Il video racconto da Selargius, tra chi ha lasciato tutto per presidiare e chi fra gli ulivi ha trovato comunità
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Cagliari - A Selargius è nato un nuovo presidio permanente a difesa del territorio, proprio nei terreni davanti alla stazione di Terna, nell’agro di Selargius; un punto di riferimento e tutela dell’ambiente, pacifico e non violento. Il presidio degli ulivi stato organizzato per proteggere alcune piante di ulivo che Terna – o chi per loro – ha espiantato e ripiantato in quello che io chiamo il cimitero degli ulivi.
Il cimitero è un terreno dove sono stati ripiantati tutti gli ulivi sradicati dall’area del cantiere: sono centinaia, c’è chi dice che molta piante siano già morte; è la linfa rimasta in circolo a farli sembrare ancora in vita. Il presidio è nato dai cumuli di macerie lasciate da Terna durante i lavori, i manifestanti si sono affrettati a raccogliere qualsiasi pezzo utile per la costruzione di un riparo che permettesse la sopravvivenza delle persone in questi giorni di caldo estremo. E in meno di 48 ore quello che era inizialmente un semplice riparo, è diventato un villaggio, una comunità. O come preferisco chiamarla io in questi giorni, la tribù.
PIANTARE ALBERI, PIANTARE VITA
La missione del presidio è quella di ripiantare gli alberi espiantati da Terna, un’azione simbolica che vuole ricordare a tutti che la terra esiste per essere lavorata e che siamo sempre in tempo a invertire la rotta, piantare la vita anziché estirparla. Così in poche ore al posto degli ulivi spariti sono comparse decine di piante nuove e altrettante persone che se ne prendono cura ogni giorno. In questo modo è iniziato il via vai di sostenitori da tutta l’isola: tra chi ha donato piante, qualcuno ci ha raccontato che quando è andato ad acquistare le piantine da portare al presidio ne ha ricevute alcune extra da aggiungere alla sua donazione.
C’è stata una grande solidarietà, forse anche troppa: ora sono sovrabbondanti le piante! La questione principale è che hanno bisogno di acqua – che in Sardegna non c’è – e di tanta cura, dell’intervento di tutti i partecipanti che è un’azione a lungo termine. Quelle piante non sono state affidate o ancora meno abbandonate al presidio, sono diventate figlie di tutta la comunità sarda. La cura è collettiva: interessiamoci alle nostre piante, ricordiamoci di passare ad annaffiarle.
GLI ABITANTI DEL PRESIDIO DI SELARGIUS
In questo nuovo villaggio nato ormai da più di una settimana vivono tante persone. Alcune presenziano giorno e notte, altre invece vanno e vengono. C’è chi ha lasciato tutto per dedicarsi al presidio e chi invece qui ha trovato tutto. Ci sono anche i giovanissimi, anche loro in prima linea, che hanno scelto inoltre di costruirsi – sempre con materiali di recupero – il loro presidio, accanto a quello principale sempre nelle campagne di Selargius.
Passano lì alcune ore del giorno, una volta hanno anche scelto di dormire nel loro presidio, o meglio di restare a vivere la tribù anche nelle ore notturne, perché in verità erano svegli, tutta la notte a parlare, e infatti non sono riuscito a dormire. Ma la vivacità serve e la loro presenza è una conferma di un sentire comunitario che coinvolge tutte le generazioni. L’altra mattina il più giovane del gruppo ha fatto la limonata fresca con i limoni della nonna per gli abitanti del presidio, un vero e proprio lemonade stand all’americana.
LA CAPANNA DELLE RIUNIONI
Le analogie di questa lotta con la storia di questa terra sono tantissime. Stiamo vivendo l’alba di una nuova civiltà in Sardegna, la chiamerei la civiltà delle baracche, dei presidi. Dove abito io ce ne sono già due e, come i nuraghi, si guardano a vista. Attorno a uno di questi presidi è sorto un villaggio, sono nati presidi in altri luoghi, da un punto all’altro parte la richiesta di supporto e subito gli abitanti si spostano, andando a sostenere e aiutare chi ha dato l’allarme.
Così è accaduto anche al porto di Oristano, dove ci sono stati scontri fra manifestanti e forze dell’ordine. Qua erano in centinaia a tentare di fermare il trasporto delle pale eoliche. Seduti per terra, stesi sull’asfalto, cantando No potho reposare. Una civiltà forte, che gioca in casa. Se dovessi fare un paragone con la civiltà nuragica, direi che ci siamo divisi in clan, sparsi su tutto il territorio.
Dopo giorni di riunioni finite nel caos, finalmente è arrivata a Selargius la capanna delle assemblee, un enorme gazebo che permette un pò di respiro fra lo spazio comune e lo spazio della riunione. Penso di aver capito perché i nuragici hanno costruito sempre la capanna delle riunioni: per non avere persone che discutono fra le scatole. Anche le parole di Cesare, un abitante del presidio, sembrano avere un’origine antica: «Quello che possiamo fare, lo facciamo, fino all’ultimo».
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