31 Lug 2024

Nel nuovo romanzo di Milena Agus una Sardegna alle prese con le sfide dei giorni nostri

Scritto da: Alessandra Ghiani

L'appuntamento con la rubrica "Letti da Alessandra Ghiani" questo mese si sofferma sull'ultima pubblicazione della scrittrice sarda Milena Agus, Notte di vento che passa. Il nuovo romanzo narra la storia di Cosima, una giovane che affronta la "complessità del vivere" attraverso la letteratura. Tra sogni, realtà e contrasti familiari, Cosima impara a bilanciare la sua sensibilità con la durezza della vita reale. Sullo sfondo, una Sardegna fremente e complessa, riflesso delle sfide contemporanee.

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Lo scorso marzo, la scrittrice Milena Agus è tornata in libreria con il romanzo Notte di vento che passa, edito da Mondadori. Nata a Genova da genitori sardi, residente a Cagliari dall’età di dieci anni, ha insegnato Lettere negli istituti superiori. Per le sue opere – tra cui ricordiamo “Mal di pietre” (Nottetempo, 2006) che l’ha rivelata al grande pubblico, è stato tradotto in molte lingue ed è stato trasposto nell’omonimo film francese con protagonista Marion Cotillard – ha ricevuto numerosi premi letterari.

Milena Agus ha l’incredibile dono di raccontare cose di grande valore con una leggerezza, intrecciata a una straordinaria profondità di pensiero, che rende la lettura dei suoi romanzi godibilissima. Notte di vento che passa narra le speranze, i sogni, i desideri, le esperienze di una giovane donna che si affaccia al mondo adulto circondata dalla bellezza della letteratura. Cosima, questo è il suo nome, è una diciottenne che frequenta il liceo classico, che vive in un mondo tutto suo e che proprio per questo dovrà imparare a interfacciarsi con la realtà e con le altre persone, senza barattare la sensibilità che la caratterizza.

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La spiaggia del Poetto, uno dei luoghi preferiti da Cosima, protagonista del romanzo di Milena Agus
LETTERARIZZARE” LA VITA

Cosima ha un modo curioso di affrontare la complessità del vivere che la accompagnerà dall’adolescenza alla scoperta del mondo adulto e dell’amore: letterarizza ogni aspetto della sua esistenza. «Ero sempre stata un fenomeno nell’inventare balle. Traevo ispirazione dai libri e le costruivo talmente bene che tutti le prendevano per vere e alla fine ci credevo perfino io a quella mia versione dei fatti. Fino a quando la nostra professoressa di Lettere non ci aveva spiegato la letterarizzazione della realtà e allora, se prima mi sentivo una bugiarda e basta, dopo, senza offesa per quelli veri, mi sentivo anch’io un’artista», dice di sé.

Questa attitudine e il suo amore sconfinato per la lettura, se da un lato riempiono di poesia le sue giornate, dall’altro la tengono distante dalla realtà e la sfida per Cosima sarà imparare a guardarsi dentro e a distinguere i fremiti di vita vera dalla visione idealizzata che attinge dai libri.

Nel romanzo è evidente anche la contrapposizione tra paese e città

PADRE E MADRE, SOGNO E REALTÀ, CITTÀ E PAESE

L’essenza di Notte di vento che passa emerge dai contrasti, ad esempio nelle diversità tra sua madre che vive immersa in un pessimismo assoluto e suo padre, che è un sognatore, un’anima affine a Cosima. Il peso di una vita disagiata e di altri problemi che affliggono la famiglia è schiacciante per la madre, incapace di trovare una luce nel buio che l’avvolge. L’ottimismo caratterizza invece suo padre, che ama dipingere e che forse grazie a questa passione riesce a liberarsi della negatività.

Nel romanzo è evidente anche la contrapposizione tra paese e città. Il primo a cui si guarda con nostalgia per la qualità della vita e delle relazioni, sebbene fatichino a resistere in una società più individualista rispetto al passato; la seconda in cui tale aspetto è senza dubbio più marcato e in cui le persone sono molto spesso isole sperdute in un oceano di generale indifferenza.

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Alessandra Ghiani (a destra) e Milena Agus (a sinistra) durante l’evento Sanluri Legge
IL LASCITO DI GRAZIA DELEDDA

Dal romanzo di Milena Agus si evince un grande amore per la scrittrice nuorese, sia nelle citazioni esplicite sia nella scelta dei nomi. A parte Cosima, quello più scontato ma che in realtà proprio la protagonista associa invece al Cosimo Piovasco di Rondò del Barone rampante di Calvino, troviamo il personaggio di Costantino Sole – che avrà un impatto fortissimo nella vita della protagonista –, un esplicito riferimento, indicato anche nel romanzo, al Simone Sole di Marianna Sirca.

Persino il titolo del romanzo evoca Grazia Deledda – ispirato da un passaggio de L’incendio nell’oliveto – così come lo sguardo di Cosima quando si posa sui paesaggi naturali, di cui questa descrizione è un felice esempio: «La pianura, di un verde dolce interrotto da massi di pietre scure, punteggiata di querce rese curve dal vento, saliva e diventava collina per poi discendere e farsi vallata, brughiera giallo oro a tratti quasi nera per le macchie di bosco. Dopo i prati e una lunga vena d’acqua azzurrina dove si specchiavano lecci, quercette, roverelle, lungo un fiabesco sottobosco di rovi, corbezzoli e caprifogli, superati i ponticelli, arrivammo dove l’acqua di sorgente si buttava giù in ripide cascatelle, su vasche antiche».

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Ritratto di Grazia Deledda, di Plinio Nomellini, 1914
NEL ROMANZO DI MILENA AGUS LA SARDEGNA, SOPRATTUTTO

Sullo sfondo del romanzo, tratteggiata in punta di penna ma con riflessioni incisive, troviamo una Sardegna alle prese con le sfide dei giorni nostri. Ci sono numerosi riferimenti ai problemi che affliggono l’Isola, sebbene filtrati dallo sguardo di una «giovanissima, con tutta la sua inesperienza e inadeguatezza e spaesamento e sogni e illusioni e delusioni», come scrive Milena Agus nella nota finale. Proprio questo sguardo è un aspetto fondamentale del romanzo, che sebbene ruoti intorno all’educazione sentimentale di Cosima, lascia spazio a pensieri e parole di grande impatto per le nuove generazioni.

A loro infatti spetterà il compito di provare a rendere la nostra terra migliore di come gliela stiamo lasciando e a non sottomettersi al “destino”, come suggerisce l’insegnante di Cosima in questo significativo passaggio che sarebbe bene fare nostro: «Indossare l’abito del dissenso significherebbe iniziare a dire Preferirei di no, come Bartleby [personaggio creato da Herman Melville, ndr]. Servitù militari e scorie nucleari? Preferirei di no. Abusi edilizi e cementificazione delle coste? Preferirei di no. Emigrare? Preferirei di no. L’agricoltura e la pastorizia come ripiego? Preferirei di no».

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