Magarìe, la fattoria “magica” dove la disabilità si trasforma in opportunità
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Salerno, Campania - Le magarie sono tradizioni, riti o pratiche magiche tipiche della cultura popolare italiana, particolarmente diffuse nel Sud Italia e in particolare nel Cilento. Queste pratiche includono rituali per la protezione contro il malocchio, l’uso di amuleti e talismani, e formule verbali per curare malattie o per attrarre fortuna. Non è un caso che Magarìe sia anche il nome scelto da un’azienda agricola locale, che nell’area di di San Giovanni a Piro coltiva grani antichi, canapa da fiore e da seme e produce pasta, farine e olio, dando anche vita a prodotti per la cura del corpo come saponi, unguenti, oleoliti, creme e balsami.
«Altrove le streghe, come nel beneventano, vengono indicate come janare, qui abbiamo le magare o magarie, streghe e guaritrici», ci spiega Isabella Gregorio, titolare e anima dell’azienda. «Magarìe si sviluppa nel 2017: siamo partiti dal progetto di agricoltura sociale Le radici ca tieni, finanziato dall’8×1000 della Chiesa Valdese e realizzato in collaborazione con gli utenti e gli operatori della struttura SIR di Castelruggero e dello UOSM di Sapri. Con gli utenti della Sir ci siamo divertiti a fare saponi bio: il progetto prevedeva il riconoscimento delle piante e il trattamento di esse. Tutto è partito quasi come un gioco e una piccola passione è diventata un’attività vera e propria: l’attuale azienda agricola».
![magarìe](https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2024/06/magarie_interna-6-1024x681.png)
LE RADICI E LA CRESCITA DI MAGARÌE
Una scommessa per Isabella e anche per il suo compagno e i suoi amici. Magarìe è attualmente un’azienda agricola con annesso un piccolo laboratorio artigianale dove la base è l’olio di oliva che loro stessi producono. A esso uniscono piante officinali, cera d’api ed ecco che nascono i magici unguenti. «I prodotti sono diversi, ma la nostra è davvero una piccola attività, un laboratorio artigianale. Non faccio molti pezzi, è la natura a comandare: tutto dipende dalle raccolte che riesco a fare dalle poche piante officinali di cui mi prendo cura».
Una realtà a conduzione familiare dove anche il più prossimo vicino diviene parte integrante: «La nostra è una grande famiglia, mi piace definirla così perché abbraccia diverse collaborazioni con attori presenti sempre sul territorio. Una delle mie prime collaborazioni è stata con Mediterranea Social canapa, ora Mediterranea Social Food, con la quale coltiviamo canapa da fiore; nei nostri obiettivi futuri c’è quello di riuscire finalmente a introdurre la canapa nel mondo del food».
Un’altra collaborazione molto cara per Isabella è quella con Terra di resilienza, una cooperativa sociale che coltiva diversi tipi di grano, anche a rischio di estinzione: «Grazie a loro ho potuto dedicarmi alla coltivazione del grano che permette a me e al mio compagno di portare avanti il progetto Il rifugio del contadino, un rifugio dove poter ritornare a respirare seguendo i ritmi della natura. Ed è proprio in questa casa di campagna che la mia Magarìe riesce a trovare piena realizzazione: ciò che coltivo e a cui mi dedico in Magarìe viene utilizzato nel rifugio. Ed è proprio quella la sede dei nostri progetti inclusivi».
Chi viene da noi non ci capita per caso, sceglie di credere in noi e nel valore della terra
MAGARÌE: UN PROGETTO INCLUSIVO
«Il rifugio ha poche camere, ma con esse da alcuni anni portiamo avanti un progetto con alcune cooperative dell’Asl di Roma: organizziamo dei soggiorni estivi per ragazzi con fragilità. Con noi non fanno la solita vacanza al mare fronte spiaggia; vanno al mare al mattino, ma poi il pomeriggio rientrano e vivono con noi l’orto, impastano la pasta, dipingono… Viviamo e diamo loro la possibilità di poter vivere una settimana diversa: molto spesso ci si dimentica che siamo tutte persone e che offrire a un giovane una vacanza dando modo di crescere e imparare non è scontato quando si ha una disabilità».
Isabella si uniforma al discorso affrontato in precedenza in un nostro articolo con Il forno di Vincenzo: ciò che si evidenzia in queste due interviste è che molto spesso la persona con disabilità viene considerata solo in base alla propria disabilità e non come persona con esigenze diverse in base all’età o a predisposizioni diverse in base ai propri interessi. «Io ho sempre bazzicato nel campo del volontariato e dopo aver lavorato al progetto col Dipartimento di Salute Mentale, ho conseguito il titolo di operatrice per ragazzi con spettro autistico».
![magarìe](https://www.italiachecambia.org/wp-content/uploads/2024/06/magarie_interna-5-1024x681.png)
«La prima idea di collaborazione con queste cooperative ha bussato da sola alla nostra porta: ho conosciuto una giovane donna che collaborava con una di queste cooperative e dopo una conoscenza iniziale ci è balenata l’idea di procedere con la partecipazione a questi bandi per “campi estivi” per persone diversamente abili. I nostri giovani ospiti vengono indirizzati e seguiti, ma diamo loro modo di poter esprimere il proprio io: non tutti hanno le stesse predisposizioni, non tutti sono interessati a una determinata mansione ed ecco che subentra l’analisi del singolo. Ognuno di loro viene invogliato a esternare la propria anima con la propria passione o la propria tipologia di manualità».
L’azienda agricola così come il rifugio hanno basi ben solide e in un’epoca dove sempre più spesso il cliente viene visto come un numero, Isabella lo ritiene un ospite: «Chi compra prodotti dalla nostra azienda agricola o chi è ospite al nostro rifugio è ospite a casa nostra ed è fautore dei nostri progetti. Crede in essi quanto noi e instaura con noi, molto spesso, un rapporto che va al di là del rapporto cliente-gestore. Chi viene da noi non ci capita per caso, sceglie di credere in noi e nel valore della terra».
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