Centenario Danilo Dolci, il figlio Amico: “Il messaggio di papà è ancora vibrante”
Seguici su:
Palermo - Il 28 giugno 2024 nasceva a Sesana, allora in provincia di Trieste, oggi Slovenia, Danilo Dolci. A cento anni di distanza, il messaggio del sociologo e scrittore – che è stato candidato al Nobel per la pace con il suo progetto di sottrarre la Sicilia alla mafia, alla povertà, all’ignoranza e che è stato uno dei principali attivisti nonviolenti e una delle figure più importanti in Italia nel Secondo Dopoguerra per l’impegno politico, sociale ed educativo – continua a essere un faro nella notte e a guidare, tra l’altro, il lavoro del Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci.
Presieduta dal figlio Amico Dolci, l’associazione no profit, che è stata intitolata nel 1998 al sociologo scomparso l’anno prima, porta avanti l’esperienza avviata nel 1952 proprio da Dolci in ambito sociale ed educativo per promuovere lo sviluppo nonviolento e creativo della comunità attraverso metodi partecipativi, creando le condizioni affinché ciascuno possa contribuire pienamente e creativamente nella società.
DANILO DOLCI TRA MAIEUTICA RECIPROCA E PROTESTA NON VIOLENTA
Amico Dolci, flautista di fama, docente al conservatorio di Palermo e figlio del “Ghandi di Sicilia” – il soprannome con cui Dolci cominciò ad essere identificato quando, arrivato in Sicilia cominciò la sua attività sociale avviando un processo di autoanalisi, partecipazione e cambiamento che ha avuto eco in tutto il mondo –, racconta come ha raccolto il messaggio di papà. Ma guai a parlare di eredità o insegnamento, termini che Dolci non amava affatto!
«Vivere e osservare papà tra lavoro e famiglia è stato un privilegio e mi ha permesso di acquisire e custodire il suo messaggio», racconta. «Papà era molto disciplinato ed era un esempio con il suo agire. Si alzava tutti i giorni alle 4 o 4:30 del mattino e cominciava a lavorare, per poi pranzare alle 11. Durante il giorno noi figli lo vedevamo pochissimo, giusto al rientro da scuola per qualche minuto, ma per lui era imperdibile la cena con tutta la grande famiglia alle 18:30. Era il momento per noi».
«Era un uomo capace di trasformare le persone che incontrava, aveva carisma e autorevolezza e mi bastava partecipare ai suoi incontri per essere catturato dalle materie che invece a scuola trovavamo noiose e ripetitive. Era incredibile come le discipline che in classe erano stancanti, con lui diventassero piacevoli», racconta. «Sul piano delle lotte e delle proteste poi, mi rendevo conto che quando c’è una necessità non tutti partecipano attivamente, eppure lui riusciva a muovere le folle. Basti pensare alla grande diga sul fiume Jato che riuscì a far costruire: un’impresa qualificatissima che in 5 anni garantì gestione da parte dei contadini e acqua democratica».
AMICO DOLCI: «FARE MUSICA MI HA SEMPRE FATTO SENTIRE VICINO A MIO PADRE»
Oggi sembrano cose quasi scontate, ma nella Sicilia del Dopoguerra le azioni di Danilo Dolci per contrastare ignoranza e povertà furono vere e proprie rivoluzioni. «Questo era mio padre. Ed era colui che faceva emergere da chiunque incontrasse le proprie predisposizioni grazie alla maieutica reciproca». «Io, ad esempio mi sono scoperto così interessato alla musica e iscrivendomi al Conservatorio ho frequentato la prima vera scuola che mi piacesse, fino ad arrivare addirittura a essere pagato per quello che amavo. Fu uno stupore. Tanto che ho poi deciso di restituire questo bene ricevuto organizzando lezioni di musica “sociale”».
«Fare musica d’altra parte mi ha sempre fatto sentire molto vicino a ciò che faceva mio padre perché in fondo nella musica, soprattutto quando si suona insieme, l’ascolto è fondamentale. E quando propongo la metodologia maieutica per me è come se fosse papà a guidarmi». Per tutta la vita infatti Danilo Dolci ha cercato connessioni e comunicazioni possibili per liberare quella creatività nascosta in ogni persona chiamando questa ricerca maieutica, prendendo in prestito il termine dalle strutture filosofiche per incorporarlo in una pratica sociale, educativa e civile.
Dolci infatti ha lavorato a strettissimo contatto con la gente e le fasce più disagiate e oppresse della Sicilia occidentale al fine di studiare le possibili leve al cambiamento e le potenzialità per un riscatto sociale democratico. E il suo approccio metodologico costituisce una caratteristica importante del lavoro sociale ed educativo: piuttosto che dispensare verità preconfezionate, Dolci ritiene che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento e dalla partecipazione diretta degli interessati.
LE ESPERIENZE DI DANILO DOLCI CONTINUANO CON IL CENTRO PER LO SVILUPPO CREATIVO
Partendo dalla profonda convinzione che le risorse per il cambiamento, in Sicilia come nel resto del mondo, esistessero e andassero ricercate ed evocate nelle persone stesse, considerava l’impegno educativo e maieutico come un elemento necessario per creare una società civile più attiva e responsabile. «Si trattava di modelli di autoanalisi popolare attraverso la metodologia di uno scambio di opinioni e riflessioni senza prevaricazione che aiutasse ciascuno a esprimersi e a far venir fuori ciò che maturava, pian piano nel gruppo», dice Amico.
Oggi queste esperienze continuano grazie al Centro per lo sviluppo creativo Danilo Dolci. «Confesso che quando papà era ancora vivo, io già mi chiedevo: cosa succederà senza di lui? All’inizio, quando morì, pensai di lasciar perdere; man mano però è tornata la voglia di riprendere i seminari secondo il suo metodo. Per stabilire con le persone di tutte le estrazione e di tutte le culture un dialogo alla pari. Uno scambio non violento di opinioni, esperienze, conoscenze, che possa favorire lo sviluppo creativo».
L’opera e il messaggio di Danilo Dolci oggi – non solo nell’anno del centenario – vengono valorizzati dal Centro attraverso varie azioni: promuovendo l’eredità della sua storia, del suo impegno civile, politico ed educativo; diffondendo la sperimentazione maieutica e coltivando reti nazionali e internazionali sui temi della nonviolenza; creando le condizioni per uno sviluppo nonviolento della comunità, favorendo processi di autoanalisi, ricerca e azione dal basso; sostenendo l’educazione come leva del cambiamento sociale e strumento di valorizzazione degli interessi e delle potenzialità di ogni individuo.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento