5 Giu 2024

Casa Pachamama, riconnettersi alla Madre Terra tra i monti Picentini

Casa Pachamama è un rifugio immerso nella natura incontaminata e selvaggia dei monti Picentini, a ridosso del fiume Tusciano, dove un gruppo di amici ha dato vita a un progetto di vita comunitaria. Le regole sono: solidarietà, sostenibilità, condivisione e il desiderio di abbandonare la frenesia cittadina per vivere secondo i cicli naturali. Qui, tra attività comunitarie, artigianato e spiritualità ancestrale, è facile trovare serenità e consapevolezza.

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Salerno, Campania - In una valle incontaminata circondata da un fiume, il Tusciano, e un ruscello alle pendici del monte Raione, sorge una piccola casetta con una storia straordinaria. È Casa Pachamama, presa in affitto ormai sette anni fa da un piccolo gruppo di amici che aveva iniziato a sentire forte l’esigenza di scappare dai ritmi frenetici della città e di tornare ad avere un contatto profondo con la natura e con il selvatico.

CASA PACHAMAMA: LA RISCOPERTA DI UNA VITA SELVAGGIA

«Desideravamo riscoprire il mondo contadino, recuperare un rapporto con la terra e vivere secondo le regole della natura e i cicli delle stagioni», mi ha raccontato Carmen Rosalia, che da quando ha scelto di trasferirsi a Casa Pachamama non è tornata più indietro. Sette anni sono tanti e molte cose sono cambiate. Qualcuno è andato via, qualcuno di nuovo è arrivato. Anche Casa Pachamama si è trasformata, grazie alle mani di chi negli anni se n’è preso cura. Non è cambiata però la sua funzione originaria: essere un rifugio per tutte quelle anime che desiderano respirare un’aria più pulita e godere della tranquillità che solo la natura incontaminata sa regalare.

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Da qui la scelta di rinunciare sia alla connessione internet che alla linea telefonica e di non comparire sulle mappe. «Per noi è importante che le persone arrivino qui perché accompagnate da chi c’è già stato o perché qualcuno, con amore, ha raccontato loro di questo posto. Credo che gli spazi comunitari siano prosperi non quando popolati da molte persone, ma da persone che credono profondamente nel progetto e che desiderano viverlo intensamente».

COSTRUIRE IN COLLETTIVITÀ A CASA PACHAMAMA

La casetta era già lì quando il primo gruppo è arrivato, ma a poco a poco ha subìto piccole grandi trasformazioni. «Volevamo riappropriarci anche del saper fare con le mani, sperimentando diverse forme di artigianato e di arti, ma anche cimentandoci nell’autocostruzione con materiali naturali e con forme legate ai principi della permacultura e della bioedilizia», mi ha raccontato ancora Carmen.

Stiamo provando a realizzare come comunità intenzionale, ecologica e solidale, creando uno spazio da condividere

La prima cosa che hanno costruito è stata proprio una stufa rocket stove, seguita da un forno comunitario in terra cruda. «Una volta al mese invitiamo chiunque voglia a portare da noi il suo impasto per cuocere il pane tutti insieme, come si faceva un tempo nei paesini di campagna o nelle masserie. È un modo per ritrovare la convivialità, il contatto con il vicinato, ma anche per risparmiare energia accendendo un solo forno».

Tutti i lavori, sia all’interno che all’esterno della casa, sono fatti in collettività, aperti a chiunque desideri partecipare, imparare nuove tecniche e trascorrere una giornata in compagnia. «A breve faremo un intervento all’intonaco della casa e anche questa volta abbiamo scelto di utilizzare materiali naturali come la terra cruda. Per l’occasione, stiamo organizzando attività laboratoriali e formative, con un workshop teorico-pratico su questo tema». Questi a Casa Pachamama sono momenti preziosi di convivialità, un’occasione per stringere forti legami umani, mentre si sperimentano forme di intervento rispettose dell’ambiente circostante. «Raccogliere i materiali e trasformarli insieme diventa un rito collettivo».

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LA VITA COMUNITARIA

A vivere stabilmente in casa oggi sono solo Carmen e Pietro, ma Casa Pachamama resta un progetto di vita comunitaria. «Siamo un gruppo più o meno fisso di una quindicina di persone, ma accogliamo WWOOFer, viaggiatori e chiunque desideri venire a scambiare le sue energie con le nostre, che sia per una giornata intera o per un soggiorno un po’ più lungo. Stiamo provando a realizzare come comunità intenzionale, ecologica e solidale, creando uno spazio da condividere, dove raccogliere e lavorare insieme i prodotti della terra, recuperando tecniche del passato e sperimentandone di nuove e migliori».

Non potevano mancare a casa Pachamama un orto sinergico e un orto biodinamico, mentre Pietro, arrivato da circa due anni e mezzo, sta sperimentando l’agricoltura sintropica. Per amore del territorio, il gruppo ha organizzato numerose iniziative mirate alla salvaguardia e alla tutela della valle del Tusciano e si è dato da fare per ripulire il fiume dai numerosi rifiuti abbandonati.

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UNA CRESCITA SPIRITUALE

“Pachamama” in lingua quechua vuol dire “madre terra”, la dea della fertilità e dell’agricoltura venerata dai popoli Inca, Aymara e Quechua. La scelta del nome, oltre a riferirsi a un culto legato alle comunità rurali abitanti l’altopiano andino, evidenzia anche la volontà di recuperare una spiritualità antica, quasi totalmente estranea al mondo occidentale, e di imparare a entrare in connessione con sé stessi attraverso riti ancestrali appresi da culture diverse, come quelle aborigene o dei nativi americani. «Abbiamo invitato maestri e sciamani che ci hanno insegnato le loro forme di risveglio spirituale».

D’altra parte la natura selvaggia in cui è immersa Casa Pachamama è perfetta per rituali che richiedono di immergersi totalmente nella natura. «Altre volte, sono stati proprio insegnanti di yoga sciamanico e altre discipline olistiche a chiederci di svolgere le loro attività da noi, perché la vicinanza al fiume e l’isolamento dall’urbanizzazione rendono questo luogo ideale per un’esperienza mistica».

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CAMBIARE VITA

Ho chiesto Carmen cosa è cambiato in lei in questi sette anni in cui ha scelto di abbandonare la città. «Ho imparato a guardare ciò che mi circonda con più attenzione e a vivere con maggiore consapevolezza e serenità, dando importanza anche all’insetto più piccolo. Soprattutto è cambiato il mio rapporto con la vita e con la morte. Siamo abituati a vivere l’idea del trapasso con paura, se non a volte quasi con fastidio. Invece in natura il ciclo vita-morte appare assolutamente naturale e all’improvviso la morte non fa più così spavento», mi ha risposto.

«A chi desidera cambiare vita e avvicinarsi al mondo della natura, ci tengo a dire che non è difficile come può sembrare all’inizio. Può far paura, anche io ne ho avuta, e ci si può scoraggiare di fronte ai primi errori, ma è normale commetterne all’inizio. Se non ci si lascia scoraggiare e se si tiene fede ai propri valori, la strada si spiega davanti», ha concluso Carmen.

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