OrtoMondo, il cohousing sostenibile di Legambiente Paestum
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Salerno, Campania - Legambiente è una delle sigle storiche dell’ambientalismo italiano e si occupa di promuovere la protezione e la salvaguardia dell’ambiente. Da anni è impegnata in diverse attività, tra cui campagne di sensibilizzazione, monitoraggio della qualità dell’aria e dell’acqua, difesa delle aree naturali, promozione dell’energia rinnovabile e lotta contro l’inquinamento. Ma non solo. Il circolo Legambiente di Capaccio Paestum, in provincia di Salerno, in prossimità del Parco archeologico di Paestum, apre i nostri orizzonti e ci mostra come un’associazione ambientalista può impegnarsi anche nelle lotte sociali. Oggi vi raccontiamo la nascita e la storia di OrtoMondo, un progetto di cohousing nella splendida Valle del Sele.
Il presidente del circolo, Pasquale Longo, ci ha spiegato che «l’idea di questo progetto ha inizio ancor prima di OrtoMondo. Abbiamo cominciato con il metterci in contatto con alcuni responsabili di centri d’accoglienza: il nostro obiettivo era quello di creare socialità e sin da subito abbiamo coinvolto gli ospitati in uscite fuori porta per far conoscere loro il territorio e per permettere loro di viverlo».
«Abbiamo così dato vita ai “volontari di bellezza”: in tempi brevi e grazie al progetto europeo Involve molti migranti richiedenti asilo hanno collaborato con noi nella manutenzione delle cinte murarie del Parco Archeologico di Paestum e hanno così cominciato a essere parte integrante del nostro circolo». Man mano il volontariato ha dato vita a una nuova comunità, dove ci si aiutava a vicenda. Ed è qui che è nata l’idea di OrtoMondo: una casa alloggio attorno alla quale vi sono campi da arare, dai quali poter coltivare per sussistenza.
COS’È ORTOMONDO?
OrtoMondo è un grande stabile con un ettaro di terra: 8 mini appartamenti autonomi, presi in affitto dal circolo Legambiente di Capaccio Paestum. «Molti ragazzi che uscivano dei centri di accoglienza avevano la necessità di trovare un’abitazione dignitosa e al tempo stesso non onerosa. Abbiamo così deciso di fare una scommessa: abbiamo preso in affitto questo stabile in aperta campagna, a ridosso della collina che guarda Paestum. Anche se abbiamo concesso a un piccolo numero di poter usufruire di questa modalità alloggiativa, per noi è stata una grande vittoria: abbiamo dato vita a un nuovo ideale, siamo stati il prototipo di un nuovo modello, una tipologia che offrisse autonomia e che favorisse la convivenza e il rispetto».
È un’esperienza del tutto autogestita: Pasquale sottolinea l’assenza di qualsiasi finanziamento pubblico, ciò che viene fatto e attuato quotidianamente è solo grazie alle quote dei volontari e agli affitti degli ospitati; le stesse utenze sono a carico del circolo. «La nostra azione non è solo ambientalista, è fortemente connaturata all’esigenza di migliorare le condizioni dell’umanità tutta. Siamo stati tra i primi a parlare di migrazioni climatiche; ad oggi i cambiamenti climatici hanno accelerato determinati processi e a breve diventeranno irreversibili. Ciò che è fondamentale è porre il giusto accento alla giustizia sociale».
Ogni giorno ci sono tantissimi problemi che vanno dal vivere quotidiano alle difficoltà del coltivare il terreno: la convivenza non è mai semplice, soprattutto per persone che molto spesso hanno un passato pesante. Molti degli ospiti dell’unità alloggiativa sono arrivati in Italia su barconi carichi di gente, alcuni di loro hanno visto amici e parenti morire nelle acque tra la Libia e Lampedusa, altri ancora hanno lasciato mogli e figli in balia del loro destino cercando in Italia una seconda possibilità di vita.
LA PIANA DEL SELE, TERRA DI CAPORALATO?
«Molti dei nostri ragazzi, anche se alcuni di loro non sono più così tanto giovani, sono partiti dal loro paese d’origine avendo sempre e solo coltivato la terra. Qui in Italia hanno continuato la loro missione, ma nonostante la nostra nazione dia loro maggiori possibilità, non è raro sentire dalle loro storie casi di caporalato». Durante la stagione estiva, in particolar modo per la cultura dei pomodori, vengono assunti lavoratori stranieri da sfruttare: ore e ore trascorse sotto il sole cocente a raccogliere il frutto rosso destinato alle tante aziende conserviere della zona.
Il rosso dei pomodori ricorda il sangue di tanti migranti che hanno perso la vita nel tentativo di viverne una migliore di quella che avevano lasciato nel loro paese d’origine. «Tutti loro lavorano con regolare contratto e dal punto di vista legale cerchiamo di offrire loro assistenza e conoscenza cosicché una volta fuori dalla nostra unità alloggiativa possano essere rispettati per il lavoro che svolgono», anche se il lavoro a nero resta purtroppo una piaga contro cui lottare nonostante alcuni funzionari pubblici facciano finta non sia mai esistito.
INCLUSIONE VUOL DIRE PARITÀ
«Per un circolo piccolo come il nostro la realizzazione di OrtoMondo è un gran traguardo, ma ogni mese ci sono problemi da superare, a partire dalle piccole sino alle grandi manutenzioni della casa e dell’orto. Per il terreno abbiamo dato vita agli orti sociali: sebbene in gran parte siano destinati al loro consumo, resta una piccola parte destinata a una rete solidale che gira attorno ai nostri orti. Quando i nostri ragazzi sono liberi dal proprio lavoro coltivano anche prodotti del loro paese. Con loro abbiamo anche sviluppato un laboratorio di apicoltura portato avanti da un nostro socio apicoltore. Abbiamo provveduto a raccogliere il miele e a metterlo nei vasetti».
Attorno a OrtoMondo si è ormai sviluppata una comunità allargata: durante l’anno sono tanti gli eventi che coinvolgono gli ospitati, in particolar modo Pasquale ci ha tenuto a sottolineare il festival dello scambio dei semi, durante il quale i migranti scambiano con le persone del posto semi del loro paese d’origine in cambio di semi di prodotti autoctoni. «Nonostante questa sia un’area dove non si sono mai riscontrate problematiche evidenti di convivenza tra varie nazionalità è importante comunque procedere con eventi che possano far sentire coinvolti tutti».
I SOGNI DI UN CIRCOLO DI LEGAMBIENTE NEL SUD ITALIA
«Ciò che ci auguriamo è che questo modello da noi portato avanti, aiuti anche altri: in noi sono intrinseci la volontà e l’auspicio che siano anche altri a imitare questo modello; non solo quindi associazioni, ma anche e soprattutto grandi aziende agricole che potrebbero e dovrebbero garantire alloggio ai propri dipendenti facendo pagare loro un prezzo equo. Ciò romperebbe quel circolo vizioso in cui spesso si trova chi è in condizioni di difficoltà. Legambiente è anche questo, non solo un’occasione per partecipare alla vita associativa, ma un modo per conoscere altre persone, altre esperienze e altre usanze».
«Una sola unità abitativa ma vari mini appartamenti: indipendenza, ma anche comunità. Coinvolgimento, racconti, quotidianità; piccole cose ma per nulla scontate.», conclude Longo. «Ciò che per noi è “sicuro”, da loro viene percepito come un dono. Poter avere la possibilità di riabbracciare una persona amata non è scontato soprattutto per chi, come loro, ha anche attraversato diversi stati prima di arrivare in Italia». La vita stessa non è scontata, soprattutto dopo aver visto donne, uomini e bambini morire lungo la strada verso la “terra promessa”. Abbiamo solo da imparare da chi ancora alla vita da il giusto valore, da chi alla vita da ancora un ritmo degno di essere vissuto a pieno.
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