Isolamento con la lana di pecora: l’idea di Brebey per un’edilizia sostenibile e circolare
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Cagliari - L’ecologia nel XXI secolo può essere definita rivoluzionaria, perché mette in discussione l’intero sistema economico dominante e pone in risalto l’impatto catastrofico della logica economica che ha caratterizzato lo sviluppo degli ultimi secoli. Per quanto possa sembrare una risposta alle problematiche attuali, ha però radici già nel pensiero Ciceroniano: nel De Senectute Cicerone, citando Catone, mostra un modello sostenibile in cui un vecchio contadino, a chi gli chiede per chi stesse seminando, non esita a rispondere: ‘‘Per gli dei immortali, i quali vollero che io non mi limitassi a ricevere tutto questo dai padri, ma che lo trasmettessi anche ai posteri’’.
Brebey nasce dallo stesso spirito, da quel guardare ai posteri che mette in discussione il presente, seminando nuovi chicchi di rivoluzione. Società che dal 2012 si occupa della produzione e della commercializzazione di tecnologie sostenibili basate sulla lana di pecora, l’obiettivo di Brebey è favorire la valorizzazione e l’uso di un prodotto naturale, rinnovabile e riciclabile, come appunto la lana di pecora. Attraverso la tecnologia Tecnolana by Brebey, l’uso di feltri a base di lana permette il riuso di un materiale spesso ridotto a rifiuto in diversi campi, in particolare per l’isolamento termoacustico. Il tutto con la convinzione che la sostenibilità non sia solo una risposta, ma una missione per il futuro del pianeta.
LA STORIA DI BREBEY
Brebey nasce dall’esperienza di Pierluigi Damiani. «Dopo aver studiato all’Istituto Tecnico industriale – racconta – ho trovato lavoro nella zona industriale a Macchiareddu, in un’azienda toscana che si occupava di tessuti non tessuti [ovvero prodotti con processi meccanici, termici o chimici ndr] e successivamente è divenuta referente di un’azienda piemontese che fabbricava prodotti per le automobili. Nel frattempo però più mi addentravo nelle tecnicità dei materiali, più accumulavo esperienza e in seguito mi hanno anche invitato ad andare in Piemonte a lavorare per loro».
Dopo anni, il rientro in Sardegna, «quando ormai conoscevo le materie prime, specie quelle sintetiche perché nel settore automobilistico si utilizzano prevalentemente quelle, però la lana mi aveva sempre un po’ incuriosito». Una po’ di ricerca mostra subito come l’utilizzo di questa fibra fosse ai primi anni 2000 ancora poco diffuso. «A parte il suo uso nel settore tessile, la nostra lana – quella italiana e quasi tutta quella europea – è grossolana e quindi non ha un buon mercato, perciò ho iniziato piano piano a ragionarci e negli anni fra il 2006 e 2007 è nata l’azienda partendo da zero».
La ricerca prosegue anche fuori dall’Isola, ma l’occhio è sempre rivolto alla Sardegna. «Nel 2012 siamo diventati S.c.a r.l. perché l’idea era quella di collaborare con i pastori e allevatori, ma eravamo agli inizi, il nostro era un progetto nuovo e dunque la maggior parte delle persone non vedeva nella collaborazione con noi la possibilità di un guadagno, per lo meno nel breve periodo. L’ente che però più ci ha appoggiato è stata l’Università, soprattutto nel campo dell’edilizia, in cui grazie anche alle loro esperienze abbiamo iniziato a sviluppare al meglio i prodotti, brevettando poi l’idea».
Attualmente la sede legale di Brebey è in Sardegna, ma l’azienda si trova a Biella. «Uno dei nostri obiettivi è quello di rientrare in Sardegna, ma attualmente purtroppo mancano le condizioni. Biella è una città con un’importante tradizione tessile, per cui dispone di fabbriche con attrezzature adeguate a produrre la fibra di lana, mentre in Sardegna non ci sono strutture attrezzate e per il momento non abbiamo trovato soluzioni idonee. Ma non ci arrendiamo».
UN MODELLO ECOSOSTENIBILE A 360 °
La lana presenta delle caratteristiche che l’essere umano non è riuscito a creare artificialmente: è dotata di igroscopicità – ossia la capacità di assorbire prontamente le molecole d’acqua presenti nell’ambiente circostante –, elevata capacità di isolamento termico e acustico, resistenza termica a secco. Inoltre – e non è cosa da poco – non produce polveri, non rilascia sostanze tossiche, non irrita le mucose, non diffonde nell’ambiente fibre respirabili o inalabili che possono danneggiare la salute, per cui anche gli operai lavorano in totale sicurezza. Se con gli isolanti sintetici devono bardarsi di tute e mascherine, con la fibra di lana non è necessario. Un modello produttivo che quindi può contribuire all’abbattimento di gas inquinanti e sostanze dannose per la salute.
Gli isolanti sintetici o minerali che vengono normalmente utilizzati per l’isolamento termoacustico sono materiali che nel loro ciclo di vita causano una serie di importanti conseguenze dannose sull’ambiente. Il motivo è che fanno capo a linee produttive industriali appartenenti alla filiera petrolchimica, con impianti produttivi fortemente inquinanti, che necessitano di elevate quantità di energia per la loro produzione; al termine del loro ciclo di vita poi, devono essere smaltiti in discariche specializzate con un elevato costo ambientale.
Da un lato è quindi quasi paradossale che si incentivi l’isolamento degli edifici per ridurre la necessità di riscaldamento e raffreddamento – e dunque anche del consumo energetico– e per farlo si faccia uso di prodotti sintetici derivati dal petrolio, fortemente inquinanti. In alternativa l’uso di isolanti naturali – e segnatamente della lana – può permettere di garantire tutti i quei vantaggi ecologici connessi con il risparmio energetico senza pagare il costo di un forte impatto sull’ambiente e senza causare problemi ambientali per lo smaltimento.
ISOLAMENTO TRA COSTI E RISPARMI
Naturale è domandarsi quale sia il costo di un’isolamento con fibra di lana. «Attualmente isolare un’abitazione comporterebbe un costo del 20/30% in più, però si andrebbe comunque a risparmiare sul riscaldamento e sul raffreddamento perché il materiale è più isolante rispetto agli altri. Inoltre c’è tutto il discorso in merito all’ecosostenibilità: stiamo andando a utilizzare un prodotto che non ha neanche problemi per essere smaltito. Tra i nostri obiettivi c’è quello di ridurre i costi di questo 20/30%, impresa non semplice perché comunque abbiamo come competitors dei colossi che utilizzano fibre plastiche o comunque ricavate dal petrolio».
La scelta quindi è anche etica. «Abbiamo recentemente realizzato una casa passiva [soluzione di edilizia sostenibile a impatto ridotto ndr] in legno e lana a Bortigali, in provincia di Nuoro. Si è trattato del primo cantiere in Italia realizzato con una struttura in legno sia come telaio che come tamponature, coibentata con pannelli isolanti in lana di pecora sia esternamente che internamente, solo con diversa densità».
«VOGLIAMO COLLABORARE CON PASTORI E ALLEVATORI SARDI»
«Poiché la fibra di lana è sì una fibra animale, morbida, elastica e con elevata capacità di isolamento termico acustico e gestione dell’umidità dell’ambiente, ma con una bassa resistenza meccanica, per risultati ottimali le è stata affiancata dalla fibra di canapa. Quest’ultima è una fibra naturale vegetale molto resistente allo strappo, durevole, con un ottimo potere isolante termico acustico e vanta un’elevata resistenza meccanica. Così, il pannello ottenuto dall’unione delle due fibre ha una maggiore resistenza alle sollecitazioni meccaniche e un deciso miglioramento della capacità termica per l’isolamento estivo».
Proprio per questo approccio ecosostenibile e profondamente etico, l’azienda ha ricevuto numerosi riconoscimento. Per citarne alcuni, prima classificata al Green Public Procurement nel 2019 e finalista allo European business award for the envroinment nel 2016. Resta però ancora un sogno da realizzare: «Ampliare il mercato di Brebey, soprattutto per la grande presenza di ovini in Sardegna. La collaborazione con pastori e allevatori che spesso sono costretti a buttare la lana sarebbe auspicabile, perché il mercato internazionale è più competitivo. Solo così riusciremo a creare un sistema cooperativo da cui l’Isola tutta trarrebbe beneficio».
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