Effetto rebound: perché rendere più efficienti i nostri edifici ci fa consumare più energia?
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Quando pensiamo all’efficientamento energetico degli edifici ci vengono in mente bollette più leggere, case più accoglienti e un pianeta più sano grazie alla riduzione delle emissioni di carbonio. Ma c’è un’insidia nascosta: l’effetto rebound. Immagina di aver appena installato una nuova caldaia super efficiente. Ora, sapendo che il riscaldamento ti costa meno, potresti essere tentato di tenere la casa un po’ più calda del solito.
Oppure, dopo aver sostituito tutte le vecchie lampadine con quelle a LED, potresti lasciare le luci accese più a lungo senza pensarci due volte. In altri casi, risparmiando sui costi energetici grazie all’isolamento termico della casa, potresti decidere di utilizzare quei soldi per fare un viaggio in più, magari prendendo un aereo.
Se poi a risparmiare energia siamo in tanti, succede che una maggiore efficienza nell’uso della risorsa porta l’intera economia a crescere e quindi aumenta la domanda di energia in altri settori o in altri luoghi del mondo, bilanciando o addirittura superando i risparmi ottenuti in origine. Ecco, tutti questi sono esempi di come l’effetto rebound può manifestarsi e limitare, annullare o persino oltrepassare i vantaggi ambientali ottenuti grazie all’efficienza energetica.
In questo articolo esploreremo cosa si intende esattamente per effetto rebound, come si applica agli edifici e perché è importante tenerne conto quando si pianificano interventi di efficientamento energetico. Vedremo anche alcune strategie per mitigare questo effetto e assicurarci che gli sforzi per migliorare l’efficienza energetica portino davvero ai risultati desiderati.
COS’È L’EFFETTO REBOUND?
L’effetto rebound, o effetto rimbalzo, è quel fenomeno curioso per cui i miglioramenti nell’efficienza energetica finiscono per portare a un aumento del consumo di energia invece di una riduzione. Si tratta di uno dei tanti comportamenti bizzarri, non lineari e controintuitivi dei sistemi complessi che spesso fatichiamo a comprendere. Esso viene generalmente suddiviso in tre tipi principali: rebound diretto, rebound indiretto e rebound macroeconomico.
Rebound Diretto
Partiamo dal rebound diretto. Questo si verifica quando, migliorando l’efficienza di un dispositivo o di un servizio, finiamo per utilizzarlo di più. È il caso degli esempi delle lampade a LED o della caldaia fatti prima. Alla base di questo effetto diretto ci sono alcuni meccanismi psicologici e bias cognitivi come ad esempio il cosiddetto mental accounting, un meccanismo per cui tendiamo a allocare intuitivamente – e spesso irrazionalmente – un budget costante per categorie di spesa. Questo può indurci ad aumentare i consumi energetici quando diminuiscono i costi in bolletta e a diminuirli quando i costi aumentano.
Rebound Indiretto
Poi c’è il rebound indiretto. In questo caso, i soldi risparmiati grazie all’efficienza energetica vengono spesi in altri modi che comportano un consumo di energia. Per esempio, se le tue bollette energetiche diminuiscono grazie a una casa ben isolata, potresti usare quei soldi risparmiati per fare un viaggio in più, magari acquistando un volo aereo, che consuma molta energia ed emette molta CO2. Così, i risparmi ottenuti in un’area finiscono per essere compensati o persino superati in un’altra.
Su questo tipo di effetto potrebbe giocare un ruolo anche il moral licensing, un fenomeno psicologico per cui, dopo aver fatto una scelta considerata ecologica, le persone possono sentirsi autorizzate a concedersi comportamenti meno sostenibili in altre aree, bilanciando così i benefici iniziali.
Effetti Macroeconomici
Infine, ci sono gli effetti macroeconomici, che sono ancora più ampi. Quando tante persone e aziende adottano tecnologie più efficienti, l’economia nel suo complesso tende a crescere e questo porta a una maggiore domanda di energia in vari settori, come l’industria e i trasporti.
In altri casi, se anche più paesi riescono a ridurre significativamente il proprio consumo energetico grazie a una maggiore efficienza, questo porta a un calo della domanda globale di energia. Ergo, a un calo del costo dell’energia a livello mondiale. Di conseguenza, l’energia diventa più accessibile e viene incentivato un maggiore consumo in altre parti del mondo, spesso nei cosiddetti paesi “in via di sviluppo”.
In questo sua declinazione macroeconomica l’effetto rebound tende a coincidere con un altro fenomeno noto come Paradosso di Jevons, introdotto dall’economista britannico William Stanley Jevons nel suo libro “The Coal Question” del 1865. Jevons osservò che i miglioramenti nell’efficienza dell’uso del carbone nelle macchine a vapore non riducevano il consumo complessivo di carbone. Al contrario, rendevano l’uso del carbone più economico e accessibile, portando a un aumento complessivo della domanda e quindi del consumo di carbone.
EFFETTO REBOUND ED EFFICIENTAMENTO DEGLI EDIFICI: GLI STUDI
Gli effetti descritti fin qui sono stati descritti e misurati in numerosi studi scientifici. Ad esempio un articolo scientifico pubblicato nel 2023 su Energy Economics mostra le politiche di risparmio energetico di paesi come Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti sono state praticamente annullate dall’effetto rimbalzo nel giro di due anni.
Altri studi hanno invece considerato le singole dimensioni dell’effetto rebound: diretto, indiretto e macroeconomico. Una ricerca danese sull’effetto diretto ha osservato che in edifici energeticamente poco efficienti, in cui i consumi avrebbero dovuto essere 7 volte superiori rispetto a quelli in classe A (i più efficienti), i consumi reali erano poco più del doppio rispetto a questi ultimi. L’enorme differenza si spiega perché chi viveva in case di classe G tendeva a utilizzare circa il 30% in meno di energia del previsto, probabilmente per risparmiare, ma soprattutto chi viveva in case di classe A consumava quasi tre volte di più del previsto.
Uno studio spagnolo sull’effetto rebound indiretto ha invece stimato che il 75% delle riduzioni di emissioni ottenute grazie all’efficienza nella produzione elettrica e nei trasporti tra il 2005 e il 2030 verrebbe annullato dall’aumento dei consumi in altri settori. Infine una recedente ricerca, condotta dall’economista dell’energia Paul Brockway dell’Università di Leeds, ha mostrato che il solo effetto macroeconomico del rimbalzo post-aumento di efficienza si mangia in media il 50% dei previsti cali di emissioni, con punte anche dell’80% in nazioni come la Cina, che partono da consumi mediamente più bassi.
COME MITIGARE L’EFFETTO REBOUND
Conoscere l’effetto rebound è molto importante perché se teniamo in considerazione questa variabile possiamo contrastarla e mitigarla, facendo in modo che gli sforzi di efficienza energetica abbiano davvero un impatto. Le misure più efficaci sembrano essere quelle culturali e di monitoraggio, almeno per quanto riguarda gli effetti rimbalzo diretto e indiretto. Rendere la nostra casa più efficiente non abbatterà di molto i nostri consumi energetici se parallelamente non diventiamo più consapevoli dell’importanza di risparmiare energia. Non solo per le nostre tasche ma anche, soprattutto, per continuare a vivere su un pianeta abitabile (da noi).
Un’altra piccola azione che si è dimostrata molto efficace è il monitoraggio costante dei consumi energetici. Per questo è utile posizionare un contatore in un luogo molto visibile della nostra abitazione e tenere costantemente traccia dei consumi mese dopo mese, per accorgerci se e quando l’effetto rebound entra in azione e prendere le giuste contromisure.
Progettare edifici con materiali naturali e tecniche che migliorano l’efficienza energetica senza compromettere il comfort è un altro passo importante. Creare spazi che incoraggiano l’uso di luce naturale e ventilazione passiva può aiutare a mantenere i consumi energetici bassi senza che gli utenti sentano il bisogno di aumentare l’uso dell’energia.
Anche i governi devono tenere conto di questo effetto quando pianificano azioni per l’efficientamento energetico delle abitazioni. Ad esempio, sembra utile affiancare a strumenti economici come bonus e incentivi o campagne di sensibilizzazione sull’importanza del risparmio energetico e su un uso più consapevole dell’energia, così come impostare degli obiettivi di riduzione complessiva del consumo di energia. Ad esempio la nuova direttiva europea “Case green” affianca a una serie di obblighi legati all’efficientamento energetico degli edifici obiettivi di riduzione dei consumi energetici di tutto il comparto.
A livello macroeconomico la questione diventa più complessa. I dati ci dicono che una maggiore efficienza nell’uso delle risorse porta crescita economica e che quando il PIL cresce, tendono a crescere anche le emissioni di gas climalteranti. Il famoso disaccoppiamento fra crescita economica ed emissioni di carbonio, principio alla base del paradigma della green economy, nella realtà non esiste, se non in maniera molto parziale.
A questo proposito la European Environmental Agency (EEA) suggerisce nel paper Growth without economic growth di esplorare modelli economici che vadano oltre il concetto di crescita, prendendo ispirazione da modelli alternativi come la Doughnut economics (economia della ciambella), la decrescita e la post-crescita. Inoltre, per evitare che la diminuzione dei consumi di alcuni paesi incentivi la crescita dei consumi in altri, servono una forte collaborazione e un coordinamento a livello globale, con accordi e obiettivi chiari e vincolanti.
Insomma, la questione è tutt’altro che semplice e l’effetto rimbalzo ci ricorda che i sistemi complessi sono davvero difficili da comprendere e che azioni apparentemente molto semplici possono presentare insidie nascoste. Se vogliamo rendere davvero più sostenibili le nostre abitazioni e le nostre vite non possiamo fare a meno di considerare questo effetto e fare di tutto per mitigarlo. Singolarmente e collettivamente.
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