Clara Vitaggio, enologa tra vin de garage e ricerche sui vitigni reliquia
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Trapani - Si chiamano “vin de garage” e sono quei vini sempre più diffusi che vengono prodotti in modo artigianale, in forma esclusiva e spesso in cantine con attrezzature minimali. Di fatto oggi vin de garage è diventato anche sinonimo di sperimentazione ed eccellenza e questo settore attira sempre più l’attenzione di tanti giovani vignaioli, proprio com’è successo a Clara Vitaggio, giovane marsalese.
Anche in Sicilia infatti i garagisti del vino – la tendenza del vin de garage, di fatto, è nata nella Francia negli anni ’80 – si diffondono sempre di più e cresce il numero di vigneron che, con un carico di idee e di studio e a volte pochi mezzi, danno vita a vini nuovi che seguono un processo di vinificazione totalmente innovativo pur affondando le radici nella tradizione.
«Da piccola amavo già così tanto il sapore del vino che lo diluivo con acqua pur di poterne bere un po’. Man mano, quella del vino e della vinificazione è diventata prima una passione e poi un vero e proprio interesse di studio, ricerca e professionale». Clara infatti laureata a Palermo in Enologia, dopo aver completato gli studi, prima a Torino e essersi specializzata in Portogallo, è stata in Francia, in Borgogna, proprio per andare a toccare con mano il mondo dei vin de garage. E oggi a 26 anni è dottoranda in Enologia all’Università di Palermo.
I VIN DE GARAGE SONO IDENTITARI E SONO ESPRESSIONE DEL TERRITORIO
Una scelta, quella che ha fatto, di cui spesso si sente chiedere le ragioni, come è successo anche ad Arianna Occhipinti. «In tanti mi hanno detto che ero matta. Così giovane potevo continuare a crescere, sperimentare fuori, dicevano. Ma io ci credo in questa terra e nelle sue possibilità e soprattutto amo il mio territorio». Per questo, tornata in Sicilia, nella sua Marsala, dove c’erano alcuni terreni di famiglia che però non avevano mai dato vita a etichette e produzioni “commerciali”, nel 2023 si è lanciata nella prima vendemmia producendo le sue prime tre etichette e vinificando Grillo, Zibibbo e Nero D’Avola.
«Le mie ricerche scientifiche – racconta – mi hanno portato a scommettere sui vitigni autoctoni siciliani, partendo dalle tecniche tradizionali ma aggiungendo man mano tecniche innovative. Il mio obiettivo è quello di vinificare questi vitigni che nel nostro territorio si esprimono al meglio e fare in modo che questa espressione parli del territorio e racconti proprio i luoghi. Ogni mia etichetta quindi si concentra non solo su un vitigno ma proprio su una vigna specifica».
Dalla sua esperienza in Francia, Clara infatti ha importato soprattutto l’interesse per i vin de garage che racchiudono alcune caratteristiche specifiche, come appunto l’espressività territoriale, visto che sono vini identitari che manifestano le peculiarità del terroir, la produzione in quantità limitata nonché una grande attenzione verso tutti i processi produttivi.
OGGI LO STUDIO DI CLARA SI CONCENTRA SULLE VARIETÀ RELIQUIE SICILIANE
Perché, come spiega Clara, «un Grillo di un tale terreno vicino al mare non sarà mai lo stesso del medesimo vitigno ma coltivato in collina. Io vinifico in purezza e ogni vino trae le sue caratteristiche anche dal suo suolo». Conoscenze cui Clara è arrivata grazie allo studio che continua a essere predominante nelle sue giornate. «Al momento sto conducendo il mio dottorato di ricerca concentrandomi, in modo particolare, sulle varietà relique siciliane», spiega. «Si tratta di varietà che erano state abbandonate negli anni ’70 per via della “scarsa” resa ma cui si guarda con interesse oggi che l’enologia sta cambiando».
«In particolare, dalla Lucignola all’Inzolia Nera, oltre ad avere caratteristiche organolettiche specifiche e uniche, queste varietà reliquie siciliale sono un’importante risorsa anche rispetto ai cambiamenti climatici perché resistono bene alle condizioni meteo avverse e alla siccità e ovviamente rappresentano anche un patrimonio storico culturale importante. Il mio grande obiettivo per il prossimo futuro è, infatti, riuscire a iscrivere queste varietà nel registro nazionale permettendo a tutti di impiantarle».
Quella della sostenibilità infatti è per Clara un’altra importante prerogativa nella produzione vitivinicola. Oltre a bandire l’uso di prodotti chimici – «perché io devo fare un vino che bevo e berrei sempre anch’io», specifica – anche la sua cantina limita al minimo gli interventi strutturali. «In cantina, sfrutto al massimo i posti freschi già esistenti, come quelli della grotta naturale in tufo che si trovava nei terreni di famiglia. L’umidità e la temperatura sono perfetti e sfruttare questi spazi per me è davvero un grande vanto perché è un modo di fare, nel mio piccolo, la mia parte per l’ambiente».
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