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Crotone - La Costa degli Achei e quella dei Saraceni, le Coste degli Aranci, dei Gelsomini, la Costa Viola, quella degli Dei e quella dei Cedri. Le sette coste calabresi spopolano sui depliant commerciali e impazzano sui social, con immagini mozzafiato e promesse paradisiache. Dietro quelle immagini però ci sono dettagli accuratamente non inquadrati o ritoccati, in altre parole rimossi.
Le coste calabresi, per esempio, sono anche l’infelice o mortale approdo per migliaia di disperati. Dietro le cartoline e il marketing turistico, poi, ci sono spiagge ridotte all’osso, sopravvissute alle violente mareggiate invernali, costoni che crollano, strade chiuse, speculazione edilizia, ecomostri, cancellate abusive, aree chiuse a uso e consumo di privati furbi e/o potenti.
È così da decenni e adesso i mutamenti climatici peggiorano la situazione. Tra le inaccessibili spiagge italiane, in Calabria – prima regione per lunghezza di litorali, seguita da Sicilia e Sardegna – degli oltre 700 chilometri di costa, è inaccessibile circa il 60%. Cemento, privatizzazioni, illegalità e inquinamento assediano le nostre spiagge, ma da questo assedio Another beach project protegge un tratto di costa calabrese, quella al chilometro 227 della Statale 106 a Isola di Capo Rizzuto, Crotone.
Tra i gigli di mare custoditi con cura dai campeggiatori, la sola esistenza dell’altra spiaggia nel camping di Sovereto, dimostra che praticare turismo sostenibile a partire dal basso è possibile, anche nel territorio delle coste calabresi, che colleziona bandiere nere invece di quelle blu. Cultura, natura e accoglienza sono gli scudi con cui l’associazione si difende.
Alessandra è indaffaratissima. Tra la programmazione giornaliera e quella serale le giornate d’agosto all’Another Beach sono infuocate e non solo per la temperatura che accarezza costantemente i 40 gradi. «Il progetto nasce nel 2015, anche se in realtà viene da più lontano», racconta la presidente dell’associazione Anothet Beach Project, «In estate abbiamo sempre animato con attività culturali le coste calabresi e i luoghi turistici, proprio per dare un’idea di turismo differente e per restituire un’altra immagine della Calabria a chi viene a trovarci da fuori Regione».
Per il salto dalle iniziative sporadiche a un vero e proprio camping – e quindi all’approdo all’oasi naturale di Sovereto – decisivo è stato l’incontro con un proprietario sensibile alla protezione della propria terra e del proprio mare: «Qui abbiamo incontrato una proprietà in linea con i nostri principi, che ha deciso di chiudere il campeggio mentre intorno cementificavano. Così abbiamo avviato il nostro progetto al Camping di Sovereto».
Torniamo alle giornate infuocate: gli incendi a cui ci stiamo tristemente abituando contribuiscono non poco ad aumentare le temperature asfissianti e consumano distruggendo il patrimonio naturale. Il Camping di Sovereto non ne è certo esente, in più di un’occasione il loro intervento di protezione ha dovuto affrontare le fiamme. Possiamo parlare di intimidazioni?
«Non di intimidazioni dirette», risponde Alessandra. «Nella pineta di Soverato ci sono continuamente incendi e sono perlopiù in giorni di tramontana, quando il vento soffia forte. Perciò, non pensiamo che siano atti diretti nei nostri confronti, ma crediamo invece che qualcuno abbia mire e progetti differenti dal nostro per questa area, crediamo insomma che ci siano obiettivi differenti come costruire laddove finora non sono riusciti».
Che fatica essere normali, in Calabria. Soprattutto sotto i 40 gradi e circondati dalle fiamme. L’unica brezza per chi, come i ragazzi di Another Beach, resiste e protegge è la certezza di non essere soli. Negli anni quaggiù molte organizzazioni hanno scelto questo campeggio per i loro appuntamenti annuali: da Libera alla Rete degli Studenti, dall’Arci a Potere al Popolo.
«Non ci sentiamo affatto soli», sottolinea Alessandra. «C’è una comunità campeggiatrice che è nata con noi e che da quando siamo qui ci sta vicina e ci fa sentire la sua solidarietà. Anche quando magari è pieno inverno, il campeggio è abitato solo da noi e non c’è nessuna attività turistica, tramite le telefonate, i messaggi o i post sui social questa comunità riesce a farci sentire la sua vicinanza».
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