Seguici su:
Nell’aprile 2024, Environmental Research Letters, una importante rivista scientifica che si occupa di ambiente, ha pubblicato la prima mappa globale della siccità. I ricercatori della Utrecht University, nei Paesi Bassi, hanno lavorato per mesi incrociando modelli idrogeologici e casi studio descritti nella letteratura scientifica per giungere a identificare i 21 luoghi critici della crisi idrica nel Pianeta. C’è anche l’Italia. La siccità in Italia è un fenomeno destinato a durare e peggiorare, a cui adattarsi se in Italia vogliamo continuare a viverci (bene).
I punti caldi descritti dallo studio sono luoghi del mondo in cui esiste “un divario significativo tra la domanda di acqua da parte dell’uomo e la disponibilità di questa risorsa”. Da che cosa dipende questo divario, nel nostro paese? Quali sono le cause e quali i fattori aggravanti di questa situazione? E quali i possibili rimedi? È possibile uscire dall’emergenza e affrontare il problema in maniera strutturale?
Iniziamo oggi un lungo viaggio che ci porterà a indagare – con una serie di articoli – le origini sistemiche del problema, le mancanze da parte dei pianificatori, le idee che potrebbero migliorare la situazione e quelle che invece sarebbe meglio accantonare subito. Scopriremo cosa ha senso fare come amministratori, aziende, agricoltori e privati cittadini, e anche quali sono i modelli più efficaci di gestione del servizio idrico integrato. Prima però, come sempre, è opportuno comprendere in maniera non superficiale il problema.
CHE COS’È LA SICCITÀ?
Sembra una domanda sciocca, ma meglio non dare niente per scontato. L’enciclopedia Treccani la definisce così: “Mancanza o scarsezza di pioggia, che si protrae per un periodo di tempo eccezionalmente lungo”.
Quando parliamo di siccità, quindi, lo facciamo quasi sempre in termini relativi. Una zona in cui abitualmente piove molto poco, è una zona arida. Siccità è invece quando piove meno rispetto al solito, e per molto tempo.
Non solo. La siccità, in senso lato, dipende anche da altre variabili, come ad esempio dalla popolazione, perché con il termine si intende anche l’incapacità dell’acqua presente in un certo territorio di soddisfare il bisogno idrico della popolazione.
La siccità diventa un problema serio quando per una serie di cause, che in seguito vedremo meglio, la disponibilità di acqua non è sufficiente per il numero di persone (e per le abitudini di quel numero di persone) che vive un certo territorio.
DOVE E COME È DIFFUSA LA SICCITÀ IN ITALIA
Nel 2022 la siccità in Italia è stata per distacco la peggiore degli ultimi due secoli. Il fiume Po, il fiume più grande e importante per la produzione di cibo del nostro paese, è rimasto per buona parte dell’anno con pochissima acqua. Il flusso medio è stato inferiore di un terzo rispetto alla seconda peggiore siccità registrata.
Questo evento non è stato isolato, ma, come spiega uno studio pubblicato su Science, fa parte di una tendenza più ampia di diminuzione del flusso fluviale, causata principalmente dal riscaldamento globale.
E non si tratta solo del Po. Secondo i dati forniti dal think thank Community Valore Acqua per l’Italia, c’è stata una riduzione del 51,5% delle risorse idriche rinnovabili in un solo anno rispetto alla media storica dal 1950. Anche se prendiamo come riferimento solo gli ultimi anni, nel 2022 le precipitazioni sono diminuite drasticamente e il manto nevoso ha registrato un deficit del 60% rispetto alla media del decennio 2010-2021.
Dodici regioni italiane sono particolarmente colpite dallo stress idrico. Sono le 8 regioni del Sud (incluse le isole) e le 4 del Centro. Secondo gli esperti della Community Valore Acqua entro il 2030 lo stress idrico aumenterà ulteriormente un po’ ovunque, e in particolare nelle Marche, in Liguria e in Friuli-Venezia Giulia.
La situazione, al momento, sembra particolarmente problematica in Sicilia, come abbiamo raccontato, dove sia l’acqua delle falde che quella contenuta negli invasi (anche per via della cattiva gestione) sembra insufficiente a garantire un apporto sufficiente per agricoltori, allevatori e cittadini.
LE CAUSE DELLA SICCITÀ IN ITALIA
Non tutto il mondo si riscalda alla stessa velocità per via del cambiamento climatico. In alcune zone la temperatura media sta persino scendendo per via del rapido scioglimento della calotta polare artica, che causa frequenti ondate di gelo. Non è il caso dell’Italia.
Il Mediterraneo è considerato uno dei principali hotspot della crisi climatica. In Europa, nel 2022, è stato 2,3°C più caldo rispetto all’età pre-industriale. Il tasso di aumento del global warming è circa doppio rispetto alla media globale, e riscontrabile soprattutto nella parte mediterranea del continente. Negli ultimi 42 anni, l’Europa ha visto un aumento dell’intensità e della frequenza delle ondate di calore da 3 a 4 volte maggiore rispetto al resto del mondo.
Ma perché le temperature più alte sono sinonimo di siccità? La risposta che potrebbe venire automatica (il caldo fa evaporare l’acqua) è vera solo in parte. La Terra infatti è un sistema chiuso, da cui l’acqua non svanisce magicamente. In realtà il meccanismo è diverso: il caldo fa evaporare più acqua, è vero, ma il discrimine principale è che l’aria più calda, un po’ come una spugna, è capace di assorbire più vapore acqueo. Questo, assieme alla presenza di anticicloni più persistenti, fa sì che aumenti la durata e l’intensità dei periodi di siccità, soprattutto in estate.
Come nei climi tropicali, una volta che la spugna (l’atmosfera) è satura, l’acqua si riversa tutta assieme a terra in piogge torrenziali, che il suolo arido non è in grado di trattenere, se non in minima parte, e che causano enormi danni, come abbiamo visto nei recenti casi delle alluvioni nelle Marche e in Emilia Romagna.
Terreni aridi e impermeabili e alte temperature fanno anche sì che solo il 13% delle piogge contribuisca alla ricarica delle falde acquifere. Questo fenomeno è particolarmente preoccupante, poiché si prevede che la risorsa idrica rinnovabile si ridurrà ulteriormente del 40% entro il 2100, con picchi di riduzione del 90% nel sud Italia.
C’è poi il tema del mancato accumulo di neve soprattutto nelle Alpi, frutto combinato delle piogge scarse e delle alte temperature. La poca neve porta a livelli di umidità del suolo inferiori alla media e a una diminuzione dei livelli di acqua immagazzinati nei bacini artificiali e nei laghi, che a loro volta riducono la disponibilità di acqua per l’irrigazione agricola e per la produzione di energia idroelettrica.
Insomma, avrete capito che il clima che cambia influenza in tanti modi la disponibilità di acqua. Se la crisi climatica sembra essere la principale causa della siccità in Italia, esistono tuttavia dei fattori aggravanti legati alla gestione della risorsa. Uno dei problemi più rilevanti è la condizione delle infrastrutture idriche italiane. Un rapporto dell’ISTAT ha rivelato che nel 2020, il 42,2% dell’acqua trasportata dagli acquedotti è andata persa a causa di perdite nelle tubature.
La percentuale sembra enorme, e lo è, ma va specificato che l’acqua che viene trasportata negli acquedotti è solo quella ad uso civile, che corrisponde – all’incirca – al 30 per cento del totale. Il restante 70% per cento è utilizzata da agricoltura e (in parte molto minore) industria, e viene attinta direttamente da fiumi, laghi o fonti alternative.
Un ruolo minore, ma non trascurabile, nell’aggravare la situazione della siccità in Italia lo gioca anche, soprattutto in città, la forte cementificazione dei nostri suoli e la scarsità di aree verdi urbane. Le città sono caratterizzate da un’alta percentuale di superfici impermeabili e secondo uno studio pubblicato su “Water Resources Research”, l’impermeabilizzazione del suolo nelle aree urbane riduce significativamente l’infiltrazione dell’acqua, che è fondamentale per la ricarica delle falde acquifere.
Anche la gestione delle risorse idriche è spesso frammentata e inefficace. Alcune inchieste hanno rilevato che la cattiva gestione del servizio idrico integrato in molte zone del nostro Paese, con l’assenza di pianificazione a lungo termine, la mancanza di investimenti, la corruzione e le inefficienze burocratiche sono diventati fattori aggravanti della siccità in Italia.
La mancanza di trasparenza e la proliferazione di pratiche clientelari hanno spesso ostacolato l’implementazione di riforme necessarie per migliorare la gestione idrica. Secondo un rapporto di Oxford Academic la corruzione sistemica del nostro paese avrebbe un impatto significativo sulla distribuzione delle risorse e sull’efficacia delle politiche pubbliche.
LE CONSEGUENZE DELLA SICCITÀ IN ITALIA
Anche se da qualche anno si iniziano a contare i casi di razionamento idrico per le persone, fin qui la siccità in Italia ha impattato soprattutto due settori: l’agricoltura e l’idroelettrico.
L’agricoltura italiana sta vedendo ridursi di molto la disponibilità d’acqua, mettendo a rischio la produzione alimentare e la sostenibilità delle attività agricole. Il fatto non è solo che c’è poca acqua nei fiumi, ma anche che spesso il basso livello fluviale causa la risalita del cuneo salino, ovvero il punto fin dove l’acqua salmastra del mare riesce a risalire a ritroso lungo il corso del fiume e che rende quell’acqua inutilizzabile per irrigare.
Molti giornali anche stranieri si sono occupati della crisi dell’agricoltura in Italia. Politico ha raccontato come la mancanza di acqua abbia portato anche a un aumento dei costi di produzione, poiché gli agricoltori sono costretti a utilizzare pompe più costose. Il Guardian ha descritto la “crisi del risotto”, ovvero come la siccità in Italia ha messo in ginocchio la produzione di riso. Secondo un report, nel 2022 a causa della siccità la produzione di miele si è ridotta del 70%, del 63% quella delle pere e del 60% delle ciliegie.
Anche nel caso dell’agricoltura, in realtà, non è tutta e solo colpa del clima. Il modello di agricoltura industriale, basato sulle monocolture, tende ad esaurire rapidamente le risorse idriche e a degradare il suolo, rendendolo più sensibile alla siccità. Nel Nord Italia sono molto diffuse colture come il mais e il riso, che richiedono quantità significative di acqua, e sono spesso coltivate su larga scala senza considerare la disponibilità locale di risorse idriche.
Su Italia che Cambia abbiamo spesso raccontato sistemi agricoli innovativi, che richiedono bassissimo utilizzo di acqua. Emblematico è il caso di Angelo Passalacqua che in Puglia coltiva centinaia di piante senza irrigare, utilizzando i dettami dell’agricoltura evolutiva. Se l’agricoltura italiana vuole sopravvivere alla siccità, dovrà riorientarsi almeno parzialmente verso modelli simili. Un cambiamento che, almeno in parte, sarà obbligato anche per legge, visto che la nuova Politica comune europea (Pac) vieta la monosuccessione, ovvero piantare anno dopo anno la stessa monocoltura sullo stesso terreno.
Anche le centrali idroelettriche stanno soffrendo particolarmente della scarsità d’acqua, che ha costretto molte di esse alla chiusura. I bacini idroelettrici hanno registrato livelli storicamente bassi di accumulo d’acqua, esacerbando la crisi energetica già aggravata dai fattori geopolitici.
Sempre nell’annus horribilis 2022 la produzione di energia idroelettrica in Italia è scesa del 37% rispetto all’anno precedente e ha rappresentato appena il 10 per cento della produzione nazionale di elettricità, un record negativo assoluto in oltre un secolo di statistiche energetiche nazionali. Questo genera un pericoloso effetto a catena, che alimenta la dipendenza dai combustibili fossili, incrementando le emissioni di CO2.
Venendo a conseguenze poco indagate della siccità in Italia come altrove (e su cui indagheremo, promesso) c’è il fatto che essa causa spesso competizione per l’accesso all’acqua tra vari settori come agricoltura, industria, turismo e uso domestico.
Quando l’acqua manca, a chi diamo la priorità? In alcune aree del mondo la risposta a questa domanda scaturisce in guerre o migrazioni di massa. Nel nostro Paese questo per fortuna non accade, ma ciò non toglie che il problema sia complesso. La risposta più ovvia è: “diamola alle persone”, o in seconda battuta all’agricoltura. Tuttavia in alcune regioni il turismo o alcuni comparti industriali rappresentano settori essenziali per la sopravvivenza economica di milioni di persone. Scegliere quindi come e a chi destinare l’acqua ha ripercussioni molto profonde sulle nostre società.
Come avrete iniziato ad intuire, il fenomeno della siccità in Italia è tutt’altro che semplice da inquadrare. È causato da una sovrapposizione di fattori climatici, politici e sociali e le sue conseguenze sono trasversali a vari settori.
Ma cosa possiamo fare? Di certo continuare a gestirlo come un’emergenza non aiuta a migliorare la situazione. Un’emergenza che si ripresenta anno dopo anno non è più un’emergenza, è una nuova normalità. Oltre a fermare la principale causa della siccità, la crisi climatica, è necessario trovare strategie di adattamento efficaci alla siccità. Come farlo sarà l’oggetto di parte dei prossimi articoli.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento