La storia di Luca Cammarata, dalla gestione di un bene confiscato alla lotta alla siccità
Seguici su:
Caltanissetta - Da bambino, appena finita la scuola, Luca Cammarata amava passare i pomeriggi in campagna dal nonno. Un amore viscerale quello per la campagna e gli animali, ereditato dalla famiglia, ma alimentato da un inconscio legame con la terra. Un legame che ha portato Luca Cammarata a fare della terra, dell’agricoltura e dell’allevamento di capre, pecore e mucche il suo mestiere.
Oggi, che di anni ne ha 52, con la sua azienda biologica agricola e zootecnica Luca è uno degli imprenditori agricoli e zootecnici che più stanno battagliando per far sentire la voce del settore siciliano contro la siccità e contro l’assenza di misure volte a fronteggiare il problema. Allevatori e agricoltori siciliani hanno infatti chiesto in questi mesi misure reali per fronteggiare la crisi idrica.
E soprattutto ora chiedono aiuto per poter irrigare i campi e per sfamare e dissetare i propri animali. «E non si tratta solo dell’aspetto economico. Con le perdite noi allevatori e agricoltori facciamo i conti da sempre, ma non si possono vedere morire di sete i propri animali». E proprio in queste ore, dopo la manifestazione e il presidio dei giorni scorsi, la regione Siciliana sta portando acqua con le proprie autobotti nelle aziende sofferenti ed è stata approvata l’emanazione di voucher per i foraggi. Da parte delle amministrazioni sembra, finalmente, muoversi qualcosa.
L’AZIENDA LUCA CAMMARATA, CUSTODE DELLA CAPRA GIRGENTANA
Quella idrica di questi mesi è una delle crisi peggiori che Luca Cammarata ha sostenuto in questi quasi 25 anni di attività. Era infatti il 2000 quando Luca, figlio di un infermiere con la passione per la terra, dopo il diploma all’agrario e l’inserimento nel mondo del lavoro come “articolista” – si chiamavano così i lavoratori inseriti con l’ex articolo 23 nei vari enti pubblici attraverso delle cooperative nate ad hoc –, decise di lasciare l’Asp di Caltanissetta accedendo allo strumento del prestito d’onore, per avviare la sua azienda.
«In tanti – racconta – mi dicevano che ero un folle, ma io pensavo di non poter fare altro nella vita e ho avuto al mio fianco anche mia moglie Aldina, che mi ha sostenuto fin dall’inizio. Ne è nata un’azienda cerealicola e zootecnica che tra pecore, capre girgentane e mucche in questi anni è cresciuta abbracciando i principi di imprenditoria etica e il metodo biologico».
L’azienda Luca Cammarata si trova sul cocuzzolo di una collina immersa nella campagna in Contrada Chiapparia, a due passi da Caltanissetta e San Cataldo. «Alleviamo capre di razza girgentana – spiega – con tecniche antiche che rispettano il loro benessere e le nutriamo con prodotti vegetali ottenuti secondo i principi dell’agricoltura biologica. Sono al bando tecniche di forzatura della crescita e metodi industriali di gestione dell’allevamento».
Le capre si nutrono esclusivamente al pascolo aziendale, 60 ettari di terreni certificati biologici destinati anche alla coltivazione per la produzione di leguminose e cereali. «Gli animali al pascolo – continua – non si cibano mai delle stesse erbe e questo conferisce al latte e ai formaggi derivati una naturale e caratteristica stagionalità nel sapore. Inoltre, il latte delle nostre capre è ricco di zolfo naturale, che si trova abbondante nelle essenze foraggere dei pascoli dell’entroterra siciliano».
L’azienda è infatti in prima linea nel progetto di salvaguardia della capra Girgentana – di questa specie vi abbiamo parlato già nell’ambito di altre aziende siciliane che si occupano della reintroduzione, come quella dei fratelli Viti. Collaborando con enti come Slow Food, Assonapa e diverse istituzioni accademiche e di ricerca, l’azienda lavora per proteggere e promuovere questa razza e attraverso pratiche di allevamento responsabili e sostenibili, si impegna a mantenere vivo il patrimonio genetico delle capra Girgentana.
IL BENE CONFISCATO ALLA MAFIA
Oltre alla produzione di latte e diverse varietà di formaggio caprino, l’azienda è aperta alle visite e la domenica si può passare una giornata immersi nella campagna e nei tempi lenti scanditi solo dai ritmi naturali. Qui è possibile vivere una giornata diversa e sentire i racconti di Luca che da tempo è anche assegnatario di un bene confiscato alla mafia. «Tanti anni fa, durante alcune fiere e mercati biologici a Palermo, ho conosciuto la realtà di Addiopizzo e ne ho totalmente abbracciato la filosofia».
E da lì alla conduzione di un bene confiscato il passo è stato breve. «Si tratta – continua Luca – del feudo di Mimiani: quasi 310 ettari di terreni agricoli e una imponente masseria con 169 beni immobili, tra Caltanissetta e Marianopoli. Un grande patrimonio che l’Agenzia dei beni confiscati alla mafia ha poi trasferito al Comune, che a sua volta ha permesso ad associazioni e cooperative di gestirlo».
«Grazie a un accordo siglato sin dal marzo del 2015 tra noi e il Tribunale di Caltanissetta e successivamente con l’Agenzia Nazionale, conduciamo il compendio Mimiani già da nove anni e sempre in regime di agricoltura biologica». L’attività, svolta sotto la direzione dell’ANBSC ha trasformato tale conduzione in un virtuoso modello di come sia possibile contrastare la criminalità organizzata attraverso l’eliminazione dal mercato di beni di provenienza illecita, restituendo le relative proprietà alla collettività per offrire opportunità di riscatto e di sviluppo economico.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento