Favola Industriale Blues: con l’arte si racconta cosa accade intorno al polo petrolchimico di Siracusa
Seguici su:
Siracusa - La capacità di ispirare il cambiamento pensando in modo innovativo può avere un ruolo fondamentale nella risoluzioni di problemi complessi. Per farlo serve sicuramente creare parole e immaginari nuovi, pensare appunto con prospettiva. Lo fanno da circa vent’anni i fratelli Alessio e Ivano di Modica, nati e cresciuti ad Augusta, proprio intorno a quel polo petrolchimico che in questi ultimi mesi stiamo imparando a conoscere meglio con degli articoli dedicati. La loro compagnia, Area Teatro, già nel 2005 ha portato in scena Favola Industriale Blues, una favola che definiscono «amara, di lavoro, sfruttamento, di richiamo alle origini, come un blues dannato in cui a vendere l’anima al diavolo è un luogo: il mondo intero».
Uno spettacolo che racconta quanto accade ai territori intorno al polo petrolchimico, alle persone che vivono quei luoghi e ai loro sogni ormai sempre più frantumati. Si tratta di un sogno e di un destino comune a molti in altri luoghi della Terra, Favola Industriale Blues infatti ha una chiave di lettura su scala globale. «Ascoltando i testimoni – contadini e pescatori diventati poi operai – dell’arrivo dell’industrializzazione in Sicilia e girando l’Italia con lo spettacolo, ci siamo accorti che le storie sono simili e che il modus operandi degli industriali è uguale ovunque e ovunque tende a sradicare le persone dalla propria storia. Per questo quello che oggi raccontiamo va oltre il nostro territorio e abbraccia il Sud del mondo».
«Gli industriali quando arrivano si appropriano delle parole, delle idee, degli spazi geografici e mentali e anche della memoria. Sono riusciti a convincere la popolazione che luoghi come il nostro o come quello di Marghera, giusto per fare un esempio, sarebbero diventati ridenti cittadine industriali e che l’unico possibile sviluppo futuro sarebbe dipeso dalle industrie. Per noi diventa necessario scardinare l’immaginario collettivo a partire dal racconto di quanto è accaduto», sottolinea Alessio.
IL PASSATO E IL PRESENTE DEL POLO PETROLCHIMICO RACCONTATO DA “FAVOLA INDUSTRIALE BLUES”
Dal 2005 a oggi “Favola Industriale Blues” ha calcato numerosi palchi. Negli ultimi anni è stato anche rivisto e adattato a una generazione più attenta e consapevole alle questioni ambientali. Grazie agli incontri con le tante realtà che in Italia si occupano di giustizia ambientale e alla condivisione del testo con i ragazzi di Fridays for Future, Alessio e Ivano sono entrati in contatto con l’associazione ReCommon che ha deciso di co-produrre lo spettacolo. Dall’anno scorso infatti “Favola Industriale Blues” ha ri-debuttato a Roma per poi continuare con un tour in altre città italiane.
Passato e presente che si incontrano, industrializzazione e antiche civiltà greche che si guardano sapendo di non riuscire a comunicare. Mani di pescatori e contadini che passano dalle reti e le zappe agli impianti tecnologici mentre muta un intero paesaggio e i suoi ritmi. Come in un gioco narrativo si passa attraverso diversi stili: dalla favola in cui animali e oggetti prendono voce, alla fiaba popolata da streghe e maghe, dall’epica all’orazione civile, dal comico alle leggende metropolitane, in un’unica voce che viene da lontano ma che attraversa i tempi di oggi con un linguaggio vivo: il cunto.
«Ho incontrato tanti maestri, mi sono formato e senza saperlo sono arrivato anche a una nuova idea del cunto. L’aspetto che mi ha sempre appassionato sono le storie che fanno parte del patrimonio orale condiviso, andare alla ricerca di storie sepolte, delle periferie della memoria. Il cunto è un’arte popolare che nasce per strada e parla direttamente alle persone, peccato che fino a poco tempo fa era usata solo per raccontare i paladini di Francia».
«Adattandolo al contemporaneo è un linguaggio che va oltre quello del mainstream. Il cunto ha un ritmo molto legato al respiro, ci permette di entrare nel respiro delle persone che ci ascoltano, creando così un rapporto intimo che penetra nell’immaginario del singolo che, al di fuori dello spazio teatrale, diventa collettivo», continua Alessio.
DAGLI EVENTI DEL G8 L’IDEA DI UNO SPETTACOLO INCENTRATO SUL POLO PETROLCHIMICO
Dall’esperienza vissuta durante il G8 di Genova – il movimento di protesta fu massacrato e si crearono coordinamenti ad personam svuotando il senso di quanto era stato fatto fino ad allora – per Ivano e Alessio la lotta ambientale non può legarsi a una singola persona. Nasce all’epoca l’idea di uno spettacolo sul polo petrolchimico. Una ricerca durata anni tra le voci di contadini e pescatori che diventavano operai, ex operai in pensione e i segni lasciati impressi nel territorio. Un racconto storico, antropologico e artistico che negli anni è stato proposto alle scuole, ai bambini e al pubblico del teatro.
«Lo spettacolo ha girato l’Italia, ancora non è arrivato ad Augusta. Noi viviamo qui, ci siamo nati, abbiamo proposto e proponiamo laboratori nelle scuole, ma non è semplice. Cerchiamo di restare coerenti con i nostri valori. Non partecipiamo, ad esempio, a festival culturali e teatrali finanziati dalle multinazionali del fossile. Proporre un lavoro del genere all’interno del circuito teatrale classico è molto complicato».
«Oggi ci rivolgiamo ai comitati, ai collettivi. Mentre vent’anni fa li abbiamo colti di sorpresa, oggi non è più possibile, chi finanzia certi circuiti si informa sul tipo di produzioni selezionate. Questo avviene anche nelle scuole del territorio: c’è chi rifiuta i finanziamenti da parte degli industriali e chi no. Non è semplice, ma continuiamo a stare sulla scena da oltre due decenni» sottolinea Ivano.
SPETTACOLI, CICLI DI INCONTRI E PROGETTO A.R.I.A PER CONTRIBUIRE ALLA VISIONE DI UN FUTURO
I due fratelli si sono inventati un modo diverso di restare in contatto con le comunità, nonostante appunto le varie difficoltà dovute soprattutto ai temi trattati, anche con cicli di incontri dedicati al cunto e alla narrazione presso biblioteche dei territori e librerie. A giugno saranno anche a Catania presso la biblioteca Navarria-Crifò della Chiesa Valdese.
A settembre invece partirà il progetto A.R.I.A, Azioni Ribelli In Atto, nato grazie all’incontro con Linda Maggiori, autrice di Mamme Ribelli, un libro che raccoglie le tante lotte di donne e mamme nei territori italiani più contaminati. Opportunità per creare momenti di memoria attraverso l’antico rito collettivo del teatro in modo che i luoghi, le città e i territori guardino alle proprie storie, alla geografia interiore, collettiva e fisica e nutrire maggiore rispetto e cura verso l’umanità e il pianeta in cui viviamo.
«Schiavi del capitalismo industriale che ha generato negli ultimi cent’anni solo devastazione e distruzione in ogni luogo della terra, lo spettacolo “Favola Industriale Blues” è un atto di liberazione che vogliamo portare in ogni comunità che lotta, per raccontare il passato e spezzare quelle catene che legano il nostro paese, ma non solo, a un unico di tipo di sviluppo».
«Un blues per il futuro, per la memoria, per la lotta, per le prossime generazioni. Un blues che racconta la verità sulle strategie sociali, politiche e psicologiche che gli industriali utilizzano per rendere i territori dipendenti da loro. Perché nessun territorio nasce a vocazione industriale o per essere succube dell’inquinamento. Respirare aria pulita è un diritto di nascita», sottolineano Alessio e Ivano. Un racconto di come l’umanità negli ultimi cento anni ha scelto la strada del petrolio e di come il sogno di una vita migliore precipita nella distruzione del territorio a causa dell’inquinamento. E in nome del profitto si accetta tutto.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento