La pesca nello Stretto di Messina, tradizionale e sostenibile, diventa presidio Slow Food
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Conoscenza e rispetto del mare, prima di tutto. Per preservare lo straordinario ecosistema marino dello Stretto di Messina e per riaffermare il valore della piccola attività ittica locale – un settore a rischio di scomparsa a causa di politiche globali di pesca che avvantaggiano le grandi flottiglie – da maggio 2024 la pesca nello Stretto effettuata con metodi tradizionali è diventata un presidio Slow Food. Un progetto, su una delle aree più delicate e determinanti del Mediterraneo, promosso dalla Condotta Slow Food Messina Aps e sostenuto dal Comune di Messina, con il coinvolgimento della città di Reggio Calabria. E che rientra nel piano strategico comune per la promozione territoriale dell’area dello Stretto.
«Un laboratorio di comunità permanente», lo ha definito Michelangelo D’Ambrosio, presidente di Slow Food Calabria, che si pone l’obiettivo di preservare le tecniche di pesca che si sono consolidate nel tempo sulla base delle esperienze dei pescatori e dei mutamenti biologici delle specie ittiche. Alcuni sistemi sono comuni a tutte le marinerie mediterranee, altri sono tipici dello Stretto e legate alle sue particolarissime condizioni: fondali profondissimi, correnti forti e mutevoli, venti impetuosi e intenso transito delle navi.
Lo Stretto è una striscia marina a larghezza variabile, dai circa 18 chilometri a mezzodì ai soli 3 chilometri nella sua estremità settentrionale. Sui suoi fondali, profondi dai 64 ai 3000 metri, giacciono relitti di imbarcazioni di tutte le epoche. L’Area dello Stretto è un patrimonio storico, mitologico e naturale impareggiabile. Metafora di ogni rischio e sfida marina, lo Stretto è luogo di migrazioni di popoli e colonizzazioni da millenni.
Le gesta dei viaggiatori che hanno attraversato le sue acque, affrontandone le correnti e i venti impetuosi, sono state cantate nell’Odissea, dove Scilla che “terribilmente schiamazza” e “l’orrenda Cariddi” segnalano uno dei punti più ardui da superare. Scilla e Cariddi, quindi. Ma anche la Fata Morgana, la leggenda di Colapesce e le storie di Giufà, il mito di Kronos, Ulisse e le Sirene, il passaggio di San Paolo, l’attraversamento sulle acque di San Francesco di Paola, solo per citarne alcuni.
Ma lo Stretto che separa la Calabria dalla Sicilia, dividendo il mar Ionio dal Tirreno è anche uno degli hotspot di biodiversità più importanti del Mediterraneo, un habitat naturale dove sopravvivono specie di eccezionale valore universale. Qui le coste che si interrompono in Africa riprendono in Sicilia e proseguono in Aspromonte, dando forma a un’area di transito e migrazione per moltissime specie proprio grazie alla sua particolare posizione di confine fra i bacini occidentale e orientale del Mediterraneo.
Ovviamente, anche la pesca nello stretto ha da sempre un ruolo speciale. Le prime tracce di cattura del tonno sono emerse in vari scavi archeologici dell’area e risalgono all’età preistorica. «Tuttora, in queste acque, undici società di pescatori si dedicano alla pesca costiera, con tecniche tradizionali e reti selettive – lenze, nasse, tremagli, palangari», spiegano dal presidio.
I pescatori del presidio mantengono in vita pratiche tradizionali di pesca con un grande valore culturale e ambientale, impiegando attrezzi selettivi a basso impatto. «Anche per la pesca del pesce spada, una delle specie più pescate e consumate nel mondo, la cattura è sostenibile e rappresenta un elemento sociale e culturale da tutelare e valorizzare», dicono. Per la pesca del pesce spada, sullo Stretto non hanno mai attecchito le spadare, grandi reti usate fino a vent’anni fa e oggi vietate perché in grado di catturare enormi quantitativi di pesce senza fare distinzione fra specie.
Lungo le coste, le marinerie hanno invece mantenuto viva nel tempo la pesca artigianale con le feluche, piccole imbarcazioni munite di una passerella lunghissima – fino a 35/40 metri – e di un albero molto alto con un’antenna di 22 metri, che percorrono un tratto di mare assegnato, detto la posta, andando avanti e indietro e procedendo controcorrente per andare incontro al pesce, che invece segue la corrente. La pesca nello stretto con le feluche avviene da aprile a giugno lungo la costa calabra e da luglio ad agosto lungo il litorale messinese.
«La nostra “rete” è stata posata nel pezzo di mare che unisce Messina e Reggio, le cui maglie pescano idee e intessono relazioni», aggiunge Mariella Crucitti, fiduciaria di Slow Food Reggio Calabria. «Per noi tutti che ci affacciamo su questo straordinario mare e che ci occupiamo della pesca nello Stretto, è diventato prioritario salvaguardare il patrimonio culturale materiale e immateriale che ci unisce. Lo Stretto Slow dalle correnti sostenibili».
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