Falco della Regina, Grifone e Tonno rosso: la speculazione energetica è un pericolo per la biodiversità della Sardegna
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In Sardegna, di una transizione energetica che viene pianificata quasi a discapito dell’ambiente naturale, se ne parla da tempo e per il Grig, uno degli impatti ambientali più pesanti della speculazione energetica («quella che non serve a dar energia pulita, ma a far guadagnare scandalosamente gli speculatori del vento e del sole»), è quello sull’avifauna selvatica.
Tra moratorie, scontri, comitati sparsi in tutta l’Isola nati in difesa del territorio e presidi permanenti nei terreni minacciati dagli espropri, il mantra centrale che guida le lotte contro la speculazione energetica è quello di un‘autodeterminazione negata da una pianificazione della transizione energetica che sembra guardare tutto, fuorché il benessere e la tutela dell’ambiente e di chi lo popola. E gli animali selvatici, come il Falco della Regina, i Grifoni e il Tonno rosso, nel mezzo di un assalto energetico ai territori in cui il termine incolto pare diventato sinonimo di nulla, rischiano di passare come i grandi dimenticati.
“UNA MEGA CENTRALE EOLICA AL LARGO DELL’ISOLA DI SAN PIETRO”
Tra le ultime azioni, l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) è intervenuta con uno specifico atto di “osservazioni” nel procedimento di valutazione di impatto ambientale relativo al progetto di centrale eolica flottante nel Mar di Sardegna sud occidentale, proposto dalla Ichnusa Wind Power s.r.l. al largo dell’Isola di San Pietro e del Sulcis. Ad essere coinvolti sono il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, l’I.S.P.R.A., i Comuni di Carloforte, Portoscuso, Gonnesa, Carbonia, Iglesias, Villamassargia, Vallermosa, Serramanna, Villasor, Musei, Siliqua, Decimoputzu e Nuraminis.
Il progetto prevede la realizzazione di una centrale eolica off shore, con 42 torri eoliche altre 265 metri, su una superficie marina di 273 ettari, a circa 35 chilometri (circa 19 miglia marine) dalla costa dell’Isola di San Pietro e del Sulcis. Come ricostruisce il Grig, la potenza prevista è di 12 MW per ciascuna “torre eolica flottante” per complessivi 504 MW, mentre “l’impianto eolico sarà formato da due sottoparchi costituiti da 21 turbine ciascuno. La distanza geometrica minima tra le singole turbine è 1800 metri”. Le torri eoliche saranno galleggianti, e “costituiscono un innovativo sviluppo tecnologico del settore eolico che permette di realizzare parchi eolici offshore su fondali profondi” (Floating Offshore Wind Farm – FOWF).
ELEMENTI DI PERICOLO PER L’AMBIENTE E LA FAUNA
Tra le principali criticità evidenziate dal Grig c’è il fatto che la centrale non sorge nel nulla, ma in un’area che è habitat, rotta migratoria e luogo di nidificazione. «A parte la visibilità dalle coste dell’Isola di San Pietro (19 miglia marine non garantiscono certo la sparizione dall’orizzonte di “torri” eoliche alte centinaia di metri dall’acqua), i principali elementi di pericolo per l’ambiente e la fauna riguardano la tutt’altro che verificata interferenza con le rotte migratorie dell’avifauna selvatica (con particolare riferimento alla colonia di Falco della Regina nidificante sull’Isola di San Pietro) e della fauna marina, in particolare del Tonno rosso, autentico simbolo identitario della comunità carlofortina».
Un progetto in cui, sottolinea sempre l’associazione che ha chiesto la declaratoria di non compatibilità ambientale della centrale, «le scelte azzardate ai fini di una corretta salvaguardia ambientale e della biodiversità appaiono fin troppo presenti». E che è inoltre esempio di come l’assalto della speculazione energetica fin da subito denunciato nell’Isola anche dal Grig, non tenga conto di un’ecosistema che da queste modalità di transizione energetica viene – per assurdo – messo in pericolo. Una irrazionalità intrinseca che emerge ancor già forte nel momento in cui si ricordano le azioni di tutela che da tempo vengono portate avanti verso le specie minacciate.
“L’AVIFAUNA SELVATICA MINACCIATA DALLA SPECULAZIONE ENERGETICA”
Il Falco della Regina ad esempio (Falco eleonorae in onore della giudicessa sarda Eleonora d’Arborea, che già nella Carta de Logu l’aveva dichiarato specie protetta) dal 1991 trova nell’Oasi Lipu di Carloforte un importante luogo di sosta e nidificazione. Qui ogni estate, circa 100 coppie di falchi arrivano dal Madagascar per nidificare. Ma come riporta la LIPU, nella zona si possono osservare anche altre specie come il Gheppio, la Poiana, il Pellegrino e il rarissimo Gabbiano corso, dal particolare becco rosso corallo. «Sia per quanto riguarda la migrazione che la caccia degli uccelli marini, i pericoli sull’avifauna selvatica di queste centrali sono ancora più evidenti», spiega Stefano Deliperi del Grig.
«Per non parlare della falcidia di uccelli causata dalle centrali eoliche: di recente abbiamo condiviso un video che mostra la povera sorte di un grifone non sopravvissuto all’impatto con una pala eolica». La problematica non riguarda infatti solo l’offshore: l’altezza media degli impianti – 200, 250 metri – influisce sulle rotte e sul volo stesso dei grandi rapaci che adottano tecniche di volo in sinergia col vento. E se da un lato la Sardegna da tempo mette in atto politiche volte a sancire nuovamente l’Isola come terra dei Grifoni, dall’altro è ancora una volta la speculazione energetica a minarne le basi.
«Ci sono interventi di riproduzione e ampliamento della presenza del grifone nella Sardegna meridionale, zona dove vi sono anche progetti per centrali eoliche come quello del Parco dei Sette Fratelli. Sono azioni di accanimento prive di logica che portano inoltre a dubitare di quali siano le reali intenzioni», commenta sempre Deliperi.
PER UNA TRANSIZIONE ENERGETICA CHE NON ATTACCHI LA BIODIVERSITÀ
Al centro delle contestazioni sull’esito della speculazione energetica sulla biodiversità, anche il Tonno rosso. Negli ultimi anni il tonno rosso è diventato uno dei pesci più pregiati sul mercato. Questo – come riporta WWF – ha portato a una richiesta di pescato impossibile da sostenere: la pesca eccessiva ha spinto le popolazioni di tonno rosso sull’orlo dell’estinzione, con un crollo degli stock dell’85% in pochi anni. All’avvicinarsi della primavera, il Tonno rosso inizia dall’Atlantico il suo viaggio verso le acque calde del Mediterraneo, passando durante il percorso anche lungo le coste di Capo Pecora, Portoscuso, Isola Piana, Cala vinagra e Cala sapone.
Divenuto da secoli emblema e oggi simbolo identitario della zona, soprattutto per Carloforte, il Tonno rosso verrebbe però molto probabilmente deviato nella sua migrazione dell’impianto a largo dell’Isola di San Pietro. «Non si sa precisamente quali e quanti effetti avrà l’offshore sull’orientamento dei branchi di tonni che da millenni seguono quella rotta di migrazione, non ci sono studi specifici sugli effetti della realizzazione di queste centrali offshore in relazione alle migrazioni dei pesci e ancora di più per quanto riguarda i cetacei purtroppo».
«Quello dell’impatto della speculazione energetica sull’avifauna e su tutte le componenti della biodiversità, è un fenomeno molto poco approfondito» aggiunge Stefano Deliperi, che conclude: «Gli animali sono visti come una sorta di ulteriore fastidio e difficoltà quando non si capisce e non si comprende a che cosa dovrebbe servire la transizione energetica. Quest’ultima dovrebbe migliorare le condizioni generali degli habitat, con taglio delle emissioni di CO2 e altre azioni a contrasto dei cambiamenti climatici, ma se iniziamo a perseguire la transizione energetica attaccando, eliminando o degradando il patrimonio naturale e biodiversità, stiamo facendo l’esatto contrario».
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