Biodanza: un percorso di riscoperta umana attraverso musica, movimento e relazioni
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Campania - La biodanza è una disciplina unica, che unisce musica, movimento corporeo e relazioni per aiutarci a riscoprire cosa vuol dire “essere umani”. Nata negli anni ’60 grazie all’intuizione del professore cileno Rolando Toro, questa pratica si è diffusa in tutto il mondo diventando uno strumento potente per il benessere e la crescita personale. A Napoli la Scuola di biodanza guidata da Flavio Boffetti rappresenta un punto di riferimento per chi desidera esplorare questo affascinante universo. Flavio ha accettato di fare due chiacchiere con noi, raccontandoci come è entrato in contatto con questa disciplina e perché ha scelto di farla diventare la sua missione, oltre che il suo lavoro.
COS’È LA BIODANZA?
Una lezione di biodanza ha veramente poco a che fare con una lezione di danza. Non ci sono passi da imparare o coreografie da costruire, ma è un’esperienza che combina i moti del corpo con quelli interiori. «La musica viene selezionata per la sua capacità di evocare specifiche emozioni: un tango risveglia la passione, un valzer la leggerezza, mentre un pezzo di rock’n’roll trasmette energia e vitalità. Queste emozioni vengono amplificate attraverso il movimento, che è sempre in sintonia con la musica, creando un’esperienza profonda e coinvolgente. Il cuore della biodanza è proprio questo: un gesto pieno di emozione, un movimento che va oltre la tecnica per diventare un’espressione autentica del sé».
Ma al di là della musica e del movimento, ciò che contraddistingue veramente la biodanza è l’aspetto relazionale: è una disciplina che non può essere praticata da soli. «Tutti ballano con tutti, non si ha mai un solo partner. Ci sono degli esercizi individuali, ma si tratta soprattutto di danze in coppia e di danze collettive, progettate per favorire l’interazione e la connessione tra i partecipanti». Nella biodanza, il movimento non è mai fine a sé stesso: «Una cosa importantissima è creare un ambiente sicuro e protetto dove tutti hanno la possibilità di esprimere le proprie emozioni, di viverle con intensità e di lasciarsi andare».
LA BIODANZA COME FORMA DI RISCATTO PER L’UMANITÀ
«La biodanza vuole soprattutto essere uno strumento per tornare a sentirci umani», ha spiegato Flavio. «In un’epoca come la nostra, dove il progresso tecnologico corre velocissimo, noi esseri umani siamo rimasti quelli di prima e affanniamo a star dietro a questi cambiamenti. Disturbi psicosomatici hanno registrato un notevole incremento e soffriamo molto più di prima di solitudine e di depressione. Essere umani nella società di oggi sembra essere sempre più difficile. È così che la biodanza vuole provare a recuperare quell’umanità, le emozioni che ci contraddistinguono e le relazioni profonde con gli altri. Senza relazioni, siamo solo sconosciuti che camminano per le stesse strade, che abitano lo stesso condominio senza sapere nulla gli uni degli altri».
LA STORIA DI FLAVIO BOFFETTI
Ho chiesto a Flavio come ha conosciuto la biodanza e cosa lo ha spinto a praticarla. «L’ho scoperta per caso. Durante un viaggio in Sri Lanka nel 1993 ho conosciuto una ragazza che mi disse che ero “troppo rigido, troppo commercialista” – all’epoca era la mia professione – e mi disse che una volta tornati in Italia sarei dovuto andare a trovarla a Milano, dove mi avrebbe introdotto a una pratica che, secondo lei, mi avrebbe fatto bene».
«Un giorno andai a trovarla e partecipai a una lezione di biodanza a Milano, era il gennaio del 1994. Non era qualcosa che cercavo o che desideravo, ma le emozioni che provai durante quella prima esperienza mi rimasero addosso per un po’, tanto che quella notte non riuscii a dormire bene». La biodanza, che invita a esplorare le proprie emozioni attraverso il movimento, offrì a Flavio l’opportunità di bilanciare la sua natura razionale con una pratica che lo ha aiutato a “sentire” più che a “pensare”.
DA UN HOBBY AL LAVORO DI UNA VITA E LA SCUOLA DI BIODANZA DI NAPOLI
Flavio era appunto un commercialista, ma ben presto si accorse che la passione per la biodanza era molto più forte di quella che provava per il suo lavoro. «Un anno dopo aver conosciuto la biodanza, scoprii che il fondatore, Rolando Toro, viveva in Italia e stava aprendo una scuola di formazione a Milano e mi iscrissi. Dopo i tre anni di formazione iniziai a condurre le mie prime lezioni, la sera, dopo l’ufficio. Alla fine, gradualmente, ho fatto in modo di trasformare l’insegnamento della biodanza in un lavoro a tempo pieno».
Così nel 2003 Flavio decise di fondare la Scuola di biodanza di Napoli, che oggi accoglie studenti da tutto il sud Italia. La scuola, strutturata in un percorso triennale, affianca all’attività pratica a ore di formazione teorica su tematiche quali la creatività, l’affettività, la sessualità, la trans-regressione, l’identità. Si studiano i precedenti filosofici e mitici della biodanza, il movimento corporeo e la musica e solo l’ultimo anno di corso mira a formare insegnanti di biodanza.
IL PRINCIPIO BIOCENTRICO
«La cosa che secondo me è più significativa della biodanza è il fatto che mira soprattutto a rinsaldare il legame con le nostre origini biologiche. Infatti in biodanza si parla di un principio biocentrico, che pone la vita al centro di ogni nostra considerazione. Se stiamo assistendo a cambiamenti climatici, alla devastazione del nostro pianeta e a continue violenze, è perché non poniamo la vita al centro di ogni nostro pensiero e di ogni nostra azione. Dovremmo imparare a mettere la vita – delle persone e del pianeta – al centro di ogni discorso politico, economico e sociale».
«È questo il principio che muove la biodanza e che cerchiamo di diffondere con questa disciplina», ha concluso Flavio. E così conoscersi, aprirsi alle emozioni e alle relazioni non è più una questione privata, ma un interesse collettivo: una rivoluzione culturale urgente e necessaria.
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