Magarìe, la fattoria “magica” dove la disabilità si trasforma in opportunità
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Salerno, Campania - Le magarie sono tradizioni, riti o pratiche magiche tipiche della cultura popolare italiana, particolarmente diffuse nel Sud Italia e in particolare nel Cilento. Queste pratiche includono rituali per la protezione contro il malocchio, l’uso di amuleti e talismani, e formule verbali per curare malattie o per attrarre fortuna. Non è un caso che Magarìe sia anche il nome scelto da un’azienda agricola locale, che nell’area di di San Giovanni a Piro coltiva grani antichi, canapa da fiore e da seme e produce pasta, farine e olio, dando anche vita a prodotti per la cura del corpo come saponi, unguenti, oleoliti, creme e balsami.
«Altrove le streghe, come nel beneventano, vengono indicate come janare, qui abbiamo le magare o magarie, streghe e guaritrici», ci spiega Isabella Gregorio, titolare e anima dell’azienda. «Magarìe si sviluppa nel 2017: siamo partiti dal progetto di agricoltura sociale Le radici ca tieni, finanziato dall’8×1000 della Chiesa Valdese e realizzato in collaborazione con gli utenti e gli operatori della struttura SIR di Castelruggero e dello UOSM di Sapri. Con gli utenti della Sir ci siamo divertiti a fare saponi bio: il progetto prevedeva il riconoscimento delle piante e il trattamento di esse. Tutto è partito quasi come un gioco e una piccola passione è diventata un’attività vera e propria: l’attuale azienda agricola».
LE RADICI E LA CRESCITA DI MAGARÌE
Una scommessa per Isabella e anche per il suo compagno e i suoi amici. Magarìe è attualmente un’azienda agricola con annesso un piccolo laboratorio artigianale dove la base è l’olio di oliva che loro stessi producono. A esso uniscono piante officinali, cera d’api ed ecco che nascono i magici unguenti. «I prodotti sono diversi, ma la nostra è davvero una piccola attività, un laboratorio artigianale. Non faccio molti pezzi, è la natura a comandare: tutto dipende dalle raccolte che riesco a fare dalle poche piante officinali di cui mi prendo cura».
Una realtà a conduzione familiare dove anche il più prossimo vicino diviene parte integrante: «La nostra è una grande famiglia, mi piace definirla così perché abbraccia diverse collaborazioni con attori presenti sempre sul territorio. Una delle mie prime collaborazioni è stata con Mediterranea Social canapa, ora Mediterranea Social Food, con la quale coltiviamo canapa da fiore; nei nostri obiettivi futuri c’è quello di riuscire finalmente a introdurre la canapa nel mondo del food».
Un’altra collaborazione molto cara per Isabella è quella con Terra di resilienza, una cooperativa sociale che coltiva diversi tipi di grano, anche a rischio di estinzione: «Grazie a loro ho potuto dedicarmi alla coltivazione del grano che permette a me e al mio compagno di portare avanti il progetto Il rifugio del contadino, un rifugio dove poter ritornare a respirare seguendo i ritmi della natura. Ed è proprio in questa casa di campagna che la mia Magarìe riesce a trovare piena realizzazione: ciò che coltivo e a cui mi dedico in Magarìe viene utilizzato nel rifugio. Ed è proprio quella la sede dei nostri progetti inclusivi».
MAGARÌE: UN PROGETTO INCLUSIVO
«Il rifugio ha poche camere, ma con esse da alcuni anni portiamo avanti un progetto con alcune cooperative dell’Asl di Roma: organizziamo dei soggiorni estivi per ragazzi con fragilità. Con noi non fanno la solita vacanza al mare fronte spiaggia; vanno al mare al mattino, ma poi il pomeriggio rientrano e vivono con noi l’orto, impastano la pasta, dipingono… Viviamo e diamo loro la possibilità di poter vivere una settimana diversa: molto spesso ci si dimentica che siamo tutte persone e che offrire a un giovane una vacanza dando modo di crescere e imparare non è scontato quando si ha una disabilità».
Isabella si uniforma al discorso affrontato in precedenza in un nostro articolo con Il forno di Vincenzo: ciò che si evidenzia in queste due interviste è che molto spesso la persona con disabilità viene considerata solo in base alla propria disabilità e non come persona con esigenze diverse in base all’età o a predisposizioni diverse in base ai propri interessi. «Io ho sempre bazzicato nel campo del volontariato e dopo aver lavorato al progetto col Dipartimento di Salute Mentale, ho conseguito il titolo di operatrice per ragazzi con spettro autistico».
«La prima idea di collaborazione con queste cooperative ha bussato da sola alla nostra porta: ho conosciuto una giovane donna che collaborava con una di queste cooperative e dopo una conoscenza iniziale ci è balenata l’idea di procedere con la partecipazione a questi bandi per “campi estivi” per persone diversamente abili. I nostri giovani ospiti vengono indirizzati e seguiti, ma diamo loro modo di poter esprimere il proprio io: non tutti hanno le stesse predisposizioni, non tutti sono interessati a una determinata mansione ed ecco che subentra l’analisi del singolo. Ognuno di loro viene invogliato a esternare la propria anima con la propria passione o la propria tipologia di manualità».
L’azienda agricola così come il rifugio hanno basi ben solide e in un’epoca dove sempre più spesso il cliente viene visto come un numero, Isabella lo ritiene un ospite: «Chi compra prodotti dalla nostra azienda agricola o chi è ospite al nostro rifugio è ospite a casa nostra ed è fautore dei nostri progetti. Crede in essi quanto noi e instaura con noi, molto spesso, un rapporto che va al di là del rapporto cliente-gestore. Chi viene da noi non ci capita per caso, sceglie di credere in noi e nel valore della terra».
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