d’acqua” che scaricano un quantitativo d’acqua elevato che purtroppo serve a ben poco per il settore irriguo. Non ristorano neanche l’umidità del suolo. Questo cambiamento ha prodotto meno volumi idrici all’interno degli invasi, al di là della dubbia gestione, perché il deflusso che arriva è più basso rispetto a quello che dovrebbe essere mediamente.

Emergenza siccità, quali sono le soluzioni messe in atto dalla politica?
L’emergenza siccità è esacerbata dai cambiamenti climatici e da una diversa piovosità

«L’assenza di precipitazioni tra febbraio e marzo, sommata a quella dei mesi da ottobre a dicembre, non poteva che generare questo tipo di condizione. Sapevamo che la conclusione sarebbe stata questa. Le previsioni dei prossimi sei mesi danno una piovosità sotto la media, non possiamo aspettarci che le piogge tra ottobre e dicembre facciano rientrare il problema. Si prevede che l’invaso Ancipa sarà vuoto da qui a fine settembre, il Rosamarina con un uso oculato delle risorse idriche potrebbe darci acqua fino a dicembre senza svuotarsi» commenta Leonardo Valerio Noto, Professore ordinario di Idrologia presso l’Università di Palermo.

Per molti tecnici lo scenario appariva e appare prevedibile. Ecco perché per far fronte alle richieste di volumi idrici, soprattutto in periodi in cui le precipitazioni saranno scarse e con le caratteristiche sopra riportate, sono necessari interventi di ammodernamento al sistema idrico, con la sistemazione e l’efficientamento delle reti consortili in maniera tale che le perdite idriche siano limitate a perdite fisiologiche. Si pensi che dei 700/800 milioni di metri cubi d’acqua immessi nella rete, il 50% della risorsa va perso andando nuovamente a infiltrarsi all’interno del suolo. 

«Mi auguro che la politica stia comprendendo la gravità e che non se ne dimentichi quando l’emergenza sarà superata, dando priorità ad attività che servano a ridurre i rischi e la vulnerabilità dei territori. Per anni l’ambiente è sempre stato messo in secondo piano, ancora adesso sono molti gli scettici, anche in ruoli decisivi. Continuare con questa mentalità è solo deleterio, lo dimostrano gli eventi, ogni anno le varie “emergenze” ci presentano regolarmente i conti e non si può più farla franca» continua Leonardo Valerio Noto.

Emergenza siccità, quali sono le soluzioni messe in atto dalla politica?
Per arginare l’emergenza siccità è necessaria una politica che metta in primo piano l’ambiente

A maggio scorso il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato d’emergenza nazionale per la siccità in Sicilia, come richiesto dalla giunta regionale, stanziando i primi 20 milioni di euro. Partendo dal presupposto ovvio che occorre un piano di azione capace di guardare al futuro, che tenga bene a mente i cambiamenti climatici in atto e fare in modo che non ci si ritrovi a gestire situazioni di “emergenza” già prevedibili, proviamo a capire meglio alcune delle soluzioni messe in campo dalla politica in questi mesi

AUTOBOTTI

Ammonta a circa un milione e mezzo di euro la cifra destinata per la manutenzione e l’acquisto di autobotti per il rifornimento idrico. È questa la somma complessiva dei primi contributi autorizzati dalla Protezione civile siciliana per contrastare la forte siccità che sta colpendo l’Isola. La cifra è così distribuita: 977mila euro per riparare 98 autobotti, 389mila euro per acquistarne 10 usate e 167mila euro per comprarne una nuova.

Per la maggior parte quindi si tratta di lavori di manutenzione di mezzi già nelle disponibilità degli enti. Intanto il costo di approvvigionamento da un’autobotte da 8mila litri è passato in pochi mesi da 50 a 160 euro, favorendo l’illegalità con numerosi esempi di acqua venduta di cisterne di privati la cui provenienza e salubrità è molto incerta.

L’isola ha tanti problemi e quasi tutti si collegano al problema dell’acqua, che si perde nei meandri della burocrazia e della mafia

NAVI CISTERNA

In un articolo precedente vi abbiamo raccontato delle navi cisterna che forniscono l’acqua a molte delle isole minori della Sicilia. Una soluzione tappabuchi, come conferma anche il sindaco di Licata, dove da qualche giorno è attraccata la nave Ticino della Marina militare con un carico di 1.200 metri cubi di acqua. Un rimedio che può bastare per pochi giorni come sollievo momentaneo.  

POZZI

Il governatore Renato Schifani ha annunciato ulteriori 70 milioni di fondi contro l’emergenza con 100 nuovi pozzi, oltre al revamping e ripristino di pozzi già esistenti, costruzione di bypass e condotte di collegamento, potenziamento dei sistemi di sollevamento e pompaggio. «Nell’immediato si può intervenire con la ricerca di nuovi pozzi soprattutto per il settore idropotabile, ma andando così in profondità si rischia molto la salinizzazione delle falde, soprattutto in prossimità della costa, e recuperarle richiederebbe decenni. Così è successo in provincia di Ragusa e Siracusa, senza considerare i costi di sollevamento molto alti», spiega Giuseppe Cirelli, Professore ordinario di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali presso l’Università di Catania. 

DISSALATORI

Nelle operazioni che richiedono più tempo rientra la ristrutturazione e il riavvio dei dissalatori di Porto Empedocle, di Trapani e di Gela, in stato di abbandono da anni e progressivamente dismessi per l’elevato costo energivoro ed economico di questi impianti ormai obsoleti. Il riavvio richiede infatti tempi e procedure di gara abbastanza lunghe, non essendoci – si legge sul sito della Regione Sicilia – deroghe sostanziali in materia ambientale e di appalti sopra soglia comunitaria. Il dissalatore di Trapani, ad esempio, che avrebbe dovuto risolvere i problemi della città e dei Comuni vicini, è fermo dal 2014. Ha funzionato per nove anni tra tante interruzioni e problemi di vario tipo.

Emergenza siccità, quali sono le soluzioni messe in atto dalla politica?
Tra le soluzioni in atto c’è anche l’idea di riavviare i dissalatori già presenti in Sicilia

Guasti e altissimi costi energetici e di manutenzione lo hanno portato all’abbandono, oltre a danni alle condutture idriche dovuti all’acqua non correttamente dissalata e alle infiltrazioni in terreni ed edifici. Per non parlare, come scrive Giacomo Di Girolamo, delle «tangenti pagate ai politici nazionali e locali, in particolare per la concessione del terreno dove si doveva realizzare l’impianto. Un caso che fa scuola».

Nell’accordo per il fondo di solidarietà fatto con il Governo, la Sicilia ha stimato che per far tornare in funzione tutti e tre i dissalatori servano circa 90 milioni di euro. Dei 20 milioni di euro finanziati dalla Regione per un efficientamento e miglioramento delle infrastrutture idriche, un milione sarà destinato al dissalatore di Porto Empedocle, fermo da 12 anni senza mai aver subito una manutenzione per via dei costi di gestione esosi.

I nuovi impianti a osmosi inversa permettono di erogare acqua a basso costo energetico ed economico da destinare al settore idropotabile, svincolando risorse a basso costo per l’irriguo. Usare la risorsa idrica dissalata per l’irriguo infatti metterebbe fuori mercato i prodotti dell’agricoltura. Gli esempi sparsi nel Mediterraneo non mancano.

«A Malta il 65% di tutto il settore idropotabile si approvvigiona tramite dissalazione e il 35% tramite acque sotterranee. L’acqua dissalata costa dai 0,60 centesimi a 1 euro al metro cubo, non sarebbe sostenibile per il settore dell’irrigazione. Rispetto all’Italia, l’isola di Malta ha investito molto su impianti estremamente moderni a osmosi inversa. I nostri sono estremamente energivori sia per i costi di gestione e anche per le emissioni di CO2 molto elevate», commenta il professore Cirelli.

«Bisogna anche considerare il rilascio del prodotto di scarto, la salamoia: ogni 100 litri di acqua dissalata 30 litri sono di salamoia. A Malta intere zone costiere sono deserte a causa dell’impatto della salamoia», aggiunge Cirelli. Presso l’Università di Palermo è in corso una ricerca europea per trasformare lo scarto della salamoia in risorsa attraverso il riutilizzo all’interno dello stesso impianto di dissalazione secondo un principio di economia circolare. Staremo a vedere.

dissalatore
Il principale prodotto di scarto dei dissalatori è la salamoia
DEPURAZIONE ACQUE REFLUE

Un decreto dell’assessorato dell’Energia in linea con la più recente legislazione europea amplia e disciplina le possibilità di impiego dell’uso delle acque reflue secondo parametri di qualità e precisi standard di riferimento. Dopo anni la Regione dice sì al riuso delle acque reflue in agricoltura. «Ne parliamo da 30 anni, speriamo che questo momento di emergenza consentirà di intraprendere questa direzione. Da oltre 15 anni il nostro Dipartimento evidenzia i vantaggi dell’uso di acque reflue. Da tutti i depuratori della Sicilia si potrebbero recuperare facilmente 150 milioni metri cubi di acqua annui che invece vengono scaricate nei fiumi o a mare».

«Il depuratore della città di Catania, ad esempio, che ha una rete fognaria incompleta e carente, scarica nel canale Buttaceto – che arriva a mare in prossimità della foce del fiume Simeto – circa 500 litri al secondo che in questo momento sarebbero una manna per gli agricoltori della piana. Nonostante sia stata finanziata una condotta da oltre 10 anni, nessun intervento è stato realizzato», sottolinea Cirelli. Sono tanti i Comuni siciliani che scaricano direttamente a mare e per molti di questi è in atto una procedura di infrazione comunitaria per mancanza di sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue. 

«Quando sarà completato – ci sono già finanziamenti in corso e progettazione – si potranno recuperare 1500 litri secondo, ovvero circa 40 milioni di metri cubi d’acqua l’anno, il 50% del fabbisogno irriguo dell’intera piana di Catania. Siamo in ritardo, la Spagna – che è uno dei maggiori competitor per l’agricoltura e le colture di tipo mediterraneo – si è mossa in questo settore da oltre 20 anni. Il 12/20% delle acque reflue viene recuperato e destinato all’agricoltura. Sarebbe stato un investimento da fare nel corso degli anni ma non è mai stato considerato, la Regione Sicilia ha sempre fatto tanto resistenza», continua Cirelli. 

Wastewater effluent
La Regione Sicilia si è aperta alla possibilità di impiegare le acque reflue depurate

Tra le motivazioni anche la ripartizione dei costi: il costo extra, necessario per la depurazione delle acque, non è stato mai voluto addebitare anche al cittadino che utilizza il sistema fognario. Riversarlo solo sugli agricoltori e quindi sui prodotti agricoli causerebbe costi molto elevati. «Forse dovrebbero ricadere su entrambi: il cittadino potrebbe pagare i costi di trattamento e avrebbe un vantaggio di carattere ambientale, mentre all’agricoltore spetterebbero i costi per il sollevamento dell’acqua».

«Ci sarebbe un ritorno per tutti: il mondo agricolo potrebbe avere il beneficio dei nutrienti – azoto e fosforo – di cui sono ricche le acque reflue che invece scaricate in mare o fiume comporterebbero un grande inquinamento. Noi siamo tecnicamente in grado di rendere un’acqua reflua potabile con tecnologie e sistemi di affinamento e di disinfezione delle acque molto avanzate, abbiamo esempi nel mondo come in Giappone e Corea», sottolinea Cirelli. 

Anche la fitodepurazione delle acque reflue, che a differenza di quella convenzionale a fanghi attivi si serve delle piante per depurare le acque, potrebbe essere una soluzione per i piccoli e medi centri abitati e in Sicilia ce ne sono tanti: il 70% dei Comuni ha meno di 10.000 abitanti. Lo svantaggio è che richiede ampie superfici di qualche ettaro – ma nel caso di piccoli Comuni anche meno – per la realizzazione di vasche.

«I costi di gestione sarebbero bassi, con consumi energetici quasi nulli. Secondo le ricerche condotte dal nostro Dipartimento, gli impianti di fitodepurazione hanno un altro grande vantaggio: assorbono più CO2 di quella che rilasciano, al contrario di un impianto convenzionale che richiede tanta energia e rilascia in atmosfera grandi quantità di CO2», racconta Cirelli. «Abbiamo chiesto al Dipartimento Regionale Acqua e Rifiuti un’autorizzazione per scopi sperimentali di irrigazione con le acque reflue provenienti da un innovativo impianto di fitodepurazione realizzato dal comune di Scicli in collaborazione con il nostro Dipartimento. Autorizzazione fino ad ora negata». 

scicli
Una delle vasche dell’impianto di fitodepurazione realizzato dal comune di Scicli in collaborazione con l’Università di Catania

Certo è che l’agricoltura siciliana è in grande affanno. Le colture mediterranee, che non necessiterebbero di un grande fabbisogno irriguo, sono in grande sofferenza. In un contesto climatico che tende ad assumere nuovi connotati, la scelta ormai diffusa di impiantare colture tropicali in Sicilia non sembra essere quella giusta: i frutti non hanno la capacità di assorbire ondate di calore così prolungate e neanche picchi di breve durata.

Sono varietà abituate a temperature costanti e necessitano anche di molta acqua. «La falda di Fiumefreddo si sta abbassando non solo perché piove meno, ma anche perché viene saccheggiata dalle coltivazioni tropicali sparse in quella zona che è già di suo molto ricca di acqua. Lo stesso accade nell’area intorno a Milazzo», conclude Giuseppe Cirelli.

Che la Sicilia fosse celebrata anche per le sue acque lo scriveva Leonardo Sciascia. Nel 1968 scriveva pure che “l’isola ha tanti problemi e quasi tutti si collegano al problema dell’acqua. […] L’acqua si perde nei meandri della burocrazia e della mafia. […] Tutta la provincia di Agrigento soffre di una penuria di acqua addirittura inverosimile. Licata è la città più assetata d’Italia. […] Dopo gli arabi, nessuno ha mai provato a risolvere il problema dell’acqua in Sicilia. Vale a dire da mille anni. […] Sicché nell’anno 2015 il problema dell’acqua sarà completamente e definitivamente risolto. Naturalmente si aspetterà il 2014 per cominciare i lavori» Corre l’anno 2024…

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