Garden sharing: alle radici del fenomeno che può rivoluzionare il turismo in Italia
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Vi abbiamo già raccontato delle attività di Garden Sharing, la piattaforma italiana che mette in contatti chi ha disponibilità di giardini, spazi verdi e terreni inutilizzati o sottoutilizzati e chi cerca uno spazio dove sistemare, a prezzi modici, la propria tenda, il camper, la roulotte.
Ma da dove nasce il concetto di garden sharing? Quali prospettive ha? E come (e quanto) può cambiare il volto del turismo nel nostro paese?
LE ORIGINI DEL GARDEN SHARING
Con l’avvento delle tecnologie digitali, sono nate numerose piattaforme online che hanno iniziato a praticare il modello della sharing economy, un sistema di economia collaborativa che rompe la divisione manichea, tipica dell’economia classica, fra produttori e consumatori.
In pochi anni sono nate centinaia di piattaforme per condividere automobili, motorini, biciclette e tanto altro. Diverse di queste piattaforme hanno a che fare con il turismo, ma spesso si concentrano sullo scambio o l’affitto di stanze e appartamenti, camper o barche.
L’idea – anzi il concetto stesso – di garden sharing, come vi abbiamo raccontato, nasce proprio in Italia, grazie ai creatori dell’omonima piattaforma. L’obiettivo è quello di mettere in contatto privati o imprenditori che hanno a disposizione spazi all’aperto con persone in cerca di esperienze turistiche diverse, fuori dai classici circuiti affollati e più a contatto con la natura.
Come ci racconta Lara Curcuruto, operation manager di Garden Sharing, «Siamo partiti prendendo ispirazione da fenomeni come il car sharing e le altre piattaforme della sharing economy. In questo caso si è partiti dalla condivisione di una proprietà privata, un giardino, uno spazio che potesse essere occupato da una tenda o da un camper. Nel tempo la rete si è evoluta andando ad includere anche attività più imprenditoriali come agricampeggi e glamping, ma anche in questo caso selezionando strutture medio-piccole e lontane dalle rotte più affollate e che valorizzassero il territorio».
IL GARDEN SHARING IN ITALIA
Grazie al lavoro certosino di tutto il team (un team tutto al femminile) la piattaforma conta oggi oltre 1000 strutture, collabora con molte realtà del settore (da festival, a associazioni di camminatori, a influencer, a negozi specializzati) e ha dato un forte impulso al fenomeno in tutto il paese.
«Abbiamo intercettato, selezionato e contattato singolarmente gli host adatti – continua Lara Curcuruto – in base a caratteristiche di sostenibilità e dimensioni».
La crescita di questo fenomeno, che rientra nell’ampio ombrello della sharing economy, ha spinto alcune regioni a iniziare dei percorsi legislativi per normare – e in alcuni casi incentivare – questa pratica.
Sul sito della Regione Piemonte, ad esempio, il garden sharing viene definito e consentito ufficialmente, con tanto di modulistica per gli host che vogliono mettere a disposizione propri spazi. La regione Campania ha approvato nel 2023 le “Norme in materia di turismo itinerante Garden Sharing e aree di sosta caravan e autocaravan”, mentre la Regione Marche ne parla all’interno del suo Testo unico sul turismo. E così via.
GLI IMPATTI DEL GARDEN SHARING SUL TURISMO, IN ITALIA
Il garden sharing sembra inserirsi in una cornice più ampia di crescita di modalità nuove di viaggiare, dal turismo esperienziale, a quello dei cammini, all’ecoturismo.
Il turismo esperienziale si conferma come una delle principali tendenze del 2024, con un crescente interesse per le attività all’aria aperta e il desiderio di vivere emozioni e nuove esperienze, spesso in compagnia.
Una ricerca dell’Università Cattolica mostra che il 75% dei circa 35 milioni di Italiani che nel corso di un anno pianificano almeno un viaggio o una vacanza è alla ricerca di esperienze non convenzionali. Crescono le scelte verso le aree rurali, lontane dalla folla, dove i viaggiatori cercano esperienze autentiche, sostenibili e a contatto con la natura. Anche la sostenibilità è ora una preoccupazione centrale per i viaggiatori moderni, influenzata dalla crisi climatica che ha cambiato il modo di approcciarsi alle vacanze, rendendo le persone più consapevoli del loro impatto ambientale.
Un recente studio condotto dalla piattaforma di prenotazioni online Booking.com rivela che il 64% dei turisti considera l’ambiente e la sostenibilità criteri fondamentali nella pianificazione del viaggio, percentuale che sale al 71% tra chi ha meno di 35 anni.
In questa cornice, il fenomeno del garden sharing potrebbe incrementare alcune tendenze “sane” del nostro turismo, che ancora oggi soffre dell’iper destagionalizzazione (stagioni turistiche molto corte, con molte persone concentrate in poco tempo) e della centralizzazione (con poche località turistiche che monopolizzano i flussi).
Come ci ha spiegato Lara Curcuruto, «gli oltre mille host che offrono i loro spazi sulla nostra piattaforma sono privati o strutture medio-piccole, che spesso si trovano in luoghi meno battuti dal turismo tradizionale e hanno stagioni più lunghe, in alcuni casi sono aperti tutto l’anno».
Il garden sharing consente anche un turismo più leggero e a basso impatto, in cui si sfruttano gli spazi esistenti senza costruirne di nuovi e si facilitano la vicinanza e le interazioni sociali fra i viaggiatori e le persone del luogo, permettendo un reale scambio di saperi, tradizioni, conoscenze.
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