Jepis Bottega, la bottega dove “si crea, si racconta e si ricrea”
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Salerno, Campania - Non conoscevo Giuseppe e la sua Jepis Bottega. La sua Caselle in Pittari è un po’ lontana dalla mia quotidianità, ma ciò non è servito a tener nascosto il suo progetto a una curiosa come me: ci ha pensato il destino e un amico in comune, Antonio di Terra di resilienza. Giuseppe Rivello è l’ideatore di Jepis Bottega, una bottega – solo nelle dimensioni – all’interno della quale tutti possono sognare, grandi e piccini, dissidenti e non. È una bottega dove arte, idee e manifatture vengono miscelate e fatte proprie.
Ma cos’è e quando nasce Jepis Bottega? È una bottega di produzione digitale, all’interno della quale ci si prende cura delle storie di persone, imprese e famiglie. È uno spazio dove si ascoltano, si immaginano, si scrivono e si realizzano storie con l’aiuto di bit e di atomi. È uno spazio produttivo per la realizzazione di documentari, prodotti editoriali, manufatti narrativi, progetti di formazione e laboratori ideativi e creativi al servizio di persone e organizzazioni. Dal 2023 Jepis Bottega è diventata anche una libreria aperta al pubblico.
Ma scopriamo insieme a Giuseppe cosa vuol dire essere Jepis Bottega e quali sono i sogni di questo grande progetto che sembra non avere alcun limite “eccetto il cielo”. Parleremo di idee e progetti: arte, agricoltura, passione, lettura, libri, digitale, grano, manifattura e amore per la propria terra.
CHI È GIUSEPPE E COME NASCE L’IDEA DI JEPIS BOTTEGA
Giuseppe ci ha aperto le porte della sua Jepis Bottega e della sua esperienza pluridecennale nel mondo della narrazione: «La mia realtà seppur molto piccola è molto complessa. La mia dimensione nasce nel 2010 e comincia come attività di piccola impresa artigianale nel mondo del digitale. La mia attività principale è quella di carattere documentaristico: sono regista di piccoli documentari che riguardano il cuore delle comunità e delle persone. Mi piace dire che non mi occupo di comunicazione ma di narrazione, in quanto il lavoro di bottega è un lavoro di supporto alle comunità, alle organizzazioni che hanno voglia di raccontarsi mettendo al centro il lavoro delle persone, la loro umanità e l’impatto che producono nella loro terra».
Come artigiano lavoro come autore di narrazioni e di produzioni documentaristiche. Vivo con un piede nella mia terra e con un piede nel mondo». Un lavoro con un’azione di impresa forte; un percorso dove in 80 metri quadrati vi sono vari moduli: una casa di produzione di documentari, una libreria, un’area dove poter formarsi e dove farsi conoscere. La Jepis Bottega è un luogo dove le storie si possono trovare già belle e pronte, ma è anche un luogo dove le storie si possono sviluppare: lo spazio della Jepis Bottega è diviso in Lato Alpha, dove vi è la libreria, e Lato Beta, dove vi è la produzione digitale e la produzione manifatturiera in collaborazione con degli artigiani del territorio.
«Il fulcro, la filosofia di Jepis Bottega, è la storia. Non una storia, un percorso orientato al marketing, bensì uno storytelling che serve a far conoscere le storie delle persone e delle comunità. Il lavoro più rilevante della Jepis Bottega è quello di portare alla creazione di “storie di senso”, cioè di storie che producono e fanno sense making».
STORIE CHE CAMMINANO
Dove altri hanno deciso di abbandonare, Giuseppe ha scelto di fermarsi e di portare avanti un progetto che non fosse solo reddituale, ma che potesse renderlo veramente felice: «Amo la mia terra e amo viverci, potrà sembrare banale ma questo è il mio punto, il posto dove ho deciso di (re)stare e di autodeterminarmi. Vivo nella mia terra perché vedo in essa molte opportunità: la mia terra come il racconto è come l’acqua, le narrazioni stanno alla cultura come l’acqua agli ecosistemi».
«Tutto sembra rinnovarsi, ma semplicemente cambia di stato: cambiano le forme, cambiano i recipienti, cambiano i residenti, ma l’arte in tutte le sue forme è sempre lì, bisogna solo adeguare l’età allo stato e rinnovarla a ogni evoluzione». Ed è proprio sulla base di queste affermazioni che nasce l’idea e il progetto di “Storie che camminano” in Jepis Bottega: «Scritte sono dei manufatti narrativi. Realizziamo esperimenti di narrazione, scriviamo storia giocando ed errando dentro e fuori il mondo dei bit e degli atomi».
Scritte è un progetto editoriale di Jepis Bottega nato per sperimentare nuove possibilità di scrittura: attraverso l’utilizzo di nuovi dispositivi e materiali vengono condivisi racconti e storie: su scatole, borse, accessori e scarpe vengono incise storie, sogni e parole. «Ci piace camminare con le nostre storie per le strade del mondo. Ci piace incontrare le storie di donne e di uomini che decidono di mettersi in gioco, di avere coraggio, di raccontare le proprie vite e le proprie speranze».
IL COME, IL COSA, IL PERCHÉ DI JEPIS BOTTEGA
«Negli ultimi decenni abbiamo inglobato la narrazione silicon-valleyana. Continuano a spuntare start-up, ma la cultura della start-up più logica da seguire è quella della bottega, non per dimensione ma perché in concomitanza alla crescita reddituale dovrebbe crescere anche la produzione culturale. L’impresa deve essere chiamata a chiedersi se sta producendo cultura e se sì in che quantità. Insegniamo ai nostri ragazzi e ragazze che se entro cinque anni la loro idea o la loro azienda non ha scalato le vette è destinata a fallire, ma non insegniamo loro a credere nei sogni e nella perseveranza».
Gli obiettivi per il futuro sono quelli di aumentare il numero delle persone che leggono e interagiscono attorno alla libreria e attorno alla Jepis Bottega, come bottega di storie. Giuseppe si pone come fine quello di produrre e divenire casa di produzione documentaristica affinché possa dare sempre maggiore possibilità ad altri di produrre le loro idee partendo dalla sua bottega fino ad arrivare a scuole, università e aziende. Il tutto rimanendo in contatto con la natura e la sostenibilità.
«Non sono manager della mia attività, la Jepis Bottega ha piccoli numeri ma ha prodotti di qualità attorno ai quali vi è un ecosistema di persone che a loro volta divengono indipendenti. La mia idea non è quella di avere dipendenti o subalterni, ma di crescere e stimolare persone che a loro volta decidono di creare una bottega a fianco alla mia con la quale poter interagire e collaborare. I luoghi comuni riguardo la produzione culturale restano a oggi le grandi difficoltà del sistema. Evito i numeri e i contatti tossici: l’azienda che richiede il prodotto di Jepis Bottega è un’azienda consapevole, è un’azienda che produce e vuole produrre impatto culturale».
I PADRONI DELL’ARIA
Giuseppe con la sua Jepis Bottega collabora con molte associazioni del territorio e consiglia ai giovani e ai meno giovani di ritrovare la propria essenza, anche con l’associazionismo: «Attraverso l’associazione si è in grado di sviluppare i propri talenti e di capire cosa potrebbe non fare al caso nostro. Il mio consiglio va al di là del servizio civile o del tirocinio; io se sono dove sono adesso è anche grazie all’attività di associazionismo che ho vissuto nella mia adolescenza e nella mia gioventù: grazie a loro ho capito cosa avrei voluto fare e cosa faceva per me. Bisogna sempre occupare uno spazio sociale per poter trovare la propria strada».
Continua Giuseppe: «Uno dei motivi per cui non voglio crescere in termini di volume è che non voglio perdere la passione in ciò che faccio. Ho scoperto negli anni che ognuno di noi è Padrone dell’aria». Alpha e Beta, una continua crescita, ma anche un ritorno alle origini, alle storie delle persone: «Per me i padroni dell’aria sono quelle persone che, quando vivono in un determinato luogo ne padroneggiano l’aria, ma non per forza in senso fisico.
«Quando si è a lavoro e si percepisce il lavoro come proprio, significa che si padroneggia l’aria, si padroneggia l’aria come sensata; non abbiamo bisogno di padroni di mura, ma di padroni dell’aria. Spesso i padroni dell’aria vivono in luoghi o comunità marginali, ma fanno la differenza nella loro azione e nel loro agire quotidiano come creatori di senso. Vivono in luoghi che invecchiano, ma che si rinnovano ciclicamente nel nostro Appennino. In queste nostre comunità, nelle nostre famiglie, nelle nostre organizzazioni, nelle imprese nelle quali viviamo e lavoriamo i padroni dell’aria fanno la differenza e fanno la differenza soprattutto quando mettono in dialogo più generazioni tra di loro».
«I racconti di una generazione ispirano le generazioni che seguono», conclude Giuseppe. «Impazzisco quando vedo ragazze e ragazzi alla ricerca di padroni dell’aria e alla ricerca di occhi esperti, magari racchiusi in rughe che fanno da cornice a occhi che hanno sapienza, che hanno saggezza e che hanno tanto da dare ai giovani. Io sono un manovale delle storie e raccolgo storie di donne e uomini che hanno da dare agli altri, che stimolano chi ascolta».
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