Siccità, la Sicilia è tra le regioni più colpite dal 2020 a oggi
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Che il 2023 sia stato l’anno più caldo dal 1850 è ormai più che risaputo oltre che dimostrato. La temperatura media annua globale si è avvicinata a 1,5° C al di sopra dei livelli preindustriali, le temperature globali in ogni mese tra giugno e dicembre hanno stabilito nuovi record mensili. Luglio e agosto sono stati i due mesi più caldi mai registrati.
Gli effetti del cambiamento climatico si stanno facendo sentire ovunque con intensità e modalità differenti. Se in alcuni territori si verificano continue alluvioni, altri stanno beneficiando di temperature più miti rispetto alle loro latitudini, con il proliferare di parassiti che all’agricoltura non fanno bene, in altri ancora le conseguenze dovute ad una siccità prolungata si ripercuotono su più fronti. Dal 2020 ad oggi metà maggio del 2024 sono 81 i danni da siccità prolungata. Le regioni italiane più colpite sono, in ordine, Lombardia, Piemonte e Sicilia, seguite da Sardegna, Emilia-Romagna e Trentino-Alto-Adige.
È Legambiente a fare il punto della situazione grazie ai dati del suo Osservatorio Città Clima e a tal proposito si rivolge al Governo Meloni con una serie di azioni da mettere in campo per fronteggiare il problema: definire una regia unica da parte delle autorità di bacino distrettuale, una strategia nazionale integrata a livello di bacini idrografici, incentivare buone pratiche che permettano di trattenere il più possibile l’acqua sul territorio e promuovere sistemi per il recupero delle acque piovane e per il riuso delle acque reflue. Al livello europeo si chiede di approvare una legge quadro sulla resilienza climatica per coordinare norme stringenti sull’adattamento, con efficaci piani nazionali e adeguate risorse economiche in tutti i Paesi membri.
Le stime della Commissione europea parlano chiaro: senza un’efficace azione preventiva dei rischi climatici i danni da alluvioni, ondate di calore, siccità, incendi boschivi, perdite dei raccolti o malattie si registrerebbe un calo del 7% del Pil europeo entro la fine del secolo. Già in Italia, secondo quanto previsto dal Piano Nazionale di Adattamento Climatico varato a fine 2023, è stata stimata una riduzione del valore della produzione agricola pari a 12,5 miliardi di euro nel 2050 nonostante le emissioni climalteranti dimezzate al 2050 e pari a zero nel 2080.
La Sicilia, già quest’anno, è stata la regione più colpita in tal senso; la prossima inchiesta regionale infatti sarà dedicata proprio a questo tema. Cercheremo di capire cosa andava fatto e cosa non è stato fatto, cosa era prevedibile e cosa no, quali sono i prossimi passi per limitare i danni.
A causa di una siccità prolungata i campi sono brulli e spogli, manca il grano, gli animali non hanno da mangiare e gli allevatori sono costretti a comprare il foraggio dalle altre regioni. Il nostro lavoro ci porta spesso nei territori e i racconti di chi vive di agricoltura non fanno ben sperare. Solo chi si è accostato a questo mondo con innovazione, ma soprattutto rispetto della terra, riesce a restare a galla faticosamente. Per quanto tempo ancora sarà possibile? «Chi dubita dell’esistenza e degli effetti dei cambiamenti climatici, dopo quest’anno non ha più scuse», sono i commenti a caldo dei tanti interlocutori incontrati. Senza contare l’accelerazione del rischio di desertificazione a cui sta andando incontro l’isola.
«La siccità che in questi mesi ha colpito in particolare la Sicilia, l’acqua razionata, le proteste di cittadini e agricoltori – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – ci restituiscono in estrema sintesi quanto la crisi climatica stia accelerando il passo anche in Italia. Dalla Sicilia alla Sardegna passando per le altre regioni della Penisola, è evidente che gli effetti del cambiamento climatico, a partire dagli eventi siccitosi sempre più cronici, sono ormai ben tangibili con gravi ricadute ambientali ed economiche».
«In particolare, la siccità prolungata in questi anni ha messo più volte in ginocchio la produzione agricola e causato un preoccupante abbassamento del livello dei laghi. Per questo è fondamentale intervenire in prevenzione piuttosto che agire dopo che gli eventi climatici estremi si siano abbattuti sulla Penisola. Il nostro Paese deve puntare ad un approccio circolare, sostenibile e integrato della gestione dell’acqua e ad una diffusione capillare delle buone pratiche già attive sul territorio. A livello europeo chiediamo politiche climatiche ed energetiche più ambiziose che poggino sul green deal e su un nuovo patto per il futuro che metta davvero al centro l’ambiente».
Una politica necessaria per far fronte alle conseguenze di un clima sempre più imprevedibile: il 2022 ha segnato una siccità prolungata nelle regioni del centro-nord, mentre in Sicilia si contavano numerosi danni a seguito di eventi estremi di precipitazioni. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications i cambiamenti climatici stanno rendendo più intensi e frequenti proprio questi rapidi passaggi da un estremo di precipitazioni a quello opposto, da siccità ad alluvioni e viceversa.
Lo scenario che si prospetta dinanzi a noi sembra chiaro, ma non agli occhi di tutti. Il coro di associazioni, enti e attivisti avanza a gran voce richieste di interventi rapidi, concreti e integrati e non più rimandabili si allarga sempre di più. Cosa stiamo aspettando ancora?
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