Guerra e industria bellica: come porvi fine? A colloquio con Max Aliprandini della Lega Obiezione di Coscienza
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«La maggioranza della popolazione degli italiani non vuole la guerra, ma la ricerca di una trattativa fra i contendenti non viene affrontata dai mezzi di comunicazione, perché la guerra chiude le possibilità democratiche per un passaggio alla pace». Sono queste le parole con cui inizia la nostra conversazione con Max Aliprandini storico portavoce della LOC – Lega Obiezione di Coscienza di Milano che collabora ed è in collegamento a livello internazionale con la War Resisters’ International, con l’Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza e con la campagna Object War. Con Max abbiamo analizzato lo scenario geopolitico internazionale che si sta prospettando attualmente dall’Occidente all’Asia.
Quale è il meccanismo che mette in moto la guerra e il coinvolgimento dell’Italia, incluse le 130 basi militari nel nostro Paese?
Il meccanismo militare resta in sintesi questo: il presidente del consiglio con il Ministero della Difesa, forte delle 130 basi militari straniere in Italia, si reca al Pentagono per farsi accreditare e riceve commesse per la produzione di armi. Queste commesse riportate in Italia servono per le apparecchiature militari e avviare l’industria bellica.
È così che si forma la struttura dell’esercito e dell’industria bellica?
In Europa si lavora per ottenere commesse e progetti militari europei. In Africa, India nei vari paesi si vendono armi. Non è possibile poi non vendere armi nelle varie guerre. Non si ha all’interno della militarizzazione dell’Italia un progetto di pace complessivo. Non si hanno progetti di miglioramento dei diritti umani sul nostro territorio e nelle varie parti del mondo. Le tasse degli italiani sono spese in armamenti e missioni estere al limite e contro l’art. 11 della nostra Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Ma allora perché la guerra si diffonde e si allarga?
La guerra ha due settori di diffusione: uno geopolitico e un altro di scontro per procura dei paesi che hanno una struttura militare in grado di esportare la guerra fuori dai propri territori e con l’utilizzo della cosiddetta “carne da cannone” di altri paesi .
Chi sono i paesi responsabili di questi meccanismi?
Dopo la seconda guerra mondiale è inesorabilmente subentrata la guerra fredda fra Stati Uniti e Russia, che ha visto la divisione del mondo in aree d’influenza. Vi è stata in questa fase l’espansione degli esperimenti delle bombe nucleari – circa 350 esplosioni – e l’armamento nucleare è entrato nella fase di utilizzo per la concezione militare della deterrenza.
La fase successiva alla guerra fredda è stata la globalizzazione con la conquista delle rotte di navigazione, dei giacimenti energetici, del controllo della finanzia e dell’informatica. E la pace?
Dalle aspettative di pace e investimenti di pace, dopo la caduta del muro di Berlino si è passati a centinaia di conflitti nei vari paesi dell’Africa e nel mondo.
Qual è il ruolo degli Stati Uniti?
Gli Stati Uniti volendo mantenere una egemonia mondiale hanno aperto interventi militari espansivi fuori dai loro confini, più di cento tra guerre contro terrorismo, stati canaglia, armi chimiche, attacchi di difesa preventiva, governi con colonnelli, dittatori vari. Tutto questo non ha permesso una distensione a livello mondiale, tutti si sono armati e scontrati.
Anche l’Europa sì è trasformata in un sistema basato sull’assetto militare e industriale producendo e commerciando armi e che ha avviato molteplici guerre?
Anche l’Europa ha intrapreso una politica di allargamento dei suoi confini sia a est che a sud che incontra scontri armati ai suoi confini: Balcani, Russia, paesi del mediterraneo.
Vedi quindi un pericolo americano che attraversa la mondialità?
Il pericolo americano è quello che stiamo vivendo ora. Forti della loro potenza militare e del controllo della Nato, con questi strumenti si sono messi al centro delle due guerre: Palestina e Ucraina. La loro posizione si sta indebolendo politicamente in quanto caduta l’ipocrisia di essere gli arbitri dei concetti di diritto e di pace fra i contendenti, patteggiano e favoriscono le parti a loro vicine e perdono autorevolezza e ruolo.
I giovani da una parte e dall’altra sono braccati dalle forze di polizia per andare a morire senza un progetto e una finalità di pace. Il popolo ucraino è estromesso dalle decisioni sulla durata e fine del conflitto e portato ad essere usato da Europa e Nato nei loro progetti di espansione.
In Palestina gli Stati Uniti permettono agli israeliani di occupare un territorio palestinese e, sapendo che Hamas è strutturato come un partito all’interno di Gaza, chiamandolo gruppo terroristico anche il poliziotto o il vigile di quartiere diventano persone da sterminare. Ora tutte le armi date portano al rischio di una guerra anche con il Libano. Anche qui dare le armi non avvicina la pace, ma aumenta la tensione e allarga il conflitto.
Allora cosa bisognerebbe fare? Sospendere l’invio delle armi e aprire una trattativa è una necessità di tutti?
Un esempio fra tutti. In questi ultimi giorni gli Usa hanno siglato da soli con Zelensky per la cooperazione militare. Con la gestione dei missili a lunga gittata, da loro controllati, hanno scelto il bombardamento della punta più a sud della Crimea e con i loro tecnici militari hanno permesso agli ucraini di colpire il territorio russo con droni armati di bombe.
Dall’altra parte, i russi hanno colpito la parte più a nord dell’ucraina, Leopoli – dove entrano i mezzi militari occidentali europei e dove saranno consegnati gli F16 – distruggendo strutture energetiche come centrali di distribuzione dell’energia elettrica e i depositi di carburante che riducono la possibilità di far viaggiare treni e camion.
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Name: Che fine ha fatto il pacifismo? – A tu per tu + #12
Autore: Daniel Tarozzi
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Le nuove armi aumentano il conflitto non lo riducono. Quindi non c’è speranza?
No. Si può ancora tornare indietro. Avere un obiettivo “battere la guerra” è un formidabile programma politico. La pace passa per la definizione dei confini. La pace ha un prezzo: se vuoi riprendere il territorio lo puoi fare anche a un tavolo di trattativa. L’Europa deve sospendere l’allargamento a est e a sud.
Mi sembra che l’attenzione di oggi sia sul fatto che sia Putin e Zelensky a “modo loro” abbiano parlato di pace da posizioni diverse: uno vuole tutti i territori conquistati e quelli con popolazione russofona. Non vuole la presenza della Nato vicino ai suoi confini. L’altro rivuole tutti i territori dell’Ucraina. Il presidente cinese ha affermato che i due possano trovare un accordo a metà delle loro rispettive proposte.
Nessuno dei media nostrani ha preso in considerazione questo segnale. Ma i mass media vogliono mantenere la guerra?
In Palestina la trattativa riguarda il ritiro delle truppe israeliane e gli aiuti umanitari. La ricostruzione di Gaza e la sua organizzazione in città stato palestinese. Questa centralità permetterebbe uno sviluppo dello stato palestinese e attenuerebbe le mire israeliane di conquista e gestione di Gaza.
Leggi anche il nostro speciale sulla guerre nel mondo.
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