Tra le case abbandonate, il cortometraggio ambientato nei vecchi borghi fantasma dell’Appennino
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Genova - Torniamo a parlare di boschi con Paolo Rossi, il fotografo naturalista etico – che immortala gli animali selvatici senza attrattivi per non condizionarne i movimenti naturali – e sostenibile, che scatta esclusivamente sulle montagne “vicino casa”. Val Trebbia e val Borbera infatti sono i set più frequenti dei suoi documentari e anche in “Tra le case abbandonate”, il suo ultimo cortometraggio, è l’Appennino delle Quattro Province a fare da sfondo a tutto ciò che avviene tra casali fantasma e ruderi in pietra diventati ormai parte integrante della vegetazione.
Paolo, raccontaci: com’è nata l’idea di questo nuovo cortometraggo?
L’idea è nata dalle nostre avventure che si susseguono dal 2018 a oggi sulle straordinarie montagne dell’Appennino delle Quattro Province, territorio che io e Nicola Rebora un tempo ci “limitavamo” a frequentare solo per posizionarci sui crinali ad attendere e fotografare i lupi in libertà. La scoperta del gatto selvatico ci ha invece concesso l’opportunità non solo di goderci i movimenti di questo splendido felino in natura, ma anche di scoprire ambienti all’epoca ancora sconosciuti e diventati per noi mistici, con alberi enormi ed estesi boschi, situati in versanti ripidissimi e di difficile accesso per chiunque non sia un fungaiolo nativo.
Un giorno, tra un castagno e un grande faggio abbattuto, ci siamo accorti della presenza di antichi borghi e case abbandonate, ruderi che ormai hanno preso le sembianze della natura che li circonda e che oggi sono abitati da svariati selvatici: lucertole, donnole, faine, pipistrelli, allocchi, volpi, formiche… La lista è lunga e l’impressione che abbiamo quando attraversiamo questi luoghi è che non siano realmente abbandonati solo perché l’uomo se ne è allontanato, ma semplicemente frequentati da altri animali non umani.
Cosa succede quindi “tra le case abbandonate”?
Gran parte di quello che accade dentro, fuori, sopra e intorno alle case abbandonate è – e forse rimarrà – un mistero e lo trovo giusto, perché come diceva il grande Ungaretti “ogni poesia per essere poesia deve contenere del mistero”. Nel nostro piccolo però attraverso l’utilizzo di alcune videotrappole e intervistando persone che stimiamo, vogliamo creare un documentario proprio su questo tema a noi tanto caro.
Lo scorso anno, con “Dove l’uomo non è più sovrano”, avete mostrato la metafora della forza inarrestabile della natura, capace di riprendersi in poco tempo i propri spazi, a dimostrazione che l’uomo non è veicolo né mezzo, ma solo uno dei tanti componenti della stessa realtà. Anche qui sviscererete questa tematica?
Anche con questo cortometraggio cerchiamo di valorizzare luoghi per noi straordinari che non contemplano la presenza da protagonista dell’uomo, proprio perché da svariati decenni stanno evolvendo spontaneamente senza la sua pressione. Mi riferisco a caccia, tagli industriali del bosco e tanto altro.
Come fotografi documentaristi io e Nicola ci impegniamo da anni a mostrare la fauna selvatica negli ambienti che amiamo di più, proprio attraverso le immagini e i suoni originali di quei luoghi. In fondo non è proprio questa l’autenticità che ci aspettiamo quando visitiamo delle mostre, sfogliamo dei libri fotografici o guardiamo dei documentari?!
Le nostre interviste poi coinvolgono persone con cui condividiamo l’animo e una visione poetica e appassionata, perché crediamo che per avvicinare le nuove generazioni a questa tematica non basti la sola divulgazione scientifica, ma occorra coinvolgerle con quell’emozione quasi infantile che suscita la vista di uno straordinario animale selvatico che per migliaia di anni, generazione dopo generazione, si è evoluto per arrivare – come noi – sino ad oggi.
Vedere come si muove in ambienti dove noi non siamo più capaci a vivere poi ci fa comprendere l’importanza di conservare questi luoghi. Attraverso la salvaguardia di questi straordinari alberi e di queste incredibili creature, in realtà garantiamo anche la tutela della nostra salute mentale e fisica, sia come individui singoli che come specie.
Per sostenere le riprese del cortometraggio c’è un nuovo crowdfunding?
Sì, anche quest’anno abbiamo scelto di portare avanti una produzione indipendente e finanziata dal basso. La prima ricompensa per chi sosterrà le spese del nostro nuovo cortometraggio sarà un’escursione in attesa dei lupi nell’Appennino delle Quattro Province a fine agosto. Gli altri premi – stampe di foto e libri fotografici sul gatto selvatico e sui lupi – saranno inviati dall’inizio del 2025. Il film invece verrà presentato entro il prossimo novembre.
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