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Genova - Incontro Marco Lavagno in un bar vicino casa. Con il pretesto di assaggiare le sue verdure, lo contatto e ordino una cassettina di insalata canasta e pisellini freschi targati VegToria. Il giorno della consegna suona il citofono e anziché farlo salire scendo io, invitandolo a prenderci un caffè. Insieme a lui c’è anche Davide, che si ristora con un the freddo e una brioche. Li osservo: sono un duo ben assortito: Marco è un omone, sorridente e affabile, “Davidone” è un ragazzo alto, dal viso pulito, che osserva con curiosità il mondo attraverso i suoi grandi occhi azzurri.
Chiacchierando, divaghiamo su potenziali ricettari vegani da pubblicare con le mille rivisitazioni del pesto di Marco, sulle verdure che coltivano, sui vari progetti in corso. Approfitto allora del clima disteso e mi faccio raccontare il percorso che ha portato alla creazione della VegToria.
Com’è nata l’idea di aprire un’azienda agricola per coltivare verdure in modo naturale e coinvolgere ragazzi con disabilità?
Marco: Nella mia testa l’idea della VegToria c’era già da molto tempo. Il progetto prevedeva la ricerca di un luogo dove innanzitutto io potessi vivere serenamente, infatti da qualche mese ho lasciato Genova e mi sono trasferito a Meco, per portare avanti la mia attività agricola – non piccola, attualmente la definirei microscopica [sorride, ndr] –, ma l’obiettivo principale è sempre stato quello di coinvolgere i ragazzi in un contesto in cui potessero prima di tutto stare bene. E da me li vedo molto a loro agio.
Cosa muove questa tua scelta?
Marco: In ogni luogo in cui ho avuto occasione di lavorare, dall’Associazione Ligure Sindrome X Fragile ad ANGSA, ho sempre cercato di avvicinare i ragazzi alla terra.
Ortoterapia, quindi?
Marco: Sì, in un certo senso, ma soprattutto terapia occupazionale. Ognuno di noi ha bisogno di lavorare, è un’esigenza di autonomia comune a tutte le persone. Il lavoro nell’orto quindi è uno strumento di emancipazione, al di là del semplice maneggiare l’ortaggio o di mettere le mani nella terra. C’è chi può e lo fa serenamente, quindi coltiva e raccoglie, c’è chi invece preferisce consegnare insieme a me la cassettina settimanale di verdure ai clienti e mi segue in giro per la città. Sono due modalità utilissime dello stesso lavoro. Insieme a me ci sono due ragazzi ora, uno mi affianca in ambito più agricolo e l’altro nel “delivery”.
E spiegaci, come ti sei mosso?
Marco: Dopo aver cercato tanto, ho finalmente trovato questo terreno a Meco, in zona Davagna, e ho deciso di recuperarlo, coinvolgendo i ragazzi in questa mia avventura. Per ora sta procedendo tutto bene. L’idea poi è quella di accostare alla mia microazienda agricola anche un’associazione di volontariato, per portare avanti un antispecismo a 360° e aiutare concretamente chiunque abbia bisogno, dagli animali in difficoltà ai ragazzi con disabilità. Il progetto è ambizioso, anche perché sono solo, fortunatamente però ho tanti amici che mi stimano e che mi hanno già aiutato molto, senza i quali probabilmente non mi sarei ancora nemmeno trasferito.
Raccontaci degli animali che accoglierai.
Marco: Alla VegToria stanno già arrivando diversi gatti randagi – al momento sono circa una decina, che sto cercando di curare e sterilizzare in modo da contenerne il numero –, accolti nella “casa delle fusa”. A breve poi faranno parte della famiglia anche alcuni conigli salvati da stabulari provenienti dall’associazione La collina dei Conigli, con cui collaboro da tempo, portando sfalci e fieno in esubero. Ci vorrà del tempo però, perché occorre una struttura idonea che al momento ancora non c’è. Sono aperto anche ad altre proposte che il destino porrà sulla mia strada. Per ora ospito anche tre o quattro galline salvate da qualche allevamento.
E nei tuoi terreni cosa coltivate?
Davide: Piselli, fave, insalata canasta, pomodori, melanzane, trombette di Albenga, peperoni, cetrioli. Ci sono anche diversi alberi da frutta, con prugne, agrumi e fichi. E se mangi i fichi, diventi un fico! [ridiamo, ndr]
Cosa fate nelle giornate in cui lavorate insieme?
Davide: Zappiamo il terreno, lo lavoriamo a maggese, cioè lo mescoliamo con quello fertile e lo concimiamo, poi seminiamo. E facciamo consegne in giro per la città.
Progetti futuri? Che cosa bolle in pentola?
Marco: Al piano terra della casa, che non è abitabile perché originariamente c’era una stalla, ci sarà un laboratorio polifunzionale dove potremo lavorare alla trasformazione dei nostri ortaggi e di altri prodotti. I lavori per realizzarlo inizieranno a luglio ed entro fine anno aprirò anche un home restaurant con un un menu esclusivamente vegano, in cui proporrò piatti preparati con le verdure del mio orto, formaggi vegetali, i miei pesti – sempre diversi, perché cambiano sempre a seconda di cosa raccolgo – e molto altro.
E quale sarà il cavallo di battaglia?
Marco: Il mio vagù, un ragù in chiave vegetale che piace proprio a tutti.
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