La protesta di Terra Mala in difesa del territorio sardo dall'”assalto energetico”
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Cagliari - Terra Mala. Questo è il nome di un breve tratto di costa nel litorale di Quartu, un’oasi naturale in cui vivono felici tantissime persone. Ma anche il luogo destinato a ospitare l’approdo in Sardegna del Tyrrhenian Link, operato da Terna Spa, il gestore nazionale della rete elettrica, che vorrebbe fare della Sardegna l’hub energetico d’Italia e d’Europa.
Il Tyrrhenian Link è un cavo elettrico sottomarino che dovrà collegare la Sardegna con la Sicilia, che a sua volta sarà collegata, sempre tramite un cavo, con la Campania. Il cavo servirà a esportare l’energia rinnovabile prodotta in Sardegna verso i consumatori finali, senza alcun beneficio per l’isola in cui l’energia viene prodotta, ma lasciando dietro solo devastazione, inquinamento e povertà. Attualmente è vietata ai cittadini qualsiasi attività connessa al mare lungo tutto il litorale di Terra Mala e Terna ha chiesto, proprio per il cavo, una concessione demaniale per cinquant’anni di un tratto di costa.
LA CIABATTA
Dal litorale di Quartu il cavo interrato raggiungerà le campagne di Selargius, dove al centro dell’agro vicino alla Stazione di Terna già esistente sorgerà la nuova stazione elettrica, ormai conosciuta come “la ciabatta”, che servirà a immettere all’interno del cavo l’energia rinnovabile da esportare prodotta in Sardegna, energia che verrà prodotta anche a centinaia di chilometri di distanza da Selargius. Questo è il motivo che ha portato tutti i comitati a Quartu, perché il Tyrrhenian Link è uno dei progetti chiave che favorirebbe la speculazione energetica in tutto il territorio sardo.
Per fare spazio alla ciabatta a Selargius sono già state sradicate decine di vigne e altrettante piante di ulivo, molte persone hanno già venduto e abbandonato le campagne, mentre chi resta cerca di difendere la propria casa. L’agro di Selargius è un cantiere immenso controllato giorno e notte da guardia armate e non è raro incontrare in queste piccole stradine di campagna dei convogli militari, che ufficialmente stanno facendo delle esercitazioni, e noi possiamo solo immaginare di che tipo di esercitazione si tratti.
LA SPECULAZIONE E LE AREE IDONEE
Un cavo sottomarino utile a trasportare energia rinnovabile prodotta con il sole e il vento a centinaia di chilometri di distanza potrebbe sembrare una buona idea; purtroppo in tutto questo progetto non sono mai state prese in considerazione le necessità dell’isola e dei suoi abitanti, ma soltanto interessi politici e i guadagni delle grandi multinazionali. Saltano all’occhio inoltre anche le migliaia di aziende di facciata, gestite da quelli che sembrano a tutti gli effetti dei prestanome e sui quali sta cercando di vederci chiaro anche le Guardia di Finanza dopo la richiesta di intervento da parte di alcuni sindaci.
Lo sfruttamento del territorio e il peggioramento della qualità della vita dei suoi abitanti sono il vero motivo della protesta e anche se molti amministratori credono che sia ancora possibile accordarsi sulle aree idonee, in molti sappiamo che questo non è possibile. Tali aree sarebbero spazi ormai compromessi dove poter costruire gli impianti senza deturpare ulteriormente l’ambiente, ma parlarne in questo momento è irrilevante, perché non esistono in Sardegna aree idonee alla speculazione energetica.
Se il problema da risolvere è la speculazione – e quindi far si che il profitto di pochi non sia alla base della transizione energetica ma venga considerato il benessere di tutti – allora non esistono in nessuna parte dell’isola le cosiddette aree idonee: sarebbe come accettare la speculazione. Inoltre tutte queste aree compromesse si trovano in luoghi incantevoli che possono essere recuperati e portare qui la speculazione energetica significherebbe mandare via anche quelle poche persone rimaste nelle porzioni di territorio già devastate da precedenti attività industriali.
LE RICHIESTE DEI COMITATI A TERRA MALA
I comitati chiedono da sempre una moratoria per fermare il processo autorizzativo degli impianti, un passo fondamentale per fare una pausa e permettere che i territori e le comunità decidano attivamente come procedere nella transizione energetica. Viene chiesto, in quanto regione autonoma, di poter recepire le normative europee così come sono state concepite e senza le storpiature e semplificazioni introdotte dallo stato italiano, in modo che vengano garantiti i principi di autoproduzione e autoconsumo.
Quella che ci vorrebbe dunque è un piano regionale che tenga conto dell’effettiva necessità energetica della Sardegna, che disponga la creazione delle comunità energetiche e che consideri la Sardegna tutta come una terra da salvaguardare, per preservarne l’immenso e unico patrimonio paesaggistico e culturale.
Infine si parla sempre più della necessità di attivare un presidio permanente presso la regione Sardegna per mettere pressione sul governo regionale ogni giorno, affinché fornisca delle risposte alla popolazione. Concludo con le parole gridate dagli amici della Gallura durante il corteo di Sabato a Terra Mala: “Abbiamo appena cominciato, continueremo a dire no alla speculazione”.
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