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La relazione tra conflitti armati e danni ambientali è una realtà che si è fatta sempre più evidente nel corso dei decenni. Espressioni come “avvelenare i pozzi”, “rendere l’aria irrespirabile” e “affamare le popolazioni” non sono solo metafore: rappresentano le reali conseguenze delle guerre sull’ambiente. Queste pratiche distruttive, che coinvolgono incendi di boschi, distruzione di coltivazioni e avvelenamento di risorse naturali, dimostrano come la guerra non si limiti a causare vittime umane, ma ne provochi anche a livello ambientale. Questa consapevolezza ha spinto l’Assemblea Generale dell’ONU a dichiarare il 6 novembre come Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto armato.
Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, ha affermato che “la guerra e l’ambiente sono profondamente interconnessi. In tutto il mondo, almeno il 40% di tutti i conflitti interstatali ha avuto un’importante componente sulle risorse naturali. Troppo spesso l’ambiente è tra le vittime della guerra, attraverso atti deliberati di distruzione o danni collaterali, o perché, durante i conflitti, i governi non riescono a controllare e gestire le risorse naturali”.
CAMBIAMENTO CLIMATICO E SETTORE MILITARE
Il settore militare-industriale è una delle principali cause del cambiamento climatico. Questo non solo per le emissioni dirette, ma anche per il suo ruolo nel promuovere investimenti nelle energie fossili. Ad esempio, se l’esercito statunitense fosse una nazione avrebbe le emissioni pro capite più alte al mondo. Le forze armate globali hanno una significativa impronta di carbonio, contribuendo all’effetto serra attraverso l’uso di combustibili fossili come petrolio, cherosene e nafta.
Le emissioni militari includono ossidi di azoto, anidride carbonica, monossido di carbonio e particolato, tutti altamente nocivi per l’ambiente e la salute umana. Tuttavia, non esiste un obbligo internazionale per i paesi di riportare queste emissioni, il che rende difficile valutare l’impatto completo del settore militare sul cambiamento climatico. Le conferenze della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), come l’ultima COP 28 tenutasi a Dubai, obbligano gli Stati a comunicare le proprie emissioni di gas serra ogni anno, ma tale obbligo non si estende alle emissioni militari, che rimangono su base volontaria.
IMPATTI SULL’ARIA E SULL’ACQUA
Ogni azione militare danneggia le matrici fondamentali per la vita: aria, acqua, suolo e cibo. Ad esempio, la qualità dell’aria in Europa è peggiorata significativamente a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina, contribuendo a gravi problemi di salute pubblica. Gli inquinanti atmosferici hanno effetti devastanti sulle vie respiratorie e su altri apparati e organi, inducendo o contribuendo all’insorgenza di numerose patologie, tra cui infiammazioni, asma, malattie cardiovascolari e tumori.
I bombardamenti possono anche causare incendi boschivi, rilasciare sostanze chimiche e radioattive nell’ambiente e utilizzare armi come il fosforo bianco, che provoca danni devastanti a persone e ambiente. Le bombe al fosforo bianco, classificate come armi chimiche, provocano lesioni polmonari gravi e danni permanenti a occhi e pelle.
L’acqua subisce danni attraverso la distruzione degli acquedotti e la contaminazione delle fonti idriche. Un esempio recente è il sabotaggio della diga di Kakhovka in Ucraina, che ha provocato gravi inondazioni, compromettendo la disponibilità di acqua per migliaia di persone e causando gravi danni ambientali. La distruzione degli impianti di potabilizzazione e trattamento delle acque reflue riduce ulteriormente la disponibilità di acqua potabile, con gravi conseguenze sanitarie.
IL PAESAGGIO, IL SUOLO E IL CIBO COME OBIETTIVI STRATEGICI
I conflitti armati trasformano i campi coltivati in campi di battaglia, riducendo la sicurezza alimentare e distruggendo le infrastrutture agricole. Le mine terrestri e i residui di munizioni contaminano i terreni, alterando la qualità e la sicurezza del cibo. Elementi come antimonio, arsenico, piombo e uranio impoverito rimangono nei terreni e possono contaminare le falde acquifere e le catene alimentari, rappresentando un rischio per la salute umana.
La distruzione di infrastrutture agricole – canali, pozzi, granai – così come l’abbattimento di strutture per l’allevamento e l’accudimento degli animali, riducono la sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza delle comunità, incrementando il fenomeno delle migrazioni. Trasformare i campi coltivati in campi di battaglia determina la riduzione delle produzioni agricole e accentua le crisi alimentari, coinvolgendo soprattutto i paesi più poveri al mondo.
Le attività di addestramento militare nei poligoni contaminano i suoli e alterano la qualità e la sicurezza del cibo. Gli elementi chimici utilizzati nelle munizioni restano nei terreni e possono contaminare le falde acquifere e le catene alimentari. L’uranio impoverito è un altro contaminante bellico preoccupante, usato per rinforzare i proiettili e perforare corazze. Questo elemento è associato all’insorgenza di tumori e malformazioni congenite.
LA MINACCIA NUCLEARE
Gli effetti delle esplosioni di bombe nucleari su persone, città e ambiente sono devastanti. Con circa 13.000 testate nucleari in grado di distruggere la vita sulla Terra, l’uso di queste armi potrebbe causare un inverno nucleare, con un calo medio delle temperature globali di circa 10°C, portando alla morte di gran parte dell’umanità. Gli arsenali nucleari attuali sono detenuti da USA, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord. Gli effetti di una guerra nucleare su larga scala includono esplosioni, incendi, uragani e ricadute radioattive con conseguenze distruttive a lungo termine.
CONCLUSIONI
È urgente mettere in campo tutte le azioni possibili per cessare i conflitti armati e ridurre le spese militari. La pace duratura deve prevedere la smilitarizzazione e il disarmo, iniziando da quello nucleare. Il clima e l’ambiente non devono più essere vittime inevitabili di guerra. Lo spazio non deve continuare a essere un’area di conquista e sperimentazione di nuove tecniche militari.
Il contrasto e il controllo della crisi climatica, la sicurezza ambientale e la salute umana sono strettamente interconnesse. Solo attraverso una visione olistica di One Health, che considera il benessere di tutte le specie viventi e la non contaminazione della biosfera, sarà possibile garantire un futuro sostenibile per il nostro pianeta.
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