Meduse, granchietti e stelle di mare: animali, non oggetti! Rispettiamoli per l’etica e la biodiversità
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Ciao, sono una medusa. Per me è arrivato il momento dell’anno più pericoloso e temuto: bagnanti, grandi e piccini, mi raccolgono dall’acqua, da casa mia, per farmi squagliare al sole. Sì, avete capito bene, non posso stare nel mio mare, l’unico posto che ho per vivere, perché le persone temono così tanto la mia presenza da uccidermi pur di farsi una nuotata. D’altra parte, ho parlato anche con il mio amico orso e anche a lui succede la stessa cosa: le persone lo vogliono morto pur di far jogging nel bosco, in quella che è casa sua.
I suoi artigli e i miei tentacoli sembrano essere l’unica preoccupazione dei turisti, come se noi non vedessimo l’ora di riversarci contro loro, quando tutti sappiamo che non è così: noi viviamo la nostra quotidianità nel nostro habitat e l’ultimo dei nostri pensieri siete voi umani. O meglio… siete il primo dei nostri problemi, il più grande, il più pericoloso ma state tranquilli che facciamo il possibile per starvi lontani e tutto vorremmo meno che incontrarvi, ma voi siete tanti e siete ovunque.
Avete colonizzato ogni spazio naturale a nostra disposizione, dai mari ai boschi, gli scogli, la spiaggia, cieli, savane e foreste. Come facciamo a starvi lontani se siete voi a non stare lontani da noi? In ogni caso per fortuna la legge è dalla nostra, perché per chi non lo sapesse, catturarci e ucciderci è illegale, per l’articolo 544 ter e bis del Codice penale.
«Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale».
Eh sì, perché so che a volte sembra difficile da ricordare, ma noi siamo animali. Siamo animali come cagnolini, gattini, cerbiatti e delfini. Siamo animali utili e fondamentali per l’ecosistema, tasselli importantissimi della catena alimentare: siamo cibo per le tartarughe marine, motivo per cui spesso le trovate morte per ingestione di plastica. La plastica in decomposizione rilascia un odore simile a quello che abbiamo noi e anche la vista inganna le tartarughe che si confondono credendo che una busta di plastica che fluttua in mare, sia una medusa.
Quindi sì, noi siamo biodiversità, siamo natura, siamo animali e no, non siamo più di quante dovremmo essere, non siamo dove non dovremmo essere e non facciamo quello che non dovremmo fare. La nostra vita e quella dell’equilibrio dell’ecosistema valgono davvero meno di una vostra nuotata? Ok, è vero! Noi meduse non abbiamo il cervello. Nemmeno sangue, ossa e cuore. Tuttavia, abbiamo un sistema nervoso elementare con recettori che rilevano luce, vibrazioni e sostanze chimiche nell’acqua. È questo che, insieme al senso di gravità, ci consente di orientarci e navigare nell’acqua.
E se vi dicessi che c’è una medusa che è immortale?! Non ci credete? Si chiama Turritopsis dohrnii ed è diffusa nel mar Mediterraneo. Se si trova esposta a stress ambientali, aggressioni fisiche oppure è malata o vecchia, può tornare allo stadio di polipo, formando una nuova colonia di polipi e regredire. Questo la rende, quindi, biologicamente immortale! Che ne dite, adesso, delle meduse?
La prossima volta che il vostro vicino di ombrellone si arma di retino per andare a svuotare il mare di meduse, ricordategli che è illegale, che noi siamo innocue soprattutto in Italia e che se davvero vuole assicurarsi una nuotata in pace può allontanarsi lui o al massimo spostarci con un secchiello, allontandoci dalla riva e portandoci in mare aperto. Se noi ci avviciniamo alla riva è perché lì il mare è più caldo, complici anche il cambiamento climatico e l’inquinamento.
Se il vicino non dovesse ascoltarvi e si ostinasse a compiere l’illegalità uccidendoci, chiamate la guardia costiera e mentre le forze dell’ordine intervengono, provvedete voi a salvarci recuperandoci dalla spiaggia e dal sole, riportandoci in mare con un secchiello entro mezzora dalla cattura. Uno sterminio simile avviene anche con le stelle marine tirate fuori dall’acqua per scattare foto. Non importa per quanto tempo la stella marina, animale anche lei, stia fuori dall’acqua: quando vengono tirate fuori anche se per pochi secondi, rischiano di morire per embolia: si crea infatti una bolla d’aria nei loro canali idraulici che le porta a morte certa.
E prenderle in mano dentro l’acqua non migliora la situazione. Basta un minimo contatto per ucciderla: le nostre mani calde, infatti, le portano a disidratazione e surriscaldamento, spesso unte di creme e unguenti, rischiano di provocare infezioni mortali. Attraverso un contatto fugace dentro l’acqua si possono danneggiare i delicati pedicelli ambulacrali delle stelle marine. Osserviamole a distanza, senza disturbarle.
Lo stesso vale per i granchietti, paguri e pesciolini che puntualmente ogni estate diventano il gioco preferito dei bambini in spiaggia che li catturano infliggendo loro le peggiori torture davanti agli occhi di genitori e altri bagnanti come se fosse la cosa più normale del mondo perché “si è sempre fatto così”. Purtroppo, è incredibilmente difficile sradicare quelle che sono immagini consuete che ormai si sono fissate nella nostra testa dopo decenni in cui le vediamo e che reputiamo normali.
Ma cosa c’è di normale in un bambino che cattura un essere vivente per divertimento? Cosa c’è di normale in un genitore che uccide animali di fronte ai suoi figli, pur di farsi il bagno al mare in pace? Cosa c’è di normale in un influencer che fa morire animali solo per farsi un selfie? Se invece di essere meduse, granchietti e stelle marine fossero volpi, cerbiatti o passerotti la cosa passerebbe inosservata in questo modo?
Anche la Corte di Cassazione, infatti, si è espressa sul tema del maltrattamento animale, nel quale rientra anche la detenzione di animali marini incompatibile con la loro natura, esattamente come nel caso di un granchietto prelevato dal mare con un retino e costretto a stare in un minuscolo secchiello per ore solo per essere osservato. E sia chiaro, è meraviglioso che i bambini scoprano la natura e siano attirati dagli animali, la loro curiosità è la linfa vitale che nutre la conoscenza ma questa curiosità va mediata da un adulto che sia il ponte di conoscenza e di rispetto tra il mondo animale e l’ingenuità del piccolo.
Gli adulti devono essere i soffici guanti di etica con cui i bambini si approcciano agli altri animali e per questo è necessario essere presenti quando i bimbi vogliono interagire con la fauna: per modulare la loro entusiasmante curiosità attraverso la consapevolezza e il rispetto. Che cosa state trasmettendo a vostra figlia se la lasciate incautamente catturare granchietti con i suoi amici, facendo a gara a chi cattura quello più grande, facendoli poi morire soffocati uno sopra l’altro in secchielli di plastica sotto al sole? Qual è il messaggio educativo? Cosa si porta a casa da quest’esperienza?
Mettetevi lì con lei, cercate paguri insieme a lei. Osservateli, prendetene uno per qualche secondo, mettetevi all’ombra, studiatelo, fotografatelo e poi rilasciatelo. In questo modo alimenterete la curiosità dei bambini in modo consapevole. Potete dissetare la loro fame di sapere cercando anche informazioni su internet, che è una fonte inesauribile di conoscenza se usato bene. Cosa mangia quel granchietto? Chi se ne nutre? Che comportamenti curiosi ha? Questo sarà un piccolo o un grande? Un maschio o una femmina? È una specie a rischio o no? Come possiamo proteggere il suo habitat?
Utilizzando app gratuite come I-Naturalist può essere molto facile anche identificare la specie e fare ricerche mirate, rendendo la cattura degli animaletti un gioco per il rispetto e la conoscenza. Nessuno pretende che i genitori siano enciclopedie ma una ricerca su internet può davvero fare la differenza tra un’attività diseducativa e un’esperienza formativa ed etica. E tu? Che adulto vuoi essere? Che bambini vuoi crescere? Tu sei il cambiamento. Educa il tuo vicino di ombrellone, educa la spiaggia intera, dai il buon esempio e crea un’onda di sensibilizzazione!
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