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Cuneo - QUEST – che sta per Quality Education in Europe for Sustainable Social Transformation – è una rete europea indipendente e partecipativa mirata a riunire organizzazioni, scuole e università che promuovono un cambiamento del paradigma educativo e il sostegno ai diritti di bambini e giovani nell’ambito dell’apprendimento.
«QUEST nasce dall’esperienza di una scuola in Belgio, che voleva “fare altrimenti” e promuovere un’educazione dove la democrazia non è solo spiegata, ma vissuta ogni giorno con i bambini. A partire dalle difficoltà che abbiamo sperimentato, ci siamo resi conto che la nostra missione era quella di unire, legittimare e dare visibilità alle realtà di cambiamento educativo in Europa, mettendole in collegamento con l’educazione più tradizionale», ci spiega la cofondatrice e coordinatrice Martina Paone, che è anche Council Member di EUDEC, la Comunità di Educazione Democratica in Europa.
QUEST è stata anche co-organizzatrice, insieme alla realtà libertaria Albero della Tuscia e all’istituto comprensivo Carducci- Busca, della conferenza “Educazione democratica: teoria e pratiche”, che all’interno degli ampi e colorati spazi del Rondò dei Talenti a Cuneo ha riunito insegnanti, educatori e genitori. Fra loro c’era ovviamente anche Martina, a cui ho rivolto qualche domanda sui temi emersi.
«Il nostro lavoro si fonda sulla promozione di educazione democratica, basata sul diritto di bambini e giovani di partecipare e decidere nel loro percorso educativo, di educazione sostenibile – nel senso di tramandare la cura, la responsabilità e la connessione con la natura in educazione – e inclusiva promuovendo giustizia sociale e rimozione delle barriere che discriminano alcuni bambini e giovani, nel godimento del pieno diritto ad un’educazione di qualità», spiega Martina.
Principi e pratiche dell’educazione democratica: quali sono i principali valori?
La filosofia dell’educazione democratica è basata su un nuovo modo – semplice ma rivoluzionario – di vedere il bambino: i bambini sono considerati individui a pieno titolo, liberi di dare forma alla propria vita. Posseggono la curiosità e la motivazione innata per seguire le loro passioni e imparare e possono essere gradualmente responsabili delle loro scelte quotidiane, di ciò che fanno nelle loro giornate, di ciò che imparano. I genitori e gli insegnanti – meglio detti accompagnatori o facilitatori – hanno piena fiducia in queste scelte e supportano il percorso dei più piccoli, cercando di non imporre la propria guida, ma di fornire un ambiente ricco di stimoli educativi.
Nelle scuole democratiche, i bambini scelgono come impiegare il loro tempo. Giocano liberamente, partecipano alle scelte della loro comunità educante, immergendosi al massimo nella scuola come parte della “vita reale”. I principi irrinunciabili che derivano da questa visione del bambino sono sostanzialmente due: il rispetto dell’autodeterminazione – i bambini e le bambine hanno pieni diritti di scelta su cosa imparare, quando e come – e la scuola come comunità democratica, nella quale i bambini partecipano alle scelte della loro comunità e la loro voce è ascoltata al pari di quella di un adulto.
Come si traduce tutto questo nella pratica?
Ci sono tante versioni di scuole democratiche, perché le regole di base variano a seconda delle scelte della comunità educante e ci sono anche molte differenze da una nazione a un altra. Di base, le scuole democratiche hanno l’Assemblea come fulcro decisionale. È il luogo dove le attività vengono proposte da adulti e bambini, si fanno dei programmi insieme e si decidono le regole della scuola.
A seconda di età e interessi, ragazzi e ragazze prendono sempre più responsabilità nella scuola, dall’ambito organizzativo, alle proposte di attività, fino a tenere dei corsi loro stessi. In Italia si parla soprattutto di scuole a educazione libertaria. Ispirate in origine al filone della pedagogia anarchica, oggi le scuole libertarie convergono con il modello di educazione democratica e, seppure l’ispirazione politica alla base rimanga differente, le pratiche educative sono molto simili.
Il progetto DESC deriva dalla volontà di far convergere educazione democratica e scuola tradizionale. Da dove nasce l’idea/la necessità di farlo?
La necessità è nata dalla considerazione degli ostacoli che sia le scuole democratiche che quelle più tradizionali/statali affrontano, e dalla possibilità di trovare una parziale soluzione a queste criticità dall’incontro e dal dialogo. Infatti le scuole democratiche in Europa sono essenzialmente organizzazioni private e di piccole dimensioni, che richiedono grandissimo sforzo da parte del gruppo fondatore e dipendono interamente dai finanziamenti dei genitori. Questo genera fragilità e spesso instabilità nei progetti, senza contare che si tratta sempre di realtà privilegiate, cui possono attingere solo bambini provenienti da un’élite socio-culturale.
D’altro lato, le statistiche mostrano che le scuole tradizionali non sono generalmente adatte ad aiutare gli studenti a essere soddisfatti della propria vita e poi del proprio lavoro né a sviluppare un senso di appartenenza alla propria comunità scolastica. Nonostante l’appello delle organizzazioni internazionali a rinnovare il sistema di istruzione pubblica, i progressi a livello nazionale in Europa sono ancora molto lenti. Il progetto DESC vuole quindi mettere in comunicazione scuole democratiche e scuole tradizionali in cinque Paesi Europei, da un lato per aumentare visibilità e legittimità delle esperienze di scuole democratiche e, dall’altro, donare degli strumenti in più alle scuole convenzionali.
È possibile integrare princìpi dell’educazione democratica all’interno della scuola pubblica?
Applicare al 100% l’educazione democratica nel contesto di scuola pubblica non è possibile. Seppure in Europa ci siano esperienze di scuole pubbliche democratiche, si tratta sempre di una mediazione – si parla infatti di esperienze di “curriculum negoziato” – tra la libertà di scelta dei bambini e il rispetto dei requisiti curriculari richiesti. Detto ciò, è possibile introdurre in qualsiasi tipo di sistema scolastico degli strumenti presi dall’educazione democratica per permettere una maggiore libertà e responsabilizzazione dei ragazzi e delle ragazze.
All’interno del progetto DESC, stiamo ora lavorando proprio su un documento di 50 pratiche ispirate dall’educazione democratica, che possono essere svolte in ogni tipo di scuola. Lo trovate in inglese qui in una prima versione, e presto anche in italiano. Questa lista di pratiche nasce dall’ascolto degli insegnanti di scuola pubblica, i quali richiedevano degli strumenti molto concreti e delle pratiche quotidiane da poter portare nelle loro aule.
Ritieni che l’introduzione parziale di pratiche di educazione democratica possa comunque essere positiva e portare benefici a bambini e ragazzi della scuola pubblica?
Sono convinta che ogni passo verso l’ascolto dei bambini e dei ragazzi sia positivo e che ogni insegnante possa avere un impatto grandissimo sul benessere dei suoi studenti. Tramite l’educazione democratica si può intanto imparare a cambiare la postura dell’insegnante, a essere nell’ascolto, nella fiducia, nel non giudizio del bambino e a comunicare in modo empatico. Un altro passo fondamentale per ogni insegnante è lo studio della neurobiologia evolutiva: come funziona il cervello dei bambini? Cosa stimola il loro apprendimento e cosa no? Potrebbe essere un’ovvietà, ma molti insegnanti non considerano che un bambino che non ha i suoi bisogni fondamentali soddisfatti non potrà apprendere al meglio.
L’educazione democratica insegna a rispettare i bisogni dei bambini prima di tutto. E ciò è possibile farlo in qualsiasi contesto di classe. Ciò che può essere fatto in un contesto di classe tradizionale è, ad esempio, dare la scelta ai ragazzi su come voler affrontare un determinato tema, dedicare il maggior tempo possibile ad attività scelte dagli studenti e dare spazio all’esplorazione delle passioni, nonché cercare di coinvolgere gli studenti nelle piccole/grandi decisioni che possono essere prese in classe.
Cosa suggeriresti a un insegnante o un genitore che vogliano introdurre pratiche di educazione democratica?
Direi che il primo passo è visitare una scuola democratica o libertaria e parlare con i bambini che le frequentano – potete vedere per l’Italia il sito della REL, oppure i Creativity Garden di Canale Scuola. Vedere che generalmente questi ragazzi sono entusiasti di andare a scuola e di esserne parte fondamentale è la prova del fatto che un sistema non coercitivo favorisca l’apprendimento, oltre che il benessere. Immergersi un giorno nella vita di una di queste scuole può aiutare a capirne il funzionamento: come si decide tutti insieme? Come si sceglie che attività fare? Come si risolvono i conflitti? Che ruolo hanno gli adulti? Se poi si vuole approfondire, consiglio il corso di formazione che abbiamo creato.
Come è possibile ottenere le risorse e gli strumenti che mettete a disposizione?
Nel nostro sito si trovano molte risorse. Consiglio alle scuole o associazioni interessate di divenire membri di QUEST: l’accesso alla membership è gratuito, ma basato sul reale interesse dell’ente di iniziare un percorso di cambiamento educativo, seppur piccolo. Una volta membri, si può fruire di tantissimi corsi, formazioni e scambi gratuiti. Ad esempio, abbiamo appena concluso un evento sulla pedagogia decoloniale e, in programma per quest’anno, ci sono corsi su comunicazione non violenta nella scuola, una conferenza su ecovillaggi ed educazione, un workshop sulla giustizia climatica, delle sessioni informative su come scrivere progetti europei e molto, molto altro.
Leggi anche la nostra Visione2040 sull’educazione.
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