27 Giu 2024

Vandana Shiva: “La Terra è a un bivio”. Ecco come possiamo salvarci

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti

Abbiamo incontrato Vandana Shiva, attivista indiana in difesa dei contadini e contro le multinazionali dell'agribusiness, in occasione della presentazione di un documentario sulla sua vita. Abbiamo parlato del suo lavoro, di semi e agricoltura, dello stato di salute della terra e anche di cosa possiamo fare per cambiare - in meglio - le cose.

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Roma, Lazio - «Per i colonizzatori occidentali, la foresta era una miniera di legname il cui unico valore era la conversione in denaro. Ma nella mia casa sull’Himalaya le donne dicevano tutt’altro: le foreste erano le madri, erano sacre». È un mondo al bivio, quello dipinto da Vandana Shiva, ricco di sofferenza e di speranza, che deve scegliere quale percorso vuole seguire.

La incontro, assieme al collega Filippo Bozotti, nella hall del Loly Boutique Hotel, a due passi da Piazza San Cosimato, nel cuore del quartiere romano di Trastevere. Eppure ascoltandola mi trovo ben presto altrove, in foreste incontaminate, in compagnia di contadini e attiviste. Vandana Shiva ha una dote rara: trascina con sé il suo contesto, le sue radici. Le puoi quasi osservare dipanarsi nella stanza, mentre parla.

Si trova a Roma in occasione della presentazione di un film sulla sua vita, “The seeds of Vandana Shiva”, dei registi Camilla Denton Becket e James Becket. E la sua vita è a tutti gli effetti una sceneggiatura già scritta. È nata a Derahdun, nello stato indiano dell’Uttarakhand, da una famiglia particolare: suo nonno, Mukta Singh, fu un pioniere dell’educazione femminile nelle aree rurali dell’India e morì durante un digiuno di protesta per fondare la prima università femminile; sua madre era la donna più istruita della sua comunità, aveva studiando a Lahore – allora parte dell’India – diventando un’alta funzionaria didattica. Vandana ha attinto a piene mani da questi due modelli.

Come ci aveva già raccontato, il suo impegno mette assieme femminismo ed ecologismo e nasce dentro all’organizzazione Chipko, nata per proteggere le foreste dell’Himalaya. Più avanti Vandana fonderà la sua di organizzazione, Navdanya International, di cui è presidente, per proteggere i diritti e la sovranità alimentare degli agricoltori dall’attacco delle multinazionali dell’agribusiness. Navdanya significa “nove semi” e dal 2008 è presente anche in Italia, dove organizza attività formative e di educazione. 

Vandana, cosa dicevano le donne dell’Himalaya, al tuo ritorno in India, del modello economico capitalista?

Dicevano che il prodotto principale della foresta non era il profitto, ma il suolo, l’acqua e l’aria pura. Era questa economia che difendevano, difendendo così anche l’economia del foraggio proveniente dalla foresta, del combustibile proveniente dalla foresta, dell’acqua proveniente dalla foresta. Mi resi conto che gran parte del mondo, a quel tempo il 70%, viveva in un’economia basata sulla biomassa, non in un’economia monetaria, ed erano le donne a gestire quell’economia, mentre dall’altra parte c’era il patriarcato capitalista con il dominio sulla natura e sulle donne, con l’avidità di distruggere la natura per fare soldi.

Eppure, se prendiamo le due teorie più rivoluzionarie della scienza contemporanea – relatività e meccanica quantistica –, esse sembrano basarsi più sulla relazione che sui singoli elementi. Almeno a livello teorico, il riduzionismo sembrerebbe superato. O no?

Ancora oggi c’è un’enorme competizione tra la filosofia riduzionista meccanicistica, che continua a essere professata in nome della scienza, e le scienze emergenti come la relatività, la quantistica, l’epigenetica [branca della genetica che mostra come il contesto influisca nel determinare il codice genetico, ndr]. Tutte queste discipline della relazione sono molto simili ai saperi indigeni e ai saperi femminili. Ma non tutta la scienza, soprattutto la scienza applicata, è così.

Non esistono due alternative, semplicemente perché una delle due non ha alcun futuro. La vita non è un’alternativa. La vita è

Puoi farci un esempio?

Prendiamo l’ingegneria genetica, quella alla base dei cosiddetti organismi geneticamente modificati, gli OGM. Su cosa si basa? Un’idea meccanicistica secondo possiamo intervenire modificando i singoli geni di esseri viventi per ottenere obiettivi specifici. Ma i sistemi viventi sono nuclei genomici complessi e sono auto-organizzati. 

Lo stesso vale, a tuo avviso, anche per i cosiddetti nuovi OGM, o NGT, di cui si dibatte molto in Europa?

Certamente. Cos’è l’editing genetico di cui si parla? Sempre prendere sistemi viventi complessi, relazionali, auto-organizzati e ridurli a linee di codice, su cui fare “taglia e incolla”. Non è così che funziona, la vita. È ancora tutto molto meccanicistico, è ancora tutto molto riduzionista. E si tratta ancora di brevettare. E possedere la vita, per fare profitti.

Qual è la situazione dei semi oggi in India?

Esistono due realtà, quasi parallele. Dove dominano le multinazionali del cibo, gli agricoltori sono ridotti alla fame, non possiedono le semente, spesso si suicidano per disperazione. Inoltre il cibo che producono è insapore e privo di valori nutrizionali. Ovunque invece lavori Navdanya, gli agricoltori hanno i loro semi, e questo li rende anche molto più resilienti al cambiamento climatico.

Vandana Shiva
Credits: Navdanya International
In che modo? 

In questo momento c’è un ciclone che colpisce il Golfo del Bengala. Ma i “nostri” agricoltori hanno piantato abbiamo semi resistenti al sale, in grado di affrontare il ciclone che porta l’acqua del mare sulla terraferma. Quindi ecco, abbiamo entrambe le tendenze in India. Abbiamo la perdita di diversità laddove gli agricoltori sono rimasti intrappolati nell’agricoltura industriale e nel commercio globalizzato. E abbiamo la nostra sovranità sui semi ovunque lavoriamo con gli agricoltori.

Dalle tue parole sembra che sia in corso uno scontro fra mondi diversi. Esiste una possibile conciliazione?

Sì, c’è uno scontro. Il problema è che che una parte della nostra società sta facendo la guerra alla vita, distruggendo la biodiversità, sostituendo l’energia dei sistemi viventi con quella generata dai combustibili fossili e da sostanze chimiche derivate. Quindi c’è una guerra contro la terra, c’è una guerra contro gli agricoltori, c’è una guerra contro i bambini e il loro futuro. Non esistono due alternative, semplicemente perché una delle due non ha alcun futuro. La vita non è un’alternativa. La vita è.

E quindi, come ne usciamo?

Non possiamo continuare ad avere il denaro come motore del sistema. Dobbiamo iniziare a riconoscere che ogni parte della vita è auto-organizzata e si muove nella relazione con gli altri. Il denaro, le tecnologie sono strumenti, non fini: abbiamo trasformato degli strumenti nei nostri padroni. È lì che le cose sono andate storte.

Dobbiamo rimetterli al loro posto e riconoscere che sì, è bello avere un microscopio per osservare gli organismi del suolo. Va bene. Ma è meglio usarlo per osservare quanto è bello il nostro terreno, che per ucciderlo. Con Navdanya stiamo iniziando a formare contadine a usare piccoli microscopi per osservare il terreno. Le “nostre” donne misureranno anche il cambiamento climatico, quanta pioggia è caduta, quanto è cambiata la temperatura. 

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Credits: Navdanya International
L’agricoltura locale può nutrire un mondo sempre più popolato?

Beh innanzitutto bisogna rimettere le cose nel loro ordine logico. Un mondo sempre più densamente popolato è una delle prime conseguenze di questo sistema. Non dobbiamo produrre in maniera capitalista perché siamo tanti: siamo tanti perché produciamo in maniera capitalista.

In che senso?

Anche la popolazione è una disarmonia ecologica. In India la popolazione era totalmente stabile quando nel 1815 gli inglesi presero il controllo del territorio. Fu allora che la popolazione cominciò a crescere. In Scozia la popolazione è rimasta stabile fino alla cosiddetta liberazione delle highlands, quando I contadini furono allontanati per far sì che le pecore fornissero materia prima per i mulini e gli scozzesi si trasferirono in Nuova Scozia come rifugiati. 

Quindi popolazione e sistema economico sono collegati?

Ogni destabilizzazione della popolazione deriva da una destabilizzazione ecologica e da una destabilizzazione economica delle comunità. In India, nello stato del Kerala – dove la politica ha messo messo l’equità al primo posto ed è stato introdotto il diritto alla terra, alla casa, alla salute e all’istruzione per chiunque – non c’è crescita demografica.

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Credits: Navdanya International
Ah, interessante… 

Già. Comunque, anche se si prendono gli 8 miliardi di persone, come ho detto, più il sistema agricolo è ad alta biodiversità, meno terra si usa, più permettiamo alla natura di lavorare attraverso le sue capacità. Il nostro lavoro ci sta dimostrando che potrebbe sfamare il doppio della popolazione mondiale. Potremmo nutrire 16 miliardi di persone proteggendo la terra e la diversità. 

Salutiamo Vandana Shiva con un senso di pace e ricchezza interiore e una maggiore fiducia nel futuro. Da oltre 15 anni la sua organizzazione, Navdanya International, è presenta anche in Italia. Sul sito web sono disponibili le informazioni su tutte le attività svolte dall’organizzazione in Italia. In particolare, Navdanya Italia svolge un progetto educativo chiamato Biodiversity is life, con il quale conduce ragazzi e ragazze a incontrare agricoltori locali che utilizzano tecniche agricole realmente sostenibili. Su questo progetto è stata di recente pubblicata anche una graphic novel su questa esperienza, scaricabile gratuitamente qui

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