Accessibilità è diritto alla vita indipendente: intervista all’esperto Paolo Puddu
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Cagliari - Non è un’Isola per tutti. Certo, negli ultimi anni sono stati fatti enormi passi avanti anche grazie a quella rivoluzione culturale che attraverso i social ha dato finalmente voce e spazio a persone, comunità e rispettive istanze marginalizzate. Ma se si parla di accessibilità o – terreno ancora più angusto – di diritto alla mobilità indipendente per persone con disabilità, c’è ancora tanto lavoro (strutturale e non) da fare e tanti privilegi e approcci abilisti da decostruire.
Per Paolo Puddu le politiche per l’accessibilità vanno ben oltre la semplice rimozione delle barriere architettoniche fisiche. Operatore culturale per il turismo, formatore professionale sui temi della disabilità e accessibilità, membro direttivo dell’Abc Sardegna, della COADI (Consulta delle associazioni delle persone con disabilità del comune di Cagliari) e atleta di bocce paralimpiche, la sua esperienza racconta un diritto alla mobilità che per le persone con disabilità è a metà.
Spesso quando si parla di “accessibilità” si fa l’errore di pensare che questa riguardi solo l’abbattimento delle barriere architettoniche fisiche, come gradini o marciapiedi stretti. Invece il discorso è ben più ampio. Partiamo dalla parola stessa – accessibilità –: che cosa vuol dire rendere un luogo accessibile?
Le barriere non sono solo fisiche ma anche mentali. Faccio degli esempi concreti: poco tempo fa dovevo parlare a un convegno e non sono potuto salire nel banco dei relatori perché c’era un gradino. L’ho detto subito, mi sono inc****to, mi ha creato moltissimo disagio. Cosa significa questo? Che non si pensa che una persona con disabilità possa lavorare o essere relatore a un convegno. Se invece vado in un museo, questo può essere accessibile nel senso che posso muovermi con la carrozzina senza trovare ostacoli, ma se le vetrine sono alte, io che sono seduto non riesco a vedere; anche questo è non accessibilità.
O ancora, io viaggio molto e mi dispiace quando arrivo in un hotel e trovo il banco della reception altissimo. Sarebbe giusto che fosse più basso, anche a me piacerebbe parlare con i recptionist. Così come, restando sul personale, a me piace tanto andare allo stadio a tifare il Cagliari, la mia squadra del cuore, ma quando ci vado purtroppo non vedo bene la partita perché i posti accessibili riservati ai disabili sono in prima fila e i tabelloni pubblicitari ostruiscono la visuale. Ecco, ora che devono costruire il nuovo stadio vorrei dare un semplice consiglio: progettarlo in modo tale da riservare ai disabili dei posti accessibili un po’ più in alto!
In termini generali, possiamo parlare della Sardegna come isola attenta alle politiche che riguardano l’accessibilità? O c’è ancora del lavoro da fare?
C’è ancora molto lavoro da fare, ma qualcosa si sta muovendo. Io e l’ABC facciamo formazione facendo conoscere alle varie realtà le varie tematiche relative alla disabilità e all’accessibilità. Per esempio teniamo spesso dei corsi di formazione alla Ctm, società che gestisce il servizio di trasporto pubblico locale nell’area vasta cagliaritana; ultimamente siamo stati chiamati in aeroporto e anche nei musei.
Ci sono luoghi simbolo della cultura sarda che sono inaccessibili? E quali invece sono definiti accessibili ma non contemplano la mobilità autonoma e sono quindi fruibili solo con un’assistenza?
A Cagliari non è accessibile il Bastione, gli ascensori sono spesso guasti. Ho avuto difficoltà nella Cittadella dei musei, sia da visitatore che da universitario: i montascale quando c’era brutto tempo non funzionavano, oppure per arrivare nelle aule dovevo passare all’interno del museo archeologico e prendere due montascale. O ancora, il terreno per arrivare al nuraghe di Santa Vittoria a Serri mi fa un po’ ballare, il terreno è sterrato con i sassolini e devo camminare su due ruote. Idem per quanto riguarda i parchi cittadini, dove non sempre posso andare perché il terreno è sterrato: basterebbe realizzare una pedana in modo che anche le persone con disabilità possano fruire autonomamente dei beni naturali.
A Cagliari invece è possibile muoversi in autonomia?
Per via della mia disabilità non posso girare per la città da solo, ho sempre bisogno di qualcuno che mi accompagni; questa situazione sarebbe la stessa se la città fosse completamente accessibile. Però mi rendo ugualmente conto se una persona con disabilità che riesce a spostarsi da sola può muoversi oppure no in completa autonomia e purtroppo la mia risposta è ancora no. Spero di poter presto cambiare idea, molti interventi si stanno attuando, ma c’è da dire che purtroppo noi persone con disabilità non veniamo consultate in fase di progettazione, si fanno degli errori e poi correggere il tiro è più difficile.
Noi persone con disabilità e le nostre associazioni siamo ben disponibili a fornire la nostra esperienza e le nostre competenze perché si progetti una città alla misura di tutti. Anche perché i problemi che ancora s’incontrano passeggiando sono ben noti. Giusto per fare degli esempi: pali in mezzo ai marciapiedi, marciapiedi dissestati, scivoli con pendenze non a norma, gli sportelli dei bancomat posizionati in alto e non raggiungibili. Altro aspetto molto importante: io mi arrabbio molto quando trovo i parcheggi per disabili occupati da chi non ne ha il diritto, stessa cosa quando trovo gli scivoli occupati dalle auto. Tutte queste cose non rendono possibile il muoversi in autonomia nella città.
Si parla poco di autonomia anche nella mobilità delle persone con disabilità. Quanto è importante invece il tema dell’accessibilità legato alla vita indipendente?
Un tema che per me è molto importante! Vorrei come tutti uscire quando voglio e andare in qualsiasi locale, ma purtroppo spesso non posso. Qualche mese fa ad esempio volevo andare a pranzo in un locale, ma sono andato via perché sotto il tavolo c’erano dei piedi che non permettevano di avvicinare la mia carrozzina. Per quanto riguarda la mobilità autonoma è importante anche il sistema di trasporto pubblico. Come viaggiatore, nonostante sia sempre migliorabile, posso promuovere il CTM: i bus sono accessibili e poi offrono il servizio dell’Amico bus.
Una cosa che mi piace molto è che coinvolgono le persone con disabilità. Per esempio io sono un formatore nei corsi CTM e porto la mia esperienza di viaggiatore sui loro mezzi, chiarendo aspetti positivi e cosa invece va migliorato. Ritornando alla domanda, se la città fosse accessibile sicuramente la vita indipendente delle persone con disabilità sarebbe facilitata: è un sacrosanto diritto di ogni persona poter fare ciò che desidera in tutti i campi, dalla mobilità al tempo libero, al lavoro. Non poter esercitare il mio diritto a causa delle barriere fisiche o mentali mi fa star malissimo.
Stando sul suo campo di studi, in conclusione una riflessione sul turismo e l’accessibilità dei servizi offerti al turista?
Ho avuto la fortuna di avere una vita ricca di esperienze. Ho viaggiato tantissimo e con l’occhio critico di persona con disabilità ho visto personalmente che servirebbero dei cambiamenti per migliorare i servizi turistici e non; ma poiché non mi piace essere uno spettatore ma voglio essere protagonista, ho scelto di acquisire le competenza per poter scendere in campo in prima persona.
Da tanti anni collaboro con Monumenti aperti, dove con l’ABC testiamo personalmente i monumenti e i percorsi accessibili da proporre all’interno della manifestazione. Ma attenzione, non contano solo le leggi: bisogna avere sensibilità per rendere le strutture realmente fruibili, per questa ragione ho deciso di impegnarmi. Nel frattempo, continuiamo con l’ABC a lavorare sui progetti per la nostra vita indipendente e la nostra autodeterminazione, per un futuro più autonomo.
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