Outdoor education e cura delle relazioni: a Chiusa Pesio si va a Scuola nel Parco
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Cuneo - Una Scuola nel Parco, letteralmente. Sì, perché a Chiusa di Pesio (CN) esiste un progetto di scuola primaria dove – oltre alle aule del Laboratorio Territoriale, attrezzate per le attività indoor dei bambini coinvolti, circa quaranta – i maestri e gli studenti possono utilizzare parte degli spazi del Parco della Roccarina per esplorare, sperimentare e vivere l’ambiente attraverso i cinque sensi. Un’opportunità rara colta nel 2020 attraverso la partecipazione a un bando promosso dall’Ente Area Protetta Alpi Marittime. Nella sezione dedicata all’innovazione didattica, il progetto si è aggiudicato il sogno: una scuola all’interno del parco regionale.
Chiara Borsarelli, insegnante della scuola, ci ha raccontato come il territorio, i rapporti con la comunità, il dialogo con le famiglie e un mix di metodi educativi esperienziali contribuiscono a creare un ambiente dove i bisogni dei bambini restano sempre, costantemente, al centro.
Come e quando nasce la Scuola nel Parco?
Il progetto di scuola primaria nasce nel 2020 con la nostra classe prima, su richiesta delle famiglie dei bimbi che avevano frequentato l’Asilo nel Bosco di Pianfei. Dopo un primo anno pilota è iniziata la collaborazione con il Parco che ha accordato l’uso in condivisione degli spazi. Questa è, infatti, un’area visitabile che dobbiamo avere cura di lasciare in ordine per gli avventori, i quali sono a loro volta chiamati ad avere rispetto dei nostri materiali didattici.
Penso che avere un luogo istituzionale sia molto importante: se, da un lato, richiede un certo sforzo per mantenere possibile la convivenza, ciò che riceviamo in cambio, in termini di tutele e vantaggi, è grandemente superiore. I nostri “vicini di casa”, poi, ci rendono le cose facili perché sono molto accoglienti e aperti al dialogo.
Cosa significa per voi outdoor education? Come i suoi princìpi si collocano all’interno del progetto?
Significa, innanzitutto, che abbiamo maestri formati in educazione outdoor applicata sia all’interno del percorso didattico che in attività specifiche: dall’accensione e conservazione di un fuoco per scaldarsi o cuocere cibi, all’utilizzo di coltelli e utensili, alla trasposizione in natura di concetti didattici, alla costruzione di capanne. Nella nostra scuola le ore di lingua straniera sono molte grazie alla presenza di insegnanti madrelingua. Abbiamo scelto di svolgere le lezioni di scienze in inglese dato che la maggior parte delle pubblicazioni scientifiche sono disponibili in questa lingua.
Dedichiamo molto tempo alle escursioni sul territorio insieme a una guida naturalistica specializzata o agli insegnanti. In materia di educazione alimentare, ad esempio, abbiamo visitato una fattoria didattica – dove gli animali avevano ampi spazi – e un allevamento semi-intensivo. L’obiettivo era stimolare una riflessione condivisa sul tema e, attraverso l’esperienza diretta, comprendere come le scelte del consumatore possono influire sull’offerta. Ci interessa moltissimo creare una coscienza critica, a partire dall’osservazione della propria collocazione in relazione all’ambiente e al contesto.
Una scuola che mette i bisogni dei bambini al centro. In che modo?
Il focus fondamentale è che i bambini stiano bene a livello di relazioni, con se stessi e con gli altri. Per questo si dà molto molto spazio al dialogo: durante il morning meeting, momento di condivisione prima delle lezioni; in chiacchierate singole o a gruppetti per dipanare eventuali, piccoli conflitti; tra noi insegnanti quando ci confrontiamo su specifiche situazioni. Una caratteristica che dà fondamento a questa scuola è il fatto che noi insegnanti abbiamo tutti formazioni piuttosto precise e differenti fra loro. Ad esempio, io ho una formazione come insegnante steineriana, ma c’è chi ha una formazione montessoriana, ooutdoor.
Stiamo facendo il tentativo di mettere insieme queste competenze, attraverso un progetto nuovo, dove possano confluire sulla base di un sistema valoriale comune. Noi tutti crediamo, ad esempio, nell’educazione outdoor esperienziale e, allo stesso modo, riteniamo che i bambini non possano stare troppe ore seduti, senza muoversi. Come in un respiro, c’è bisogno che a una parte di concentrazione segua una di espansione.
Così, all’interno di una lezione o di una giornata, ci saranno attività che richiedono concentrazione, alternate ad attività più dinamiche, manuali o artistiche. Un ciclo che, d’altra parte, si ripropone anche a livello spaziale: abbiamo la contrazione quando siamo all’interno, nei locali che per i nostri numeri sono un po’ stretti, e l’espansione quando siamo in questo meraviglioso spazio esterno.
Come organizzate le vostre giornate?
Si comincia alle 8. Il momento iniziale, quello dell’incontro, è dedicato al gioco libero. Poi ci ritroviamo in cerchio per condividere come si sta e, se emergono questioni, sciogliere i nodi prima di iniziare. Durante la mattina ci sono due lezioni, intervallate da una breve pausa alle 10 e da una più lunga, di gioco libero all’aperto, dalle 11 alle 11.30. Alle 13 c’è il pranzo tutti insieme – abbiamo un servizio mensa esterno che comprende opzioni per celiaci e vegetariani – seguito da un altro momento di gioco libero.
Il pomeriggio è dedicato a lezioni più “leggere”: musica, geografia, oppure un’uscita, in modo da non affaticare troppo le menti a fine giornata. Il venerdì pomeriggio manteniamo la tradizione del gioco libero: i ragazzi hanno a disposizione vari materiali con cui sperimentano e danno vita a mondi fantastici. Ci si rende conto che l’insegnamento è vivo quando il gioco è il riflesso di quanto fatto in classe.
Ci sono dei momenti di confronto allargato con le famiglie?
Sì, ci siamo dati come strumenti diversi tipi di incontro: una riunione generale, a inizio e fine anno, dove è presente tutta la scuola. Abbiamo appena trascorso un weekend in campeggio insieme alle famiglie come momento conclusivo dell’anno. C’è poi una riunione specifica per ogni classe e i colloqui personali con i genitori programmati su reciproca richiesta. Noi insegnanti facciamo, inoltre, una giornata di riunione di equipe al mese – il sabato – perché sentiamo il bisogno di discutere di questioni concrete o di confrontarci sull’andamento del percorso.
Come sono i rapporti con la scuola pubblica e il territorio?
Ottimi. Le maestre che esaminano i nostri bimbi a fine anno sono sempre molto accoglienti e interessate. A Natale siamo stati invitati a partecipare, con i nostri addobbi e le nostre canzoni, a un concerto che coinvolgeva le scuole di Chiusa di Pesio. In quell’occasione i bambini hanno lasciato biglietti di auguri nelle buche da lettere instaurando un circolo virtuoso di doni e scambi.
Ci piacerebbe, non appena saremo maturi per farlo, che le classi della scuola statale venissero a fare delle esperienze da noi per sperimentare attività negli spazi naturali della Roccarina. Per quel che riguarda il territorio, abbiamo organizzato visite a realtà della zona, dal polo museale di Chiusa di Pesio, al comune, alle botteghe. I rapporti sono eccellenti anche con l’amministrazione locale e con l’Ente Parco: recentemente abbiamo avuto un incontro con il direttore per dimostrare il nostro apprezzamento per la guida ambientale che ha accompagnato, in un percorso didattico di grande valore, tutte le nostre classi.
Quali sono le maggiori difficoltà che riscontrate?
Siamo consapevoli che dobbiamo trovare sempre di più un equilibrio tra una preparazione adeguata a livello di contenuti – penso anche a un prosieguo dei ragazzi in una scuola statale – e l’attenzione per le attività outdoor e di relazione, basi del nostro progetto. Consci che il tempo non è infinito, tra errori e aggiustamenti che vediamo dare i loro frutti, stiamo lavorando per migliorare via via in questo senso.
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