L’ex ministro Costa: “Dalle bonifiche alla lotta agli ecoreati, salvare Siracusa è possibile”
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Siracusa - «Un piano di bonifica potrebbe portare a un risparmio potenziale sui costi per la salute umana pari a 4 miliardi di euro». È questa la stima che si legge nel volume Ambiente e salute nei siti contaminati realizzato dai ricercatori del CISAS, Centro Internazionale di studi Avanzati su Ambiente, Ecosistema e Salute umana – che ha riunito 150 scienziati con la partecipazione di centri di ricerca tra CNR, ISPRA, ARPA, Istituto Superiore di Sanità – per il territorio occupato dal polo petrolchimico a nord di Siracusa.
Secondo i ricercatori, come riporta Fabio Lo Verso nel suo libro Il mare colore veleno, “è questo il prezzo che si continuerà a pagare nei prossimi vent’anni, in assenza delle bonifiche, per curare i malati di cancro, far fronte alle migliaia di ricoveri ospedalieri per l’esposizione all’inquinamento industriale, compresi i casi di morte prematura e le cure per i bambini malformati. […] Per effetto delle bonifiche, la diminuzione della spesa sanitaria sarebbe pari alla somma investita per realizzarle. Il principio è quello di un euro risparmiato negli ospedali per ogni euro speso nelle bonifiche”. È questo il costo dell’immobilismo che sembra non avere alcuna soluzione se non accettare passivamente quanto si compie da circa settant’anni.
Che le bonifiche siano una delle soluzioni, se non la soluzione, per questo territorio martoriato lo si afferma da anni, già nel 1976 si consideravano urgenti. Più volte annunciate e mai effettuate se non in piccolissima parte dell’intera area, nella penisola di Magnisi piena zeppa di veleni e in qualche altra zona messa in sicurezza. «Su 5.800 ettari è stato bonificato appena il 2,2%» sottolinea Enzo Parisi, storico attivista di Legambiente Augusta. Le occasioni non sono di certo mancate.
LE POSSIBILITÁ DI BONIFICHE ANDATE PERSE
Ai tempi in cui Stefania Prestigiacomo fu Ministro dell’Ambiente, venne firmato un accordo per un progetto di bonifica di 770 milioni di euro che prevedeva la messa in sicurezza delle acque di falda, la bonifica dei suoli e delle falde delle aree pubbliche, la bonifica dei suoli e delle falde delle aree private in sostituzione e in danno dei soggetti obbligati inadempienti e infine la bonifica degli arenili e dei sedimenti delle aree portuali e marino costiere. I privati che avrebbero aderito all’accordo avrebbero visto alleggeriti gli obblighi di bonifica, con agevolazioni rispetto al pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento per danno ambientale.
Sembrava la volta buona e invece che fine abbiano fatto quei fondi non si sa. In realtà, la bonifica della rada di Augusta sarebbe stata impedita anche da una sentenza del Tar Catania per cui sarebbe “meglio lasciare così com’è la rada, per evitare il rischio di ulteriori contaminazioni e di una dispersione incontrollata di sedimenti contaminati che potrebbe essere determinata dall’attività di dragaggio e potrebbe vanificare l’opera di risanamento”, si legge nella ricostruzione di Lo Verso.
Dai primi anni ‘70 fino agli anni ‘90 sono stati realizzati quattro dragaggi. Stando alla sentenza e considerando che solo nei primi vent’anni di industrializzazione sono state depositate sui fondali della rada circa 500 tonnellate di mercurio, che fine ha fatto tutto quel materiale? A distanza di anni dall’accordo firmato da Stefania Prestigiacomo e qualche governo dopo sembrava che la volta buona fosse nuovamente arrivata per opera del ministro Sergio Costa, promotore di Terra mia, un disegno di legge che avrebbe aumentato le pene per chi inquina e introdotto il daspo ambientale.
Anche in questo caso più volte annunciata e mai approvata. «Terra mia non è mai diventata legge perché non c’è stata la volontà politica di portarla a casa. Ci furono opposizioni interne alla stessa maggioranza, da parte di Italia viva e di alcune frange del PD. Per Siracusa e per gli altri Sin, siti di interesse nazionale, durante gli anni in cui fui ministro ci fu un’accelerazione dovuta anche al fatto che avevo dedicato una direzione generale ad hoc proprio alle bonifiche».
«Stavamo procedendo con gli accordi diretti con le regioni, che sono soggetti attuatori della procedura di bonifica, e interloquendo con le aziende, laddove fossero ancora rintracciabili. Esiste comunque la norma che punisce l‘omessa bonifica, approvata nel 2015, la legge 68, e quella è in vigore a tutti gli effetti. Ripristinare i luoghi oggetto di ingiurie ambientali è un processo lungo e costoso, ma se mai si inizia, mai si vede la fine. È molto improbabile che con questa maggioranza si possa anche solo iniziare la discussione di Terra mia, ma non dispererei perché con la direttiva UE sull’ecocidio, che dovrà essere recepita entro due anni, sicuramente ci saranno conseguenze positive», commenta Sergio Costa.
“TERRA MIA” E LE LEGGI IN FAVORE DELL’AMBIENTE
L’onorevole si riferisce alla direttiva approvata dall’Unione Europea a fine febbraio che introduce il reato di ecocidio considerando quel tipo di danno all’ecosistema intero e non solo alla singola matrice ambientale danneggiata. È una direttiva che in certi passaggi va ben oltre la sua proposta di legge. «Terra mia non è una legge “manettara”, come è stata definita da chi ha voluto bloccarla e forse neanche l’aveva letta. È una legge che usa il pugno duro sugli ecocriminali ma allo stesso tempo è vicina agli imprenditori onesti, che sono la maggioranza. Gli ecocriminali sono ancor oggi una piaga della nostra società e della nostra economia».
«Ma non solo: inquinano, scusi il gioco di parole, anche il tessuto imprenditoriale. Bisogna infatti fare una distinzione tra gli imprenditori per bene e coloro che avvelenano, fanno profitto inquinando. Questi li chiamo solo “prenditori”. E vanno combattuti ovunque, anche a livello europeo», continua Sergio Costa. Una legge, Terra mia, che avrebbe l’obiettivo di tutelare i territori ingiuriati, assicurando che chi ha avvelenato non possa più esercitare la professione in quella area, con un’accelerazione dell’iter per bonificare terreni orfani per i quali è complicato individuare il titolare.
Una politica che fa ben sperare così come le varie leggi già esistenti a difesa dell’ambiente. È sempre Lo Verso a riportare la testimonianza di un ex operaio che racconta di aver visto «scavare in profondità, raccogliere strati di terra e poi richiudere i buchi». Si riferisce all’azienda che aveva acquistato la fabbrica dove lavorava, che si preoccupava di verificare lo stato di inquinamento del suolo, stabilendo il punto preciso in cui era giunta la contaminazione causata dalla società che l’aveva preceduta. «Per premunirsi dall’obbligo di bonificare il danno provocato da altri», secondo il principio di chi “inquina paga” istituito nel 2004 dall’Unione Europea.
L’AMBIENTE AL CENTRO DEL DIBATTITO POLITICO SAREBBE LA SOLUZIONE A MOLTI PROBLEMI
«Oggi l’ambiente è scomparso dal dibattito, anche delle Europee, eppure l’UE e il Parlamento che nascerà saranno determinanti e incisivi proprio su queste tematiche. Io riporterei l’ambiente al centro: la tutela della biodiversità, la decarbonizzazione vera, il piano delle aree idonee per le rinnovabili, moltiplicare le aree marine protette ma soprattutto ricominciare da dove abbiamo lasciato: la trasformazione dell’economia da lineare in circolare, la lotta agli ecocrimini con il coinvolgimento dei comitati e delle associazioni, il rafforzamento delle Zea, le zone economiche ambientali, che coincidevano con i parchi nazionali, per creare un’economia virtuosa laddove ci sono i nostri scrigni di natura e biodiversità. Vivere, lavorare, fare imprenditoria in un parco deve essere conveniente», continua Sergio Costa.
Riportare al centro l’ambiente soprattutto in un territorio da ripristinare e risanare porterebbe numerosi vantaggi, dalla salute, al rilancio occupazionale alla crescita economica. Vedi l’esempio positivo a pochi chilometri di distanza dall’area del polo petrolchimico. Ogni anno che passa senza bonifiche, in un territorio come quello a nord di Siracusa, è un danno in più che grava sulle generazioni future.
Purtroppo si fa ancora fatica ad abbattere un certo tipo di sistema e quella parte di politica che lo appoggia, sottomessa a un potere economico che non ha visione e ha a cuore solo certi interessi. Le soluzioni non mancano e neanche le soluzioni innovative scientifiche. Come riporta sempre Fabio Lo Verso nel suo libro, i ricercatori del CISAS lavorano per fare in modo di scartare l’ipotesi di dragaggio nella rada di Augusta e servirsi di «azioni integrate con chimica, fisica e biologia». Una dimostrazione, se proprio servisse, che la soluzione c’è sempre, anche laddove sembra impossibile. E anche in uno dei siti più inquinati d’Italia.
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