Francesco Damiano: l’Indiana Jones Napoletano che “racconta le meraviglie della sua terra”
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Campania - Io e Francesco Damiano non ci conosciamo di persona, ma conosco abbastanza bene il suo alter ego: Indiana Jones Napoletano, un uomo che da quasi sei anni gira la sua terra, la Campania, e la racconta come solo un amante può fare. Colline, anfratti, sentieri, conche: ogni curva diviene un paesaggio sinuoso da filmare e far conoscere. «Dopo una vita da libero professionista ho abbracciato il credo del posto fisso, ma il timore di non poter più avere del tempo per me mi ha spinto a lasciare il lavoro da impiegato a tempo indeterminato, uscendo da quell’ufficio con meno certezze materiali, ma con qualche consapevolezza e aspirazione in più: la mia voglia di raccontare».
INDIANA JONES NAPOLETANO, WHY NOT?
Francesco, nato a Pianura il 21 settembre 1984, si è spogliato con noi delle luci dei social, del lavoro, delle ipocrisie, dei falsi miti e ha deciso di raccontare e di raccontarsi senza filtri: «Sono nato e cresciuto a Pianura, un quartiere periferico di Napoli raccontato dei media solo ed esclusivamente per i suoi lati più oscuri. Quello nei confronti della mia città è un modus operandi che non mi ha mai convinto; la realtà non televisiva è ben altro, è davvero molto bella. Questo continuo focalizzarsi sul negativo ha fatto crescere in me un senso di rivalsa e soprattutto la necessità di raccontare questa bellezza celata».
Ed è così che nasce Indiana Jones Napoletano: abbigliamento alla Harrison Ford, un impiegato che si trasforma in avventuriero. «La trilogia di Indiana Jones ha forgiato la mia curiosità e alimentato il mio bisogno di avventura: l’Indiana Jones Napoletano è una scusa per diffondere, dare luce e risalto al nostro patrimonio artistico, culturale e paesaggistico troppo spesso dimenticato e ignorato. Raccontare i luoghi sconosciuti ai più, le tradizioni e quei “personaggi autentici” della mia terra appaga il mio essere curioso e mi riempie di gratitudine. Non è ‘na fatica, ma ‘na missione!».
Non una scelta improvvisata o dettata dall’impeto; inseguire i propri desideri non è mai un cammino semplice e cela tantissime difficoltà: il rischio di fallire è sempre dietro l’angolo. «La mia è stata una scelta ponderata; non sarò qui a consigliarvi di mollare tutto almeno che non siate in una condizione in cui il rischio è relativamente calcolato e non abbiate un fuoco sacro che vi arde dentro. Il mio fuoco sacro? Vivere il mio tempo come desidero».
«Sì, lavorare, ma anche avere la sensazione di fare qualcosa per me stesso e per gli altri, sentirmi parte di qualcosa spiritualmente più elevato e non solo attendere impaziente la fine del mese per l’accredito del salario», precisa il nostro Indiana Jones Napoletano. «Indiana Jones Napoletano non nasce come un’idea lavorativa per fatturare, ma come un’esigenza interiore. Con un percorso, come il mio, che parte dall’interno verso l’esterno non può esistere dicotomia. Indiana Jones Napoletano è parte di me».
MOTIVAZIONE E DESIDERIO DI RACCONTARE
«Dismesso il badge che timbravo ogni mattina prima di entrare in fabbrica avevo due cose tra le mani: la necessità di raccontare e la modalità per farlo. Ho svolto la professione di montatore video per circa dieci anni presso la famiglia reale di Riyad in Arabia Saudita, ho conseguito un master in regia e sceneggiatura cinematografica a Roma. Non vi era quindi dubbio su ciò che sentivo il bisogno di fare». Come farlo? «Qui è partita l’esplorazione più complicata, quella interiore, ricercando in qualsiasi angolo del mio io il mio fuoco sacro.», aggiunge Indiana Jones Napoletano, «La mia ricerca è terminata quando ho deciso di raccontare le meraviglie della mia terra: luoghi, tradizioni e personaggi autentici».
Poco dopo le sue dimissioni Francesco ci racconta di essere andato presso il borgo di Torre a Minori ed è proprio lì che è avvenuta la sua conoscenza con Michele Ruocco, “un visionario”, un uomo con in mente un progetto ben definito: dare lustro al suo territorio. Non il classico racconto della divina costiera amalfitana, ma una descrizione totalmente distaccata dall’immaginario collettivo. Non i soliti luoghi iconici, bensì i luoghi dell’anima. Ed è con lui che è cominciato il percorso di Indiana Jones Napoletano: «Quello del borgo Torre è un patrimonio culturale e umano che rischiava di essere dimenticato o, peggio ancora, perso per sempre. Ho preso parte a questa rivoluzione gentile».
Non solo spazzatura o camorra come la tv e i social ci vogliono propinare. «La Campania è una regione che può vantare un’enorme offerta di esperienze e destinazioni: mare, montagna, turismo enogastronomico, antichi borghi, turismo speleologico, turismo religioso, turismo termale, cammini, escursioni». Non un singolo luogo, bensì un mix di estasi ed empatia: «Ciò che più di tutto rimane dentro di me è l’ospitalità delle persone: un caffè o una limonata divengono una scusa per farsi raccontare ciò che sui libri non c’è. È questo il vero patrimonio della nostra terra: non ci sono università, corsi o enti che lo certificano; è insito nel DNA del territorio».
RICERCA E PIANIFICAZIONE
«La genesi delle mie esplorazioni ha una sola parola d’ordine: ricerca. Non sempre è necessario cercare luoghi, tradizioni e personaggi attraverso siti web e testi; il più delle volte è l’inaspettato a far cominciare una nuova avventura: al bar, mentre sono alle prese con un momento di sana leggerezza, mi si avvicina una persona che esordisce con “Ué Frank, ma tu lo sai che…?”. La reazione è immediata: i miei occhi sorridono perché già so che, seppur sia un racconto con nessuna contezza storica, è per me materiale su cui progettare la prossima esplorazione».
La natura diventa per il nostro Indiana Jones Napoletano uno specchio per poter guardarsi dentro e per capire dove si sta andando. «In questi anni non ho mai vissuto momenti difficili o pericolosi, ma emotivamente intensi sì. Da sapiens di città non sono abituato a suoni e colori che la natura mi dona. Guardarmi intorno con stupore diventa un momento e un motivo di meditazione sulla modernità e sulla vita frenetica che ormai conduciamo negli agglomerati urbani. Il luogo che più è lontano dalla mia comfort zone è il bosco perché è in esso che ho minor potere di controllo. Che vocabolario di sensazioni sono i boschi!».
Una crescita esponenziale quella degli ultimi anni: oltre 20mila follower su Facebook, da dove tutto è partito. I social hanno un grande potere: offrono opportunità a tutti di poter diffondere il proprio messaggio e favoriscono la prosecuzione di ogni missione, dalle più banali alle più serie. «Senza di essi Indiana Jones Napoletano chissà dove sarebbe e se esisterebbe. I social celano tante zone d’ombra, creare nuovi contenuti è appagante, ma necessita di tanta disciplina e fatica. Spesso se dopo tanto impegno non si ricevono i riconoscimenti a cui si aspira, ci si sente in balia della frustrazione».
«Lavoro tanto su me stesso per non diventare schiavo di ciò e non compromettere il mio benessere psico-fisico», conclude Francesco. «Sto bene con me stesso e, nonostante l’insistenza dell’ego, realizzo video esplorazioni a prescindere dal bel risultato». Francesco e Indiana Jones Napoletano hanno la stessa vita, amano l’aria aperta, la libertà, la cultura, i salti nel vuoto, i prati verde speranza e i cieli azzurri come il mare. Una vita lenta fatta di risate, sorrisi, melodie in natura e pace.
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