Maysoon Majidi e Marjan Jamali, la storia delle due rifugiate accusate di essere scafiste
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In fuga dalle galere iraniane degli Ayatollah, Maysoon e Marjan sono detenute in Italia. Maysoon Majidi e Marjan Jamali sono state arrestate perché ritenute “scafiste” per aver fatto parte dell’equipaggio della barca con cui hanno raggiunto le coste italiane.
Maysoon è detenuta presso la casa circondariale di Castrovillari da dicembre, ha 28 anni, perde progressivamente peso ed è evidentemente provata dalla detenzione e dal futuro che la aspetta. Maysoon è una nota regista e attivista curda per i diritti umani. La sua partecipazione alle proteste antigovernative hanno messo in pericolo la sua stessa vita, perciò è stata costretta a fuggire, insieme al fratello, prima dall’Iran e poi dal Kurdistan iracheno. È approdata in Italia via mare, sulle coste calabresi.
Marjan Jamali è detenuta presso la casa circondariale di Reggio Calabria da ottobre. La separazione dal figlio di 8 anni, affidato temporaneamente alle cure di una famiglia afghana in Comunità, ha generato una serie di atti di autolesionismo ed eventi critici. Ha 29 anni ed è fuggita dall’Iran insieme a suo figlio per sottrarsi a una situazione drammatica. Durante il viaggio dalla Turchia, a bordo di una barca a vela, sarebbe stata oggetto di un tentativo di violenza sessuale da parte degli stessi tre uomini che – arrivati in Italia – l’hanno accusata di essere una scafista.
Su di loro pendono due differenti procedimenti penali: entrambe sono state accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. «In entrambi i casi si tratta di donne con storie particolari alle spalle, che hanno corrisposto ingenti somme di denaro per allontanarsi dal paese di origine temendo per la propria incolumità», sostiene il garante calabrese dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Luca Muglia.
I testimoni, come sempre interrogati nei concitati momenti dopo l’approdo, sono scomparsi nel nulla non permettendo nemmeno un controesame delle loro affermazioni da parte della difesa. Pur confidando nella magistratura «che farà certamente piena luce sulle questioni in corso di accertamento non ci si può astenere dal segnalare illogicità e anomalie», sottolinea il garante. Il suo ufficio e quello del garante nazionale si sono attivati sinergicamente per mettere in campo tutti gli interventi necessari.
Ma qual è il punto di vulnerabilità per cui il meccanismo si inceppa generando questo corto circuito? «Il punto debole è costituito dalle modalità con cui si accerta il reato di favoreggiamento della immigrazione clandestina», risponde Muglia. «A fronte di fattispecie così delicate, con pene piuttosto elevate, l’individuazione della responsabilità penale richiede un modello di intervento in grado di scongiurare o ridurre il rischio di errori giudiziari. L’impiego di nuclei investigativi specializzati e di esperti della materia, l’utilizzo delle moderne tecnologie, la raccolta degli elementi di prova a favore nell’immediatezza dello sbarco, l’assistenza di un interprete adeguato e qualificato, la possibilità di esercitare in modo effettivo il diritto di difesa. Ecco solo alcuni esempi».
Faccio presente al garante che il processo è in corso ma molti testimoni hanno lasciato l’Italia, il tempo passa e le due donne temono di non poter difendersi adeguatamente. «In effetti sembra che quasi tutti i migranti che si trovavano sulle barche si siano allontanati dal territorio italiano senza essere ascoltati. In questi casi, a maggior ragione, occorre prestare attenzione alla biografia personale per saggiare l’attendibilità dei racconti», sottolinea Luca Muglia.
«Si tratta di due donne con storie particolari alle spalle che hanno corrisposto ingenti somme di denaro per fuggire dal paese di origine, l’Iran, temendo per la propria incolumità a causa dell’espressione di opinioni politiche o di drammatiche situazioni familiari. In entrambe le vicende inoltre, è stata segnalata la difficoltà di comprendere gli interpreti o di farsi comprendere dagli stessi e la tardiva o inappropriata traduzione degli atti processuali, circostanze che avrebbero ostacolato l’accertamento della verità», conclude Muglia. «Di ciò evidentemente non può non tenersi conto e sono certo che l’autorità giudiziaria lo farà».
La vicenda di Maysoon e Marjan è arrivata in Parlamento, la deputata del Partito democratico Laura Boldrini e quello di Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimaldi hanno chiesto un’informativa urgente al ministro della Giustizia Carlo Nordio. I deputati sostengono che sia stato leso il diritto alla difesa delle due donne e che le loro attuali condizioni psico-fisiche siano incompatibili con lo stato di detenzione in carcere.
Clicca qui per ascoltare lo speciale sull’Iran di Andrea Degl’Innocenti.
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